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La sconfitta di tutti, la vittoria di nessuno

La “rivoluzione civile”, non quella di Ingroia, è iniziata. Le elezioni politiche hanno sancito la sconfitta dei partiti maggiori che hanno perso circa sei milioni di voti a testa, in favore del nuovo e semi sconosciuto movimento del comico Beppe Grillo. Altrettanti elettori non si sono presentati alle urne dimostrando che nemmeno le grida in piazza hanno inciso sull’affluenza. La legge elettorale ha fatto il resto. Il “Porcellum” di Pdl e Lega Nord hanno, per la terza volta, impedito al Parlamento di funzionare.

Lo spettro dell’ingovernabilità incombe a causa della mancanza di un partito vincitore. Con una legge elettorale lungimirante, il Partito democratico avrebbe vinto le elezioni grazie a soli centomila voti ma la democrazia dovrebbe essere questa.

Il primo sconfitto risulta quindi il Partito democratico che non ha capito che, per seguire lo spirito dei tempi, bisogna stare sempre più avanti e non ha senso utilizzare lo strumento (straordinario in Italia) delle primarie usando metodi da “vecchia politica”. Bersani è una persona competente e affidabile ma parla un linguaggio che comprende vecchi paradigmi, si allea con il partito di Vendola che porta un misero tre per cento e ne fa perdere forse il doppio.

La vera vittoria di Pirro e quella di Berlusconi. Il Cavaliere ha usato tutte le armi a disposizione per raggiungere un risultato insperato e ha dimostrato di essere un vero leader, riconosciuto dal suo popolo e temuto dagli avversari. Il risultato percentuale relativo di Pdl e Lega Nord nasconde la pesante perdita di voti della coalizione che ha governato l’Italia per dieci anni.

Il premier uscente Mario Monti è un altro dei finti vincitori. Poteva diventare Presidente della Repubblica, ruolo adatto allo spessore della persona, ma ha preferito puntare su due partiti anacronistici come l’UDC di Casini e FLI di Fini che hanno avuto un risultato quasi ridicolo pensando che i loro leader sono stati presidenti della Camera per dieci anni in due.

Il Movimento Cinque Stelle, infine, ha dato quella sberla popolare ad una partitocrazia usurpatrice dell’ordine democratico. I metodi del M5S non sono positivi e, a tratti, ricordano segni di fascismo conditi da programmi “sfascisti” ma il popolo disorientato ha voluto dare un segno forte: “Basta!”.

E’ una buona notizia che queste elezioni abbiano aperto le finestre del Parlamento con l’abbandono di politici come Fini e Di Pietro ma rimane una considerazione disorientante e dolorosa: la totale astrazione della nostra politica dai problemi reali. I partiti continuano a cercare risposte a problemi antichi e superati non da soluzioni ma da un accelerazione del cambiamento strutturale dell’economia mondiale. Il tema del lavoro richiede un nuovo paradigma, una politica industriale deve essere adatta ai tempi, il ruolo dell’essere umano all’interno del sistema economico ha bisogno di nuove analisi. Il mondo sta cambiando e i cittadini lo sentono, la politica fino a ieri pensava ai problemi della civiltà industriale del Novecento. Signori: per voi è finita, il futuro è nelle mani di ognuno di noi.

Federico Gangi
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About Federico Gangi

Pubblicista iscritto all'albo Fvg dall'aprile 2013. Diplomato al liceo classico “J. Stellini”, laureato in Legge alla Facoltà di Giurisprudenza dell'Università degli Studi di Trieste. Ideatore della Fedarmax e di Brainery Academy, co-fondatore e promotore del giornale on-line Il Discorso, di cui è direttore editoriale.

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