Il teatro Nuovo Giovanni da Udine ha deciso di rendere omaggio a Giuseppe Verdi nel bicentenario della sua nascita aprendo venerdì sera la stagione operistica con Nabucco. E il popolo udinese ha risposto con un “tutto esaurito” con qualcuno in attesa nella speranza di defezioni. L’orchestra e il coro del Teatro Lirico Giuseppe Verdi sono stati diretti dal maestro tedesco Michael Guttler. Maestro del coro Paolo Vero.
La trama è ben nota. L’opera narra la storia del popolo di Israele messo in schivitù dal re babilonese Nabucodonosor. In questo contesto prendono vita gli amori di Abigaille e di Fenena entrambe innamorate dell’ebreo Ismaele. Abigaille figlia di Nabucco rivendica il trono per consolarsi dalla delusione d’amore in quanto Ismaele ama Fenena figlia legittima del re. Così il re che osteggia i due amanti viene punito da Dio che gli fa perdere ragione e regno. Alla fine, dopo alterne vicende, Nabucco si pente delle sue azioni, si converte e libera il popolo ebraico.
Di forte impatto la scenografia, pur nella sua essenzialità, di Stefano Poda che cattura gli spettatori e li invita o per meglio dire li costringe ad una riflessione intimista. Non ci sono più – solo – gli Ebrei e i Babilonesi, ma la storia di oppressione raccontata può essere tranquillamente portata sia all’attualità sia ad un recente passato dove gli oppressori erano i nazisti e gli oppressi gli Ebrei, gli oppositori politici, i rom. Tutta l’opera si svolge in una struttura dalle mura alte e spoglie, ai lati tante aperture da cui filtra la luce, più o meno intensa. Il lato rivolto al pubblico è separato dallo stesso da una sorta di retina quasi trasparente su cui si riflettono ombre ingigantite da giochi di luce. Mentre sulla scena si muovono gli attori vestiti uguali con camicie bianche talvolta pulite, talvolta sporche forse di sangue, sulla loro testa, al soffitto sono appesi dalla parte dei piedi centinaia di corpi nudi e mumificati. Ancora una volta la contrapposizione tra bene e male, tra luce e buio, tra ciò che si è e ciò che si diventerà. Il regista sceglie di togliere ogni segno di potere e anche le armi: si riescono a distinguere dalla moltitudine sul palco solo Nabucco, Abigaille, Abdallo, Fenena che indossano pesanti cappotti di pelle nera.
Fra le voci, una menzione particolare va a quella di Tiziana Caruso – Abigaille – robusta e coinvolgente, che colpisce anche per la presenza scenica. Non resterà negli annali invece la famosissima aria “Va Pensiero”, con il coro disteso non in sincronia con la direzione che non è riuscito a trasmettere il pathos che ci si aspetterebbe di percepire in queste occasioni. Applausi per tutti alla fine.
Maria Teresa Ruotolo