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Giornate del Fai, la Basilica delle Grazie apre la sua Storia grazie all’Uccellis

In ogni città italiana esistono edifici densi di fascino, custodi di secoli di storia. Spesso però non ci accorgiamo di loro o non gli diamo troppa importanza, passandoci davanti ogni giorno immersi nei nostri pensieri. Come accade a tanti udinesi quando costeggiano la Basilica di Madonna delle Grazie, una delle chiese più importanti del capoluogo e aperta questo fine settimana per le giornate del Fai.
FAITra le meraviglie che quest’anno hanno aperto al pubblico in Piazza Primo Maggio, la Basilica è stata sicuramente quella meno pubblicizzata. Vuoi il fatto che sia già di per sé aperta al pubblico quotidianamente, vuoi la ricchezza degli altri luoghi (Studio Valle, il liceo classico Stellini…), ciò comunque non ha scoraggiato i giovani ciceroni dell’Educandato Uccellis a raccontarla ai nutriti visitatori accorsi.
La mattinata di sabato era iniziata già tra le incertezze, con il parroco della chiesa perplesso sugli orari delle visite: alcuni giornali il giorno prima avevano scritto che sarebbero iniziate solo alle 13, ma i volontari erano già li dalle 10.30. Per entrambi i giorni, la mattina è stata dedicata all’esterno dell’edificio e al chiostro cinquecentesco affianco, poiché lo svolgersi delle funzioni religiose non permettevano la visita guidata all’interno. Quella sarebbe stata possibile solo dalle 15 alle 17, ma fin da subito le persone sono giunte interessate alla storia di quel luogo.
Tra l’emozione e l’imbarazzo, gli studenti dei licei Uccellis hanno accolto con cordialità i curiosi, ricevendo i complimenti di questi e il loro grazie per la visita. Un tour che iniziava già dalle scalinate del Massari del XVI secolo, partendo dall’antico ospizio che nel XIII secolo si trovava li fino alla nascita della moderna facciata neoclassica dell’ ‘800. Dentro la chiesa, ecco custodita l’icona della Beata Vergine delle Grazie: nella seconda metà del ‘400, l’imperatore ottomano Maometto II la donò all’allora console di Venezia, Giovanni Elmo. Fu lui, una volta giunto a Udine come luogotenente, a donare l’immagine ai frati dei Servi di Maria, ordine che ancora oggi risiede nel convento adiacente la Basilica.
All’intero, dopo l’icona ovviamente, l’opera più straordinaria è la pala d’altare del 1522, realizzata da Luca Monteverde, artista friulano celebrato addirittura dal Vasari. Insieme a questa, sono conservate due tele del ‘600 di Jacopo Tintoretto, figlio del celebre vedutista veneziano, raffiguranti scene dell’antico testamento. Ma non è finita qui, perché ogni angolo di quel posto è denso di storia, come la leggenda legata alla “maschera del diavolo”, armatura risalente al XV secolo e custodita all’ingresso.
In un periodo di mancanza di valori, dove il prototipo del giovane è un tizio scialbo e svogliato, i volontari che si sono messi in gioco per raccontare la storia di questo gioiello sono da applaudire. Bisognerebbe chiedersi perché tanta bellezza la gente riesca ad ammirarla solo pochi giorni all’anno, in un Paese che come il nostro possiede oltre metà del patrimonio artistico mondiale. Se il domani saprà risolvere questo problema e la cultura tornerà ad essere motore di un’economia umana e materiale, l’Italia sarà protagonista non di una rivoluzione, ma di una scoperta incredibile destinata a durare: se stessa.

About Timothy Dissegna

Diplomato nel 2015 al liceo Scienze Umane "Uccellis" di Udine, nasce giornalisticamente parlando dalle pagine del Messaggero Veneto Scuola. Diventa arbitro di calcio a fine 2012 e qualche anno dopo inizia a collaborare con diversi siti online, guardando con estremo interesse al sociale. Ha una penna nel cuore, ecco.

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