É iniziata ieri sera al Palamostre di Udine la stagione numero 33 di Teatro Contatto. Una stagione decisamente promettente, già dall’esordio in grande stile con i ritmi e il dinamismo di Ricci /Forte, due amici di “Contatto” che anche nelle scorse stagioni (still life, imitathionofdeath) hanno fatto parlare – molto bene – di sè, e non solo in Italia. Un teatro quello di Ricci/Forte di grande impatto visivo e sonoro. In “Darling” gli autori hanno preso spunto da Orestea di Eschilo, l’origine del teatro occidentale in cui si celebra la nascita del sistema democratico, per parlare del disagio dell’uomo d’oggi.
Sulla scena c’è solo un container con due finestrelle protette da grate, una porticina e un tetto; solo, si fa per dire, perchè rispetto alle scene spoglie del passato la scena è piena (anche troppo) per consentire ai protagonisti movimenti non solo in orizzontale, ma anche dal basso verso l’alto e viceversa. Tutto è illuminato dalla luce fredda dei neon. Gli attori entrano da una porta laterale vestiti elegantemente ma con sulle spalle una coperta grezza, di quelle militari che vengono date ai superstiti di una tragedia mentre rumori non ben definiti di acqua, animali diventano via via più assordanti. Da sopra il container appare a poco a poco una damina del settecento, vestita di tutto punto con parrucca riccia che a gran fatica si mette a parlare e ciò che colpisce non è tanto ciò che dice quanto il modo, la difficoltà dell’uso della parola parlata sostituita in molti casi da un tweet o da un messaggio di Whatsapp. Quanto sia vuoto e ripetitivo l’utilizzo di emoticon che rappresentano sensazioni inconsistenti e svuotano di contenuti i sentimenti. Più espressiva e comprensibile è di certo una chiacchierata fatta di soli numeri, al posto delle battute: questa sì che è una chiacchierata “fisica” e fatta con il cuore.
Cambiare vestito, indossare tute da lavoro arancioni o tutù come fanno gli attori non cambia la sostanza delle cose: “l’abito non fa il monaco” e le parole che dovrebbero differenziarci l’uno dall’altro difficilmente, in un mondo omologato, ci rendono diversi o “unici”. Il container è esso stesso scena: dapprima rimane chiuso e in esso si svolge una lotta tra i protagonisti che termina con una sorta di teatrino di marionette in cui Oreste spiega ad Elettra di voler uccidere la mamma, poi si apre a poco a poco per farne vedere l’interno. Impeccabile la scelta dei brani della colonna sonora che getta un filo nel passato lontano, un valzer di Strauss per poi passare a Bacarach, Sinatra arrivando ad un periodo relativamente più recente con i Led Zeppelin e Mick Jagger. Sensazionali gli attori/atleti Anna Gualdo, Giuseppe Sartori, Gabriel da Costa, Pierstein Leirom che con la loro fisicità interpretano perfettamente il teatro di Ricci/Forte.
Darling, caro, amore, porta in scena la banalizzazione di sentimenti, come l’ amore ma anche dei cardini della società come la democrazia. Quindi l’uomo si sente inadeguato, perennemente precario in una società che ti vuole omologato una sorta di prodotto coltivato. Illuminante a e allo stesso tempo inquietante è la “coltivazione in vaso” di bimbi/bambolotti che riempiono il palco nella scena finale, interrotta da una sorta di corto circuito con cui si chiude la rappresentazione. Ricci/Forte fanno capire che un “ti amo” twittato o whatsappato non vale una stretta di mano fra amici guardandosi negli occhi. In replica anche stasera al Palamostre alle 21.
Maria Teresa Ruotolo
foto di Piero Tauro