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Gli ulivi salentini e la Xylella

Si sta parlando parecchio, ultimamente, di Xylella Fastidiosa, il famigerato batterio che attacca le piante e le induce a seccare. Il 13 aprile, sono stati abbattuti 7 ulivi secolari in provincia di Brindisi, allo scopo di creare una zona cuscinetto e limitare il contagio fra gli ulivi pugliesi. Da ieri si è deciso di depauperare definitivamente un patrimonio che non è solo agricolo, ma storico, sociale e culturale. Tra l’altro, dopo il polverone sollevato dai soliti buffoni dell’allarmismo giornalistico, i nostri cugini francesi hanno bloccato le importazioni di oltre 100 specie vegetali provenienti dalla puglia (beccandosi poi la Xylella importando vegetali da altrove, per la legge del contrappasso).
Ma qual è la questione?
L’anno scorso hanno iniziato a parlare di ulivi contagiati da questo batterio arrivato dal centro America, in una zona compresa tra Gallipoli e Lecce. Quest’anno l’epidemia si è spostata verso nord sconfinando nella provincia di Brindisi all’altezza di Oria. A quanto pare, un vivaista distratto aveva portato delle piante infette dal salento.
La Regione Puglia è andata a piangere in commissione europea per gli ulivi malati (dopo aver già dichiarato lo stato di calamità e potendo di conseguenza foraggiare un sacco di sfaccendati con le storielle delle disoccupazioni), proponendo come soluzione lo sradicamento. L’Europa, poco pratica di colture mediterranee, ha risposto “fate vobis, che gli ulivi li conoscete”. Così facendo la solita marmaglia delinquenziale è riuscita a farsi assegnare 11 milioni di euro per “contrastare il problema”. Ma per contrastarlo come? Tagliando le piante. E’ come se per evitare il contagio di una malattia che non è ancora molto chiara (e che non si sa se esista o meno) lo stato decidesse di spopolare una determinata zona per isolare il virus. Spopolare tramite lo sterminio. La cosa agghiacciante è l’ipocrisia dei burocrati che ci governano, che sostengono di dover seguire le direttive dell’unione . Direttive che hanno suggerito loro (il solito, caro, scaricabarile all’italiana). In effetti, gli unici ad opporsi sono stati i delegati italiani, mentre la preponderante maggioranza di chi l’ulivo non l’ha visto neanche in foto decideva per il taglio. E intanto i suddetti burocrati si mangiano 11 milioni di euro per il comitato (un comitato che finora ha dichiarato 600.000 euro di spese organizzative e di ufficio). La cosa veramente tragica è che non si è sicuri dell’esistenza di questo batterio: c’è chi ipotizza l’esistenza di un fungo che fa disseccare le piante, ma lo spirito pratico del contadino sa che il fungo è nemico del comune solfato di rame, quindi la soluzione sarebbe a portata di tutti e non giustificherebbe 11 milioni di euro per “fronteggiare l’emergenza”. Intanto chi, animato di buona volontà e memore degli insegnamenti dei propri vecchi, ha cercato di curare le piante malate (tagliando le parti secche e irrorando fusto e chioma di solfato) le ha viste, come per magia, dare nuove gemme e allora è sorto il dubbio che il problema grosso sia l’incuria, più che la xylella. Ma l’incuria giustificherebbe gli 11 milioni di euro ancora meno del verderame.
La giornalista Marilù Mastrogiovanni ha condotto un’indagine a riguardo ma i media nazionali non le hanno permesso di mostrare le sue scoperte. Una breve ma argomentata intervista telefonica fatta da Sabina Guzzanti si può trovare su youtube ( ), dove la giornalista spiega come non si fosse mai parlato di Xylella in Europa e come fosse stata tenuta una conferenza a riguardo pochi anni fa, a Bari. Per un curioso scherzo di un destino birbone, il problema Xylella si è manifestato proprio un centinaio di chilometri più in basso.
Qualcun altro ha avanzato un’ipotesi: la creazione della zona cuscinetto permetterebbe di disboscare impunemente una fascia di terra dove si pensa dovrà passare un gasdotto che unisce la costa adriatica a quella ionica. Creando già un corridoio, non si perderebbe tempo in lungaggini burocratiche ed autorizzazioni a togliere piante patrimonio dell’umanità. E’ un’ipotesi azzardata, ma conoscendo la faccia di bronzo dei nostri amministratori, non farebbe stupire più di tanto.
Comunque sia, per l’ennesima volta, la nostra classe politica da sfoggio delle sue doti di sciacallaggio, e mentre non già sazia di quello che normalmente divora, fagocita anche gli 11 milioni di euro per “affrontare l’emergenza”, dobbiamo vedere morire questi monumenti naturali, questi pezzi di storia che ci ricordano, di fronte ad una grigia e fredda unione europea, che la nostra cultura, quella mediterranea, è quella del grano (non quello ammuffito, importato da vattelappesca), della vite (non del vino liofilizzato) e dell’ulivo (non quello tagliato da una burocrazia eurocentrica che si è sposata alla delinquenza ipocrita dei politici italiani).
dopoLe argomentazioni contro questa soluzione di hitleriana memoria sono molteplici, le parole che si potrebbero dire sono infinite, ma non vi è spazio sufficiente in nessuna parte del mondo per poter contenere la rabbia e l’indignazione di fronte all’ennesima truffa di questi delinquenti patentati che ci governano. Possiamo provare ad usare un unico, eloquente vocabolo: vergogna.

 

Simone Callegaro

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