La strettissima attualità e modernità del pensiero di Alcide De Gasperi, antipopulista ed europeista convinto, sono al centro del libro “De Gasperi l’antipopulista. La democrazia come elevazione degli umili” (Quaderni degli Accademici Incolti – Gaffi Editore) presentato a Udine alla presenza dell’autore, il saggista Lucio D’Ubaldo e dell’editore, Alberto Gaffi in un incontro coordinato da Dando Bertoli (Presidente dell’Istituto per la Storia del Movimento politico dei cattolici – Sezione FVG).
Lucio D’Ubaldo: “La riposta di De Gasperi al populismo è la dimostrazione di come bisognerebbe agire anche oggi di fronte a questo fenomeno. La modernità di De Gasperi consiste nel recuperare la grande filosofia positiva dell’impero austroungarico, cioè il rispetto del pluralismo etnico, religioso e linguistico e trasportarlo nel solco dell’Europa unita. Egli si contrappone alla visione dei cattolici autonomisti guidati da Luigi Faidutti, che al crollo dell’impero austroungarico ritennero che il territorio della vecchia contea principesca medievale di Gorizia e Gradisca (Grafschaft Görz) dovesse restare indipendente come una sorta di Repubblica di San Marino: per lui invece quelle terre irridente dovevano tornare alla loro madrepatria secondo il concetto autonomia sì, ma non di separatismo”. Il confine fra il territorio italiano di Trieste e l’Italia sarebbe stato interposto da una striscia di un paio di chilometri di litorale principesco all’altezza del Comune di Fiumicello (parte anch’esso del principato).
Dando Bertoli: “L’Europa è stato l’orizzonte nel quale De Gasperi ha collocato le sue politiche, insegnandoci che non esiste una politica interna senza un ancoraggio forte alla politica internazionale: dev’essere recuperata l’idea calda di Europa vista non solo come un’ideale, ma un obiettivo a cui guardare per una ragione concreta partendo dall’analisi della situazione reale” e riprendendo il pensiero di De Gasperi di un’Europa federazione di Stati e non un unico Stato.
Riccardo Scarpa: “Con l’elemento liberale, come parallelamente accadde in Francia ed in Germania, il partito cattolico costruì la nuova visione dell’Europa, che non fu vagamente europeista ma, in prospettiva, comportò una decisa scelta federalista. L’attuale crisi dell’Unione europea è, in larga parte, determinata da politiche incoerenti con quell’opzione”.
Alberto Gaffi: “La visione di un’Europa unita e pacificata di De Gasperi va riscoperta e ripercorsa anche nell’ambito degli scambi culturali. Come editore sto stringendo alleanze con case editrici di Lubiana e stiamo andando verso un gemellaggio culturale che poi allargheremo anche ad altri Paesi. Riconquistando un dialogo e un’alleanza transfrontaliera potremo quindi risolvere anche il nodo dell’immigrazione”.
La strettissima attualità e modernità del pensiero di Alcide De Gasperi, antipopulista ed europeista convinto, sono al centro del libro “De Gasperi l’antipopulista. La democrazia come elevazione degli umili” (Quaderni degli Accademici Incolti – Gaffi Editore) presentato a Udine venerdì scorso presso la Sala Conferenze del Visionario (C.E.C.) alla presenza dell’autore, il saggista Lucio D’Ubaldo, e dell’editore, Alberto Gaffi, in un incontro coordinato da Dando Bertoli (Presidente dell’Istituto per la Storia del Movimento politico dei cattolici – Sezione FVG).
“Si può dire che De Gasperi – ha affermato Lucio D’Ubaldo – sia stato un antipopulista per antonomasia. La nascita del partito popolare è coeva con la nascita del partito futurista, che dà l’idea di quali fossero le pulsioni intellettuali e politiche nella fase che accompagna la chiusura della guerra e lo sviluppo successivo. I due programmi sono le due facce della luna: il partito popolare nasce dall’idea di portare a responsabilità le masse cattoliche, quello futurista anticipa temi che saranno poi surrogati dal fascismo e che oggi possiamo intendere come un’anteprima di alcuni posizioni antipolitiche. Il partito popolare è la risposta antipopulista al quel movimento. Di fronte all’insorgere di un movimento che assorbe tutti i motivi classici del populismo, cioè l’uomo qualunque, la sua riposta è la dimostrazione di come bisognerebbe agire anche oggi di fronte a questi fenomeni: De Gasperi ignora questa presenza, non offre alcuna sponda, va per sua strada organizzando un percorso politico e nel giro di tre anni la annulla costruendo la propria dialettica sullo scontro con il partito populista. La sua abilità politica è suffragata dal fatto che non accetterà mai di confrontarsi, né pubblicamente né privatamente con il leader dei populisti. La superiorità politica di De Gasperi è rappresentata dal fatto che egli prescinda da quel tipo di insorgenza”.
De Gasperi appare come un anticipatore del federalismo europeo – quindi unione solidale di Stati autonomi e non uno Stato singolo.
“De Gasperi – riprende D’Ubaldo – si contrappone alla visione dei cattolici autonomisti che al crollo dell’impero austroungarico al termine della I Guerra Mondiale ritengono che il territorio della vecchia contea medievale di Gradisca e Gorizia (Grafschaft Görz) debba restare indipendente come una sorta di San Marino, idea che si basa solo su un concetto di etnocentrismoche si regge su una visione quasi integralista del cattolicesimo di cent’anni fa a cui De Gasperi è alternativo. Il politico trentino si salda quindi con i massoni liberali triestini e insieme presentano un ordine del giorno in cui ribadiscono che le terre irridente devono tornare alla loro madrepatria secondo il concetto: autonomia sì, ma non separatismo.
La modernità di De Gasperi consiste nel recuperare la grande filosofia positiva dell’impero austroungarico, cioè il rispetto del pluralismo etnico, religioso e linguistico e trasportarlo nel solco dell’Europa unita e dentro questo passaggio c’è il protagonismo delle Patrie: De Gasperi non è, come gli rimprovera una certa destra, un antitaliano, ma è tra i primi a capire e a sostenere che la patria Italia la difendi solo se pacifici l’Europa e realizzi un’integrazione garante della qualità culturale, di civiltà e di storia delle singole nazioni dove l’Italia non ha nulla da invidiare a nessuno. Tutto questo non lo si potrebbe realizzare se slegato dal progetto europeo: l’europeismo italiano deve a De Gasperi un grande tributo di riconoscenza”.
“L’incontro – ha rilevato Dando Bertoli – intendeva discutere su cosa sia stato De Gasperi nella storia dell’antipopulismo, nella costruzione di una politica seria che parla chiaro al paese, che è riformatrice, e che non nasconde le difficoltà, cerca le alleanze giuste e che ha un disegno preciso per passare dalla situazione di crisi all’avvenire. Anche oggi siamo in una zona di crisi e siamo chiamati a reagire di fronte a nuovi scenari con la capacità di spiegare quali insegnamenti del passato debbano esser recuperati per gestire le difficoltà odierne: il disorientamento dell’opinione pubblica è affrontabile solo se si rappresenta una prospettiva di soluzione dei problemi, se si genera una speranza non illusoria, ma basata sul realismo dell’analisi; mentre il populismo tende a esasperare gli elementi di crisi e la contestazione accentuando le difficoltà, noi dobbiamo fare l’opposto e tornare a chi ci ha lasciato una lezione così grande come quella di De Gasperi.
L’Europa è stato l’orizzonte nel quale De Gasperi ha collocato le sue politiche, insegnandoci che non esiste una politica interna senza un ancoraggio forte alla politica internazionale, a maggior ragione oggigiorno: l’Europa non va vista come una cappa che ci costringe, e dev’essere recuperata l’idea calda di Europa vista non solo come un’ideale a cui guardare, ma per una ragione concreta che partendo dall’analisi della situazione reale proponga soluzioni di cui tutti debbano farsi partecipi.
De Gasperi dopo la crisi della Seconda guerra mondiale accetta e condivide la Nato e l’ancoraggio occidentale, ma immediatamente dopo vuole costruire la CED (Comunità europea di difesa che purtroppo pochi giorni prima della sua morte verrà bocciata dal Senato francese), nell’idea che il mondo occidentale – debba giovarsi dell’alleanza con gli Usa – ma non come semplicemente un subordinato, ma anzi che debba avere il dovere di strutturarsi autonomamente per fornire all’amico americano quegli appoggi logistici, quei supplementi di analisi, quelle correzioni di rotta, quell’integrazione di visione strategica che appaiono necessari – per esempio oggi nella criticità ucraina”.
“Ho deciso di ristampare questo volume con una nuova postfazione di Riccardo Scarpa proprio in considerazione della grandissima modernità e attualità degli argomenti trattati e del pensiero di De Gasperi. La visione di un’Europa unita e pacificata di De Gasperi – ha aggiunto Alberto Gaffi – va riscoperta e ripercorsa anche nell’ambito degli scambi culturali. Come editore sto stringendo un’alleanza con case editrici slovene e sto andando verso un gemellaggio culturale allargato anche ad altri Paesi europei. Riconquistando un dialogo e un’alleanza transfrontaliera potremo risolvere anche altri nodi come quello dell’immigrazione e del confine ucraino con la Russia”.
“E’, quello della lontananza e dell’esilio in un mondo ossessionato da un’unicità geografica costruita con l’idea di non dover mai perdere l’orientamento, un argomento trattato anche da Lisa Ginzburg all’interno del suo libro “Buongiorno mezzanotte, torno a casa” – Una riflessione sull’esilio e su un desiderio di ritorno che non vuole avverarsi che parla di quanti vivono lontano, e non riescono a tornare – che uscirà il 1° marzo per i tipi della Italo Svevo (Collana Piccola biblioteca di letteratura inutile diretta da Giovanni Nucci) e verrà presentato prossimamente a Trieste. L’incontro con la scrittrice – conclude Gaffi – sarà l’occasione per riprendere questi attualissimi temi”.
Scrive nella sua Post-fazione Riccardo Scarpa, Principe dell’Accademia degli Incolti: “Queste pagine di Lucio D’Ubaldo hanno il raro pregio di sfuggire all’equivoca categoria della “storia contemporanea”; cioè d’immaginarsi di poter storicizzare la contemporaneità.
D’Ubaldo conosce bene la storia, e accenna brevemente alla causa del populismo attuale: la proletarizzazione in corso della piccola e media borghesia.
L’Impero asburgico fu plurietnico ma mai nazionale, ebbe sudditi di varie etnie ma non cittadini d’una nazione plurietnica, perché restò nell’intimo un Reich Deutscher Nation. Di qui l’insistenza d’Alcide De Gasperi perché il suo partito, fosse un partito della nazione ma nel senso romano ed italiano.
Quanto all’opera degasperiana nella politica italiana del secondo dopoguerra, è felice un’espressione usata da Lucio D’Ubaldo per descriverla: liberal-popolare.
Un carattere costante, peraltro, della politica dell’esponente trentino, allora, fu comunque evitare che il suo partito rimanesse solo a portare sulle spalle la responsabilità di governo e, su piano politico e sociale, ad affrontare la potenziale carica sovversiva del partito comunista maggiore nell’Europa occidentale.
Con l’elemento liberale, come parallelamente accadde in Francia ed in Germania, il partito cattolico costruì la nuova visione dell’Europa, che non fu vagamente europeista ma, in prospettiva, comportò una decisa scelta federalista. L’attuale crisi dell’Unione europea è, in larga parte, determinata da politiche incoerenti con quell’opzione. L’elemento fondamentale della politica non è la mediazione, che può essere uno strumento, ma non la scelta. Comunque, l’alleanza liberal-popolare centrista non fu una mera scelta tattica, ma strategica e, in un certo senso, di civiltà politica. Dopo il tramonto d’Alcide De Gasperi e del centrismo, le scelte si fecero molto meno coerenti, sino allo sfaldamento”
Andrea Forliano