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OXFAM: Il fallimento dell’Eurozona costerà 30 miliardi di dollari ai Paesi più poveri

Roma, 15/06/2012 – L’eventuale fallimento dell’Eurozona potrebbe costare ai Paesi più poveri del mondo circa 30 miliardi di dollari in termini di mancati scambi commerciali e investimenti stranieri – l’organizzazione internazionale Oxfam ha lanciato l’appello ai leader del G20 riuniti in Messico per discutere lo stato dell’economia mondiale.

Numerosi Paesi poveri potrebbero entrare in una spirale negativa di mancati guadagni dalle esportazioni, le loro economie verrebbero danneggiate e si aumenterebbe la pressione sulle già limitate risorse per i servizi essenziali sanitari ed educativi. 30 miliardi di dollari sono circa un quarto del budget degli aiuti internazionali e costituiscono un ulteriore fardello per i Paesi poveri in un momento in cui 18 milioni di persone in Africa occidentale stanno per affrontare una crisi alimentare imminente. I donatori hanno finora fallito nella ricerca di fondi adeguati per aiutare coloro che saranno presto affamati.

I calcoli di Oxfam mostrano che se l’Euro dovesse fallire, la conseguente caduta del PIL dei Paesi europei determinerebbe una perdita di entrate per i Paesi meno sviluppati – la maggior parte nell’Africa Sub sahariana – pari a più di 20 miliardi di dollari, corrispondenti ai ricavi dalle esportazioni in Europa nell’anno successivo al fallimento. I Paesi poveri potrebbero perdere ulteriori 10 miliardi di dollari dati dai minori investimenti del vecchio continente. Il crollo dell’Eurozona aggraverebbe i problemi che i Paesi a basso reddito stanno già affrontando, compresa la carenza di cibo, la scarsità degli aiuti e la riduzione dei flussi di capitale come risultato della crisi economica.

Oxfam sta facendo pressione al G20 per promuovere la tassa sulle transazioni finanziarie (TTF, conosciuta in molti Paesi come RobinTax), al fine di costituire un fondo di aiuto per i Paesi più poveri colpiti dalla crisi economica per l’adozione di misure volte all’adattamento al cambiamento climatico e allo sviluppo. La Commissione Europea ha proposto l’adozione di una TTF per tutta l’Europa, che permetterebbe di raccogliere 71 miliardi di dollari (57 miliardi di euro) in un anno. Il G20 deve anche prendere urgenti provvedimenti contro la speculazione finanziaria sui beni alimentari, opporsi alle politiche sui biocarburanti che permettono la conversione del cibo in carburanti e migliorare i diritti dei contadini.

Il portavoce Oxfam Steve Price-Thomas ha affermato: “La crisi europea è una grave minaccia per i Paesi poveri, già colpiti duramente dalla fame e dai tagli degli aiuti. I leader del G20 hanno l’obbligo di proteggere coloro che non hanno più risorse per difendersi dalla crisi.

“C’è bisogno di uno sforzo congiunto per proteggere i poveri da una crisi economica e alimentare che ha già affamato una persona su sette. Il settore finanziario dovrebbe agire negli interessi della società, non viceversa: cioè, limitando la speculazione sul cibo ed esigendo da coloro che hanno la responsabilità della crisi economica l’aiuto per i più poveri rimasti intrappolati”.

Tre anni fa, il G20 aveva posto le basi per una “crescita forte, sostenibile e duratura”. Si incontreranno a Los Cabos avendo fatto ben poco per coloro che ora rischiano maggiormente di perdere i propri mezzi di sussistenza e di essere spinti sempre più verso la povertà.

I flussi di capitale lordo verso i Paesi in via di sviluppo sono crollati da 309 miliardi di dollari nel 2010 a 170 miliardi nello scorso anno mentre, lo scorso anno, l’aiuto allo sviluppo è diminuito di 3,9 miliardi di dollari.

Price-Thomas ha affermato: “Il G20 deve usare il suo potere per risolvere la crisi nel mondo al di là dell’Europa. Se lo faranno o meno è una scelta politica.”

Oxfam fa appello al G20 per:

 

  • Agire per risolvere il sistema spezzato del cibo. Il G20 continua a sbagliare nell’affrontare le cause più importanti della crisi dei prezzi alimentari: domanda in aumento per i biocarburanti, speculazione finanziaria sui beni alimentari e cambiamenti climatici. Al momento è urgente prendere in considerazione i 18 milioni di persone nel Sahel che stanno affrontando una grave carenza di cibo e che si aggiungono al miliardo di popolazione mondiale che soffre già la fame.

 

  • Porre un freno all’evasione fiscale e migliorare la trasparenza. I Paesi in via di sviluppo perdono miliardi ogni anno che potrebbero invece dare una spinta vitale alle loro economie e potrebbero essere spesi per ridurre la povertà. Finora le promesse del G20 di dare un giro di vite ai paradisi fiscali non si sono concretizzate.

 

  • Aumentare le risorse per la spesa pubblica sociale e appoggiare i più poveri introducendo un prezzo sul carbonio per i traffici internazionali, di modo che vengano ridotte le emissioni e si recuperino nel processo 25 miliardi di dollari all’anno.

 

  • Assicurarsi che la crescita sia equa e incoraggi l’uguaglianza, cosicché i benefici raggiungano davvero le persone più povere. Come primo passo i Paesi del G20 dovrebbero riferire, pubblicamente e annualmente, i progressi nella riduzione delle disuguaglianze, rendendoli un parametro per misurare il progresso accanto alla crescita del PIL. Questo compito dovrebbe essere affidato al FMI.

 

  • Promuovere l’aumento degli investimenti nella sanità pubblica di alta qualità e nell’educazione. Questi rappresentano delle reti protettive cruciali per i più poveri e per coloro che stanno attraversando tempi difficili, così come investimenti cruciali nella futura produttività per una società più giusta.

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