Giovedì 31 marzo alle ore 22.30, Francesco Diodati sarà in concerto a Il Cantiere di Roma, ospite della rassegna JazzZone, insieme al suo quintetto Yellow Squeeds per presentare l’album Flow, Home edito dall’etichetta Auand Records.
Sul palco, insieme a Diodati, anche Francesco Lento alla tromba, Enrico Zanisi al pianoforte, Glauco Benedetti al bassotuba e da Enrico Morello alla batteria.
Dopo i primi concerti autunnali, a seguito della pubblicazione dell’ultimo album Flow, Home pubblicato lo scorso 25 settembre, e le date internazionali con il New Quartet di Enrico Rava, Francesco Diodati torna di nuovo protagonista con un nuovo tour nei principali jazz club d’Italia.
Dopo Roma, il tour proseguirà ad aprile, il 17 al Be Jazz press la galleria Stoà di Latina, il 27 al Cockney London Pub di Correzzola (Padova) e il 28 a Un Tubo di Siena; il 25 maggio sarà presente a Correggio per il Correggio Jazz, e, infine, il 2 luglio parteciperà al Suedtirol Festival di Brunico come guest di Filippo Vignato & Elias Stemeseder.La ricerca di un baricentro emotivo è il concept di “Flow, Home”, edito per la Auand Records, terzo album come leader del chitarrista Francesco Diodati, qui alla sua prima prova col nuovo quintetto Yellow Squeeds, composto da Enrico Zanisi al pianoforte, Enrico Morello alla batteria, Glauco Benedetti al bassotuba e Francesco Lento alla tromba. Diodati, che fa anche parte del New Quartet di Enrico Rava, collabora stabilmente con il trombettista con cui porta avanti anche un progetto in duo.
Una formazione che è l’unione di tante anime e stili diversi che fornisce alle composizioni di Diodati una gamma di timbri e colori dalle innumerevoli possibilità espressive. Flow, Home è composto da nove tracce che raccontano un percorso umano ancora in divenire. Indefinito ma non per questo irrisolto, con i suoi naturali arresti e ripartenze, il bisogno di stabilità e la necessità di ritrovarsi in un immaginario buen retiro che è più un luogo interiore che reale.Tutto questo riesce a riflettersi con semplicità nelle scelte compositive di Diodati, capace di architetture sonore ariose e mai scontate, a tratti quasi eteree, ben rese anche dalla scelta di utilizzare il bassotuba anziché il contrabbasso per dare la giusta profondità ai propri brani. La prima composizione, Split, riflette fin dal titolo la difficoltà di sentirsi divisi a metà. Una scissione che si traduce in musica, scandita dalla tromba inquieta di Lento e dall’incedere nervoso del bassotuba di Benedetti. Ale è una ballata che racchiude, nel suo lungo ostinato, l’immanenza di un sentimento che mescola forza e dolcezza. L’album lascia però subito il passo a Lost, in cui Diodati dà corpo, attraverso rarefatti sciami chitarristici, a un senso di confusione e di perdita suggellato da un’intensa chiusa acustica. Believe è un’altalena di stati d’animo. Parte come un gioco, con la cordiera del pianoforte di Zanisi piacevolmente disturbata da gong birmani e palline da ping pong coadiuvata dal drumming pulito di Morello, per proseguire con affascinanti scelte armoniche che si aprono a squarci di emotività improvvisa.
Folk Song, Flow e Home sono tre brani cui Diodati sembra aver voluto imprimere la forma del flusso di coscienza. Il primo, premessa ideale del trittico, è una melodia essenziale imperniata su un semplice giro di chitarra, che dell’assenza di orpelli fa la sua forza. In Flow il turbamento trova forma e compiutezza, traducendosi in un immaginario dialogo di tromba e bassotuba sottolineato dalla batteria nervosa di Morello. Home è l’unione perfetta di lirismo e tecnica, che mette in luce l’innato gusto melodico di Diodati e, al contempo, la volontà di esprimersi sfidando i confini delle sei corde. Non manca un omaggio a Thelonius Monk, musicista d’elezione di Diodati, qui celebrato con una rilettura audace di Played Twice, che disvela l’interplay di un quintetto giovane ma già molto maturo. L’album si chiude con la riflessiva Casa Do Amor, composizione che si configura come l’approdo felice di un percorso ondivago e inquieto, reso magnificamente dal solo di euphonium di Benedetti. Chitarrista tra i più apprezzati del nuovo jazz contemporaneo, Francesco Diodati è anche leader della formazione Neko, di cui fanno parte Francesco Bigoni, Carlo Conti, Francesco Ponticelli ed Ermanno Baron, con i quali ha inciso due album per l’etichetta Auand Records: Purple Bra nel 2010, Need Something Strong nel 2012. Dal 2010 è membro dell’ambizioso progetto MyanmarMeetsEurope, incontro tra musica europea e musica birmana, guidato dal compositore e contrabbassista tedesco Tim Isfort e patrocinato dal Goethe Institute, che lo ha portato a suonare in Europa e in Asia. Tra le sue collaborazioni più prestigiose oltre a quella, già citata, con l’ambasciatore del jazz italiano Enrico Rava, Diodati ha collaborato con Jim Black, Paolo Fresu, Antonello Salis, Bobby Previte, Shane Endsley, Gianluca Petrella, Julien Pontvianne e il quartetto Travelers di Matteo Bortone, Ada Montellanico e Gaetano Partipilo.
Nel 2013 e nel 2014 è stato votato come miglior chitarrista dell’anno nell’ambito del JazzIt Award, referendum della rivista JazzIt.