“Non abbiate fretta di scrivere. Una lezione sull’invenzione narrativa”
A seguire la lettura di “Emilio delle tigri se n’è andato. Un atto unico su Emilio Salgari” è a cura di Gianmaria Martini e Ivan Zerbinati tratto da Favole del morire (Laurana 2105)
“Ho tutto qui, nella mia testa”. Chi prova per la prima volta a raccontare una storia spesso cade nell’errore di confondere una semplice idea drammatica – o, peggio, un’intuizione tematica – con la vera e propria invenzione narrativa. Per questa ragione uno dei tratti caratteristici dell’insegnamento di Giulio Mozzi è l’invito apparentemente paradossale all’esitazione: “Quando hai un’idea chiara in testa, così chiara che ti verrebbe da metterti subito a scrivere: quello è invece il momento di aspettare”. Le idee vanno coltivate, elaborate, ampliate, controllate, trasformate: nella pazienza di questo lavoro intellettuale sta la vera e autentica creatività. Che spesso si appoggia sulla ripetizione insistita, esasperante, di poche semplici domande: “Quale storia voglio raccontare?”, “La storia di chi voglio raccontare?”, “Che cosa è necessario che accada prima, perché dopo accada ciò che desidero che accada?”, “Dato un avvenimento, quali condizioni sono necessarie perché le sue conseguenze siano quelle che io desidero e non altre?”, e così via. Prima di mettersi a studiare le troppo favoleggiate tecniche di narrazione, c’è una vera e propria “postura intellettuale” da apprendere.
Favole del morire, il suo ultimo libro (Laurana 2105), dal quale è tratta la lettura di sta sera, raccoglie un piccolo gruppo di testi scritti tra il 2003 e il 2014, nel quale Mozzi ha continua ha esplorare, secondo le sue parole, “ciò su cui medito tutti i giorni: non la morte, ma il morire”. Nulla di consolatorio o di edificante, in questo libro, ma una sovrapposizione sfrontata di tragico e comico, di abbandono e di scetticismo, che può sconcertare il lettore. “Emilio delle tigri se n’è andato”, il dialogo teatrale andrà in scena sta sera, ne costituisce il fulcro, presenta un Emilio Salgari in procinto di uccidersi; una “voce” che viene da non si sa dove lo interroga burocraticamente, lo costringe a dichiarare la propria inettitudine alla vita vera, e alla fine con sarcastica compassione lo guida a vivere, nella morte, come dentro “il sogno di un sogno di un sogno”.
Giulio Mozzi è nato nel 1960. Abita a Padova. Ha pubblicato sei libri di racconti, due libri in versi, e svariate altre cose. Attualmente lavora presso l’editore Marsilio come consulente per la narrativa italiana. Insegna scrittura e narrazione dal 1993; nel 2011 ha fondato a Milano la Bottega di narrazione (bottegadinarrazione.com). Con Stefano Brugnolo ha pubblicato due fortunati manuali: il Ricettario di scrittura creativa (Zanichelli 2000) e L’officina della parola (Sironi 2014). Il suo “bollettino di letture e scritture” vibrisse è dal 2000 uno dei “luoghi letterari” più frequentati della rete italiana (vibrisse.wordpress.com).
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