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LA CONTRADA-TEATRO STABILE DI TRIESTE INDICATA DAL MINISTERO COME “IMPRESA TEATRALE”: ULTERIORE GRAVE SCONFITTA PER LA CITTÀ DI TRIESTE E PER LA REGIONE.

Dopo due giorni di incertezza e silenzio totale da parte del Ministero per i Beni e le Attività Culturali è arrivata oggi pomeriggio l’attesa sentenza per la Contrada, uno dei 32 organismi che hanno fatto domanda per Teatro di Rilevante Interesse Culturale, misteriosamente “sparito” dalla prima lista che decretava chi aveva raggiunto l’obiettivo e chi invece veniva riconosciuto come Centro di Produzione Teatrale.

La Contrada viene ulteriormente “declassata” a Impresa di Produzione Teatrale o, in alternativa, a Organismo di Programmazione: ovvero semplice compagnia teatrale che produce spettacoli (come se non avesse un’intera stagione del Teatro Bobbio da gestire) oppure mero contenitore di titoli in ospitalità (come se la Contrada non avesse nel suo DNA la produzione di spettacoli teatrali: poco meno di 400 dal 1976 ad oggi).

Questa notizia è una grave sconfitta non solo per la Contrada, per il suo personale, per la storia quasi quarantennale di questa struttura, ma per l’intera città e per la regione. Ferma restando la logica ministeriale di salvaguardare per primi i teatri a partecipazione pubblica, la decisione del Ministero indica con assoluta indifferenza un totale disconoscimento del ruolo avuto da questa struttura privata nei suoi 39 anni di vita e il più assoluto disprezzo per le centinaia di persone che hanno lavorato e collaborato con la Contrada nel corso della sua storia.

La sentenza ministeriale provoca un grave impoverimento per le risorse di una città che si trova già da anni in una situazione di criticità economica: il declassamento della Contrada, che non potrà essere affrontato senza una forte presa di posizione da parte delle forze politiche locali, provocherà un’ulteriore riduzione delle risorse che prima venivano distribuite sul territorio in termini di occupazione, oneri contributivi, tasse, indotto, senza contare il servizio reso alla cittadinanza e la valorizzazione di un intero quartiere.

La Contrada è stata per anni la struttura che meglio ha saputo esprimere lo spirito, la cultura e le tradizioni di questa città: ha cresciuto tre intere generazioni di piccoli spettatori con le sue ultradecennali rassegne di teatro per l’infanzia e la gioventù; ha formato attraverso i suoi spettacoli, i suoi laboratori e non da ultimo la sua scuola di teatro, due generazioni di attori; ha ristrutturato e riaperto al pubblico il piccolo Teatro dei Fabbri; ha creato dal nulla il nuovo filone della drammaturgia in lingua triestina con autori come Tullio Kezich, Claudio Grisancich, Pino Roveredo e moltissimi altri; ha espresso due attori, Orazio Bobbio e Ariella Reggio, assurti a fama nazionale.

Tutti elementi che oggi spariscono a fronte di cosa? Non si sa. Nessuno lo spiega: il nuovo decreto prevede una discrezionalità altissima di valutazione “artistica” che in realtà è la foglia di fico per tagliare fondi alla cultura nella migliore tradizione di tutti gli ultimi governi.

Qual è la colpa della Contrada? Quella di non aver promosso maggiori spettacoli “di ricerca” o di “teatro danza” (che interessano una piccolissima nicchia di pubblico) prediligendo invece spettacoli di maggior attrattiva? Improbabile visto che molti Teatri Nazionali e TRIC presentano nella loro programmazione appuntamenti commerciali quali commedie brillanti, musical e serate di comici. Considerando inoltre che il livello di occupazione della sala è uno dei parametri su cui si viene considerati positivamente dal Ministero, è chiaro che il declassamento della Contrada non è legato alla qualità artistica. La stessa qualità artistica per la quale il pubblico di Trieste premia la Contrada di anno in anno.

Giudicare la decisione del Mibac come risultato di una “bassa valutazione artistica” o di un mancato raggiungimento dei parametri da rispettare è pura ipocrisia, soprattutto a fronte di altre realtà che “ce l’hanno fatta” senza avere neanche la metà dei numeri e della storia della Contrada; realtà che non serve citare perché sotto gli occhi di tutti.

Sottolineiamo che tutto ciò nasce da un decreto varato in pochi mesi, senza alcun dibattito parlamentare, generato in fretta e furia al posto di una legge nazionale che si attendeva da trent’anni. Questo decreto, e le conseguenze che ne stanno uscendo, rischia di vanificare quel sistema teatrale regionale di eccellenza che è stato costruito con decenni e decenni di finanziamenti pubblici.

Evidentemente il Ministero ha necessità di salvaguardare le rovine di Pompei a scapito del sistema teatrale nazionale, in particolare quello privato.

Rassicuriamo il nostro pubblico sul fatto che la Contrada saprà reagire a questa nuova situazione, assicurando come sempre la massima qualità nell’offerta teatrale e mettendo in campo tutte le proprie risorse, come ha continuato a fare in tutti questi ultimi anni di crisi economica, senza mai generare deficit di bilancio e richieste di ripiano economico agli enti pubblici.

 

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