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Il patrimonio culturale del Fvg è  alla portata dei ragazzi con ‘Teen to Teen’
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Il patrimonio culturale del Fvg è alla portata dei ragazzi con ‘Teen to Teen’

UDINE – Il progetto di alternanza scuola-lavoro ‘Teen to teen’ si è concluso con una grande festa alla casa della Contadinanza, il 9 maggio. Una serata che ha coinvolto non solo i ragazzi (35 studenti degli istituti A. Volta, A. Malignani, C. Percoto, B. Stringher e G. Marinelli di Udine) protagonisti di questo percorso (durato 80 ore), ma anche gli ideatori dell’iniziativa, Renato Rinaldi e Andrea Collavino, e i tutor (Matteo de Benedittis, Vincenzo Gioanola, Debora Vrizzi, Marina Rosso, Anna Givani e Donato di Carlo). Presenti anche i rappresentanti delle realtà che hanno reso possibile questo entusiasmante percorso: la cooperativa Puntozero con La Collina, l’ERPAC – Ente Regionale Patrimonio Culturale, la Fondazione Pietro Pittini, assieme alle Fondazioni Friuli, CRTrieste, Antonveneta e la Banca Monte dei Paschi di Siena. Gli studenti hanno raccontato come negli ultimi mesi abbiano vissuto in prima persona il ricco patrimonio culturale del Fvg (grazie alla collaborazione con il Museo Etnografico e i Civici Musei del Castello – archeologico e galleria d’arte antica – di Udine) e coinvolto i loro coetanei, mostrando una nuova faccia di quella realtà non sempre conosciuta a dovere e spesso percepita (erroneamente) come ‘vecchia e noiosa’. Per chiudere in bellezza il loro ‘Teen to teen’, gli studenti si sono poi messi dietro la telecamera e hanno intervistato Rinaldi e Collavino, felici del percorso fatto e soddisfatti per i traguardi raggiunti.

Come vi è venuta l’idea di questo progetto? «L’idea è nata da un altro, fatto in precedenza, “Memoria di massa”, che coinvolgeva sempre delle scuole superiori di Udine. Quando li abbiamo interrogati, la maggior parte di (voi) loro hanno detto che il museo è un posto abbastanza “respingente”, e quindi ci voleva un’altra maniera per stare di fronte ai beni culturali. Ecco che è nato “Teen to teen”».

Avete incontrato dei problemi? «Tantissimi. Questo progetto in particolare aveva delle caratteristiche molto inusuali, era tutto da costruire. Per prepararlo ci sono voluti più di 2 anni. Quando è cominciato, abbiamo pensato che da quel momento c’era solo da divertirsi. E così è stato. La parte più spassosa è stata condividerlo con voi».

Il progetto ha soddisfatto le vostre aspettative? «È stato stupefacente vedere come, in così poco tempo, siamo riusciti a creare delle cose che avevano un loro valore intrinseco: che erano divertenti, leggere, spontanee, a volte, anche profonde. Siamo contenti perché è un progetto che si è realizzato ed è riuscito. In più, noi avevamo una piccola incognita, che erano direttori dei Musei. Non sapevamo come sarebbe stato accolto il risultato del progetto. Quando abbiamo mostrato loro alcune cose che stavamo facendo, beh, sono rimasti impressionati favorevolmente. Per noi il valore è l’esperienza che avete fatto voi; al di là della qualità di quello che avete prodotto».

Avete trovato tante differenze fra la vostra generazione e la nostra? «La nostra generazione dipinge la vostra (e siamo parlando di stereotipi) come gli “sdraiati” quelli che non hanno voglia di fare niente, che guardano solo il telefono… Invece noi abbiamo fatto un sacco di cose. Dico “abbiamo” perché sono state fatte insieme. Voi arrivavate qua, dopo 5 ore di scuola… Insomma, ci sono sacche di entusiasmo».

Qual è stato il momento più bello di questo percorso. «Alla fine “è questa roba qua” (il gruppo di lavoro, il dialogo con i ragazzi, ndr) la cosa che rimane di più. Non è una cosa che abbiamo fatto. È il fatto di trovarsi bene. È stato molto bello conoscervi, (davvero!) perché anche noi abbiamo imparato molto e soprattutto è bello relazionarsi con voi».

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