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Il realismo politico di Tucidide La politica come arte

Il realismo politico di Tucidide La politica come arte

Di solito il realismo politico si caratterizza per il principio di privilegiare l’interesse e la sicurezza nazionale rispetto ad ideologie e problematiche morali e sociali. Tucidide vede il realismo politico con un senso più ampio, cioè come realtà storica attraverso un approccio empirico. Ma anche come l’esperienza del contatto che include le esperienze di posizione, di equilibrio e di supporto.

Il realismo politico secondo Tucidide è il comune (koinon B35). La democrazia è il regime esplicitamente fondato sull’opinione, sul confronto tra le opinioni, sulla formazione di un’opinione comune. La confutazione delle opinioni altrui è ben più che permessa e legittima, essa è addirittura l’ossigeno della vita pubblica (Peri homonoias H 93).

La vita è esperienza, cioè improvvisazione, utilizzazione delle occasioni, tentativi in tutte le direzioni. E il cittadino ha dignità solo quando può scegliere il suo modo d’essere. Perciò il termine polis indica l’ipotetico patto fondato sul reciproco interesse dei politai (cioè cittadini) della città. (Γ 82). Perché come dirà il poeta K. Kavafis: “…. Ti verrà dietro la città. Per le vie girerai: le stesse. E negli stessi quartieri invecchierai, ti farai bianco nelle stesse mura. Perenne approdo, questa città….”

Con altre parole secondo Tucidide il rapporto tra polis e polites (cittadini) non è lo stesso con quello di civis-civitas. Perché nella democrazia ateniese, il potere è nelle mani del popolo: nei tribunali tutti i cittadini sono eguali, e nell’esercito (i cittadini sono anche oplite, cioè soldati) delle cariche la capacità e il merito hanno annullato ogni differenza tra ricchi e poveri. La philotimia (Tucidide III, 82,8) è la virtù dei cittadini. (Nietzsche nella philotimia di Tucidide cerca il concetto dell’uomo superiore.) Euripide ha disegnato nei suoi versi un ritratto lusinghiero della polis democratica, dove regnano libertà e uguaglianza, amicizia e unione.

Libertà, amicizia, eguaglianza è la concordia. Questa ultima è l’unità del sentire e del pensare (homonoia) raggiunta dai cittadini nella determinazione dei fini comuni e delle scelte necessarie per conseguirli. Se non c’è frattura tra l’individuo e la comunità, tra la sua vita privata e quella pubblica, la connessione è una dialettica della pluralità del diverso su cui la dialettica non avrebbe più alcun potere (Tucidide H 97. Sygrasis – Mescolanza. O come dice Aristotele ex anomoion he polis, Politica 3,1277° 5-6, cioè, la città è ineguale). Poiché nella città secondo Tucidide esiste sempre l’antinomia, discorso doppio (Dissoi logoi, cioè discorsi doppi) e l’idea della mutua paura (antipalon deos) necessaria al mantenimento dell’equilibrio. Così la mutua paura (antipalon deos) diventa (isopalo sevas) bilanciato rispetto.

Nella guerra civile esiste la techne politiche, (Protagora 322 b-c) cioè la formazione del cittadino e dei dirigenti, il compito di un processo indicativo che riguarda almeno in teoria, tutti gli uomini. E con questa techne politiche, si può risalire ad una concezione del rapporto di individuo e comunità, di cittadino e stato.

Anche questa è la concezione che Platone in un passo delle Leggi riproduce dicendo che un’educazione rettamente intesa è quella che sa far nascere negli animi fin degli anni dell’infanzia, il desiderio di diventare un perfetto cittadino, capace ad un tempo di obbedire e di comandare secondo giustizia. Socrate accetta il giudizio del tribunale formato dai propri concittadini. Possiamo vedere nel Critone il suo discorso, scambiato tanto spesso per un’arringa moralistica, e uno sviluppo magnifico della fondamentale idea greca della formazione dell’individuo attraverso la propria città. Simodide scriveva: polis andra didaskei, cioè la città educa l’uomo.

Qui posiamo vedere anche la differenza tra Tucidide e Machiavelli. Il realismo politico di Machiavelli è il successo. E il successo per un principe nuovo si misura dalla sua capacità di conservare lo stato. L’introduzione del criterio del successo come unico metro di giudizio politico permette al Machiavelli di distinguere anche all’interno della categoria del tiranno. Il tiranno Agatocle e il tiranno Liverotto da Fermo sono i modelli di realismo politico secondo Machiavelli. Agatocle, e Liverotto da Fermo avevano conquistato lo stato con delitti e efferati. (Principe, cap. XVIII).

Tucidide si differenzia anche dalla dottrina spinoziana dello Stato, esposta nel Trattato politico e nel Trattato teologico- politico. Però quello di Spinoza è un realismo politico condensato sul principio della tolleranza (che significa aggiustamenti e riforme senza rivolgimenti rivoluzionari) e sul dogma come diceva Caillois Roland che sostiene: “il sistema rimane l’uomo muore”.

Il realismo politico di Tucidide non esprime una speranza, perché secondo Tucidide la speranza è una condizione umana molto complessa e articolata fatta di pieni e vuoti, di esplosioni e di ripiegamenti e non è mai un sentire identico (Tucidide E 84-116). Anche l’idea di “ necessità”, considera in maniera troppo compatta situazioni che, invece sono molto differenziate (A,22,1-2). Possiamo dunque dire che il realismo politico di Tucidide diventa una riforma della politica per mezzo della molteplicità delle esperienze vitali.

Apostolos Apostolou

Scrittore e Prof. di Filosofia

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