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Intervista al presidente della C.I.L.A. Antonino Gasparo

L’importanza del quotidiano lavoro dei rappresentati delle componenti della vita economica e politica italiana è centrale per l’individuazione delle soluzioni tramite l’analisi critica della realtà, delle normative e delle politiche in risposta all’attuale recessione, possiamo quindi presentare la posizione di Antonino Gasparo, presidente della C.I.L.A., organizzazione sindacale di rilevanza nazionale, con sede centrale a Roma.

Presidente Gasparo, quando nasce la C.I.L.A.?

La Confederazione Italiana Lavoratori Artigiani nacque il 25 settembre 1985 in conseguenza della famosa legge sull’artigianato 443/1985. La legge quadro ha modificato il tetto del numero di addetti dell’impresa artigiana, mentre la precedente legge n.860 del 1956, saggiamente prevedeva, per l’insegnamento all’allievo apprendista, che ad ogni operaio specializzato fosse affiancato un allievo con l’incarico di seguirlo nell’insegnamento. La legge quadro, modificando questo rapporto, che era fissato dieci a dieci (molto utile per il diretto insegnamento con un rapporto uno a uno tra operai e apprendisti), ha previsto invece che l’azienda artigiana possa avere 18 addetti, tra operai e apprendisti, senza necessariamente rispettare il rapporto uno a uno (esempio 17 operai e un apprendista). Pertanto la legge 443/1985 ha aumentato il numero di addetti e alterato il rapporto operai e apprendisti. Stesso schema infatti per l’impresa che svolge la propria attività nei settori delle lavorazioni artistiche, tradizionali e dell’abbigliamento su misura: un massimo di 32 dipendenti, compresi gli apprendisti in numero non superiore a 16; il numero massimo dei dipendenti può essere elevato fino a 40 a condizione che le unità aggiuntive siano apprendisti.

La legge 443/1985 funge da fondamentale spartiacque per l’artigianato italiano, la C.I.L.A come si pone in merito?

Come detto prima, la legge quadro ha alterato l’importante rapporto uno a uno tragli operai delle imprese artigiane e l’apprendista che secondo noi è un tema centrale: l’apprendista deve nascere nella bottega, deve apprendere e sviluppare la preziosa professionalità formatasi durante le otto ore a stretto contatto con il maestro Artigiano al fine di mantenere il livello di qualità richiesto per questo settore cardine dell’economia nazionale italiana. Non solo. Non abbiamo timore di affermare che la legge 443 del 1985 fu il prodotto dell’interesse del mondo industriale ad accedere alle agevolazioni previste per l’artigianato (in particolare per l’Artigiancassa, istituita nel 1952, quale fondo di garanzia e sostegno dell’artigianato); non si spiegherebbe altrimenti l’aumento del numero di addetti nei requisiti definitori dell’impresa artigiana. Infine, la potestà demandata alle Regioni, a cui la Costituzione affida la competenza sull’artigianato, è stato insoddisfacente, nonostante il mandato costituzionale di provvedere all’adozione di normative per la tutela e per lo sviluppo del settore, con particolare riferimento alle agevolazioni per facilitare l’accesso al credito. Infatti, sebbene l’articolo 45 comma 2 della Costituzione reciti: “La Legge provvede alla tutela e allo sviluppo dell’artigianato”, da decenni stiamo andando nella direzione opposta proprio dal 1985, considerato che centinaia di migliaia piccoli imprenditori, a causa di responsabili inadempienze, soprattutto da parte delle regioni, si sono trovati in grosse difficoltà finanziarie e impossibilitati, di conseguenza, a fornire alla collettività servizi e prodotti per soddisfare necessità collettive, con ciò provocando indirettamente un danno a tutti noi cittadini.

Qual è quindi la “mission” della C.I.L.A? Quali sono le attività e i servizi per l’impresa?

La C.I.L.A. , che conta 18.000 imprese iscritte in 13 regioni italiane, pone al centro delle proprie attività sindacali prioritariamente la difesa e il sostegno delle micro e piccole imprese con particolare attenzione ai settori dell’artigianato e del commercio misto. La nostra Confederazione ha più volte proposto riforme per interventi agevolativi, tendenti all’annullamento degli eccessivi oneri a carico delle categorie imprenditoriali più fragili e che vogliamo fortemente tutelare, puntando sul sostegno dello Stato all’apprendistato, istituendo, a tal fine, anche un presalario per gli artigiani in pensione, che possono insegnare in bottega l’arte del loro mestiere, acquisito nel corso della vita lavorativa e che sarebbero ben felici di poterlo trasmettere, con tutti i segreti professionali, ai giovani allievi. Questo dovrebbe essere l’obiettivo delle istituzioni: dare una speranza e un futuro alle giovani generazioni. Siamo inoltre molto attenti al tema della responsabilità sociale di alle giovani generazioni. Siamo inoltre molto attenti al tema della responsabilità sociale di impresa. Le mie proposte sono tutte pubblicate sul sito uils.it; si tratta di progetti concreti elaborati anche grazie al nostro I.S.P.A (Istituto di Studi sui problemi dell’Artigianato) che, all’interno della C.I.L.A., studia attentamentela realtà economica e i cambiamenti sociali. A breve, per sostenere ulteriormente i nostri iscritti, intendiamo attivare un Organismo di mediazione nonché un nostro Caaf e un nostro Patronato. Sul nostro sito cilanazionale.org sono spiegati tutti i nostri servizi di assistenza e consulenza.

Quali sono i nodi centrali su cui è necessario un intervento immediato?

In primis, un concreto ed efficace intervento finanziario per le micro e piccole imprese, per evitare che si ripetano comportamenti estremi e dalle conseguenze irrimediabili e permettere loro, al contrario, di poter continuare a lavorare con maggiore serenità. Inoltre, occorrerebbe sostenerle nell’accesso al credito, garantendo, con maggiore flessibilità di quanto fatto finora, le richieste di affidamento creditizio rivolte al sistema bancario. Sarebbe altresì necessario sospendere o quantomeno alleggerire gli oneri fiscali e di avviamento a carico dell’artigiano e rendere più snella la burocrazia, semplificando anche gli adempimenti amministrativi a carico della categoria. Da ultimo, ma non ultimo, richiamare le Regioni ad una maggiore osservanza del dettato costituzionale, laddove viene riconosciuto loro un ruolo di responsabilità assoluta per la tutela e lo sviluppo delle imprese artigiane. Occorre andare oltre l’attuale situazione di stallo, smettendola di parlare dell’articolo 18, ormai obsoleto, che risulta solo un diversivo da dare in pasto alla stampa, per evitare di affrontare problemi più seri come l’apprendistato e la tutela della qualità del lavoro artigiano quali temi da approfondire e da analizzare, per trovare concrete soluzioni, proprio nell’interesse nazionale.

 intervista a cura di Federico Gangi

About Federico Gangi

Pubblicista iscritto all'albo Fvg dall'aprile 2013. Diplomato al liceo classico “J. Stellini”, laureato in Legge alla Facoltà di Giurisprudenza dell'Università degli Studi di Trieste. Ideatore della Fedarmax e di Brainery Academy, co-fondatore e promotore del giornale on-line Il Discorso, di cui è direttore editoriale.

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