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Pierenrico Scalettaris, da capogruppo in Consiglio comunale ad Assessore

Pierenrico Scalettaris, da capogruppo in Consiglio comunale ad Assessore

Giunti vicino al termine delle nostre interviste alla Giunta comunale di Udine, una delle ultime voci da ascoltare era proprio l’ultima arrivata: quella di Pierenrico Scalettaris, nominato pochi mesi fa Assessore ai Lavori Pubblici (delega prima in capo al Sindaco Honsell) e fino ad allora Capogruppo del PD in Consiglio comunale.

Per sapere com’è stato entrare in Giunta in corso d’opera, la situazione dei lavori necessari alla città e molto altro ancora lo abbiamo incontrato qualche giorno fa, nel suo ufficio di Palazzo D’Aronco.

Com’è stato l’impatto nel suo nuovo incarico?

Mi aspettavo che fosse un po’ meno impegnativo, perché se si vuole seguire bene tutte le opere pubbliche si ha bisogno di molto tempo. Conoscevo già la “macchina”, avendo fatto il Consigliere lo scorso mandato e Capogruppo nella prima metà di questo ma ho trovato positivo che gli impiegati e dirigenti del Comune lavorano bene e danno una grossa mano. Sono supportano in quelle competenze che non ho, essendo avvocato e non avendo le basilari conoscenze ingegneristiche e di architettura.
Rispetto a prima è un impegno diverso: il rapporto con il Consiglio e consiglieri è meno frequente, solo per materie specifiche. Essendo stato io dall’altra parte della “barricata”, in Consiglio e non in Giunta per diversi anni (la seconda non si relaziona con il primo, succede ovunque), penso di capire meglio i “mal di pancia” (sorride, ndr) dei consiglieri.
Continuo nella mia professione (è l’avvocato, ndr), anche perché non so cosa succederà nel 2018: non vorrò candidarmi? Il centrosinistra non vincerà più a Udine? Chi vincerà non mi inserirà in giunta? Non posso saperlo, lavoro ovviamente affinché tutto ciò non avvenga ma non posso fondare un progetto “di vita” sulla politica. Del resto, nonostante faccia da 16 anni politica, non l’ho mai vista come un lavoro: ho la fortuna di essere libero, il giorno che sarò stufo non dovrò rendere conto a nessuno.

Il bilancio per i lavori pubblici del Comune in che situazione si trova?

In generale, fino a maggio/giugno 2015 la parte di bilancio attinente era molto contenuta dal Patto di Stabilità e dall’impossibilità di contrarre mutui. Dico ciò perché la mia nomina è stata voluta dal Sindaco proprio perché, in quel momento, si aprivano spazi politici ed economici e aveva bisogno di un Assessore che si occupasse a tempo pieno di opere pubbliche. Il bilancio del Comune chiude a circa 200 milioni di euro, di cui molti usciranno per la spesa corrente (affitti, luce, stipendi…) ma il resto lo si potrà investire sulla città. Prima potevamo fare al massimo la manutenzione ordinaria.

Quali saranno le prime opere a beneficiare di questi fondi?

Ci sono due grossi “capitoli”: uno per quelle che sono già avviate e che saranno completate in questi mesi o anni, tra cui il parcheggio di piazza Primo maggio, lo Stadio Friuli (per quanto, anche se non ha pagato il Comune i lavori, la proprietà è sua), l’ex Macello e la tribuna del campo di calcio dei Rizzi, che saranno inaugurati a breve; l’altro per le nuove, che sono nel piano delle opere triennale che ogni anno aggiorniamo ed è “il libro dei sogni”, perché ci si mette di tutto dentro.
Poi bisogna fare i conti con i fondi e fare delle scelte: il 2016 sarà sicuramente l’anno di via Mercatovecchio, con un investimento attorno al milione di euro; il Palasport Carnera andrà rivisto, a causa di problemi venuti fuori nel corso dei lavori e bisognerà aumentarne i fondi; lavori nella zona dell’ex Macello di via Sabbadini; due lotti della Biblioteca che includono l’ascensore del Castello.
Poi ci sono opere più contenute nella spesa, ma non meno importanti, e sono le scuole: la scuola media Marconi di Paderno; la Ellero, la Pascoli e la Fermi con un problema comune di antisismicità ed è un grosso problema, perché non ne possiamo chiudere più di una in contemporanea. E sono lavori che rischiano di durare molto. Poi la scuola elementare dei Rizzi, dove i cantieri sono rimasti fermi per un pezzo e solo da qualche giorno sono ripartiti.
I problemi di questo assessorato sono la ricerca di fonti di finanziamento e la burocrazia, che rende lenti i tempi di svolgimento per un appalto poiché è rigido nella scansione dei singoli passaggi formali e giuridici: da quando si decide di fare una cosa a vederla completata è una corsa ad ostacoli.

Per quanto riguarda il cantiere dell’Educandato Uccellis?

Quello è un capitolo a parte, perché le scuole superiori sono di competenza della Provincia, fino al 2018. Ma è una cosa interessante, perché quando chiuderanno bisognerà capire chi se ne farà carico. E verosimilmente andranno a ricadere sul Comune di Udine, che a oggi gestisce 44 istituti scolastici: sarà un bell’impegno, perché spesso sono istituti enormi e richiedono un gran numero di manutenzioni.

In un periodo di crisi come questo, l’ampliamento di lavori pubblici può essere visto come un “New Deal”?

Senz’altro: solo da giugno a settembre 2015, abbiamo messo 1 milione di euro di ristrutturazioni, dalle maniglie antipanico alla ritinteggiatura della scuola. In ognuna c’era un’impresa diversa o quasi e praticamente tutte del territorio. E nel nostro piccolo è una cosa che abbiamo sempre cercato di fare. Adesso la Regione ha emanato delle direttive, che hanno definito vincolati, dove sono previste delle indicazioni per appalti pubblici sul rivolgersi a imprese del territorio e mettere in piedi una turnazione. È chiaro che l’obiettivo è dare ossigeno alle imprese locali, in particolare quelle edili e private, e anche il Governo spinge su questo settore con agevolazioni. Le nostre leve sono limitate ma cerchiamo di spenderle il meglio possibile.

Dal momento che c’è una presenza massiccia di lavori pubblici da portare a termine, teme che ci sia l’ombra di qualche infiltrazione mafiosa come in altri casi in Italia? O Udine è più sicura da questo punto di vista?

Io non ne ho sentita francamente l’ombra, sono fenomeni che qui sono sempre rimasti sconosciuti, anche negli anni delle inchieste di Mani Pulite. Udine e il Friuli sono sempre stati delle “isole felici” da quel punto di vista. È chiaro che dove girano soldi gira anche la criminalità, è ovvio ma spero che non sia così, ecco, non ho la competenza per poterlo dire, però qui le cose sono fatte con un rigore tale che mi stupirei. Anche per il più grosso cantiere, che è lo Stadio (Friuli, ndr) e ci ha messo i soldi la famiglia Pozzo, c’è un lavoro a monte che resta nascosto ed è stato pazzesco da parte degli uffici perché è stato il primo contratto del genere in Italia, abbiamo avuto l’onore di aver insistito su questi lavori e abbiamo costruito un modello giuridico che resistesse e adesso è modello in altre città d’Italia. Per quanto riguarda le infiltrazioni mafiose, a Udine possiamo stare tranquilli.

Il Comune pensa di andare a lavorare in luoghi dismessi, penso le ex caserme con bonifiche, o a espandersi verso l’hinterland?

Nello scorso mandato abbiamo approvato il piano regolatore, il cui principio è stato di ridurre fortemente il numero di metri cubi previsti. Il vecchio piano regolatore del 1970 era concepito per una città di 125 mila abitanti, mentre oggi ne ha circa 100 mila in pianta stabile ed era quindi sovradimensionato: abbiamo tolto qualcosa come un milione di metri cubi, non andremo certo contro il nostro piano né spingeremo su costruzioni in zone non costruite. Anche perché ci sono zone della città, che prima erano caserme, e adesso sono dismesse: normalmente o sono del demanio, e non possiamo farci niente, oppure sono passate a noi, e fra tutte la Caserma Osoppo di via Brigata Re, e lì abbiamo noi la possibilità di scegliere cosa fare. Però in quel caso si tratta di edilizia privata, perché non abbiamo le risorse per rimettere in sesto una caserma. Al massimo la bonifica, per renderle più appetibili ai privati.

Lei è anche arbitro di calcio: ha influito questo sulla sua carriera, scelta politica o semplicemente percorso?

Io però ho iniziato prima a fare politica che l’arbitro. Influito no, devo dire però che fare l’arbitro mi ha aiutato molto. Non mi sento di consigliarlo a terzi (sorride, ndr), perché bisogna anche avere un po’ sangue freddo in certi momenti e non è facile; però mi ha aiutato moltissimo a prendere decisioni. La grossa difficoltà di chi prova a mettersi nei panni dell’arbitro senza averlo mai fatto è di capire che, nel giro di due secondi, devi prendere una decisione. Anche non fischiare è una decisione. Non è che qui si devono prendere decisioni in così poco tempo, ma ti forma alla necessità di fare comunque una scelta e di non lasciare che le cose scorrano da sole. Perché altrimenti non domini più la situazione. Nel ruolo che ho adesso, la differenza è la tempistica, ma devo comunque dare un’impronta.

 Timothy Dissegna

About Timothy Dissegna

Diplomato nel 2015 al liceo Scienze Umane "Uccellis" di Udine, nasce giornalisticamente parlando dalle pagine del Messaggero Veneto Scuola. Diventa arbitro di calcio a fine 2012 e qualche anno dopo inizia a collaborare con diversi siti online, guardando con estremo interesse al sociale. Ha una penna nel cuore, ecco.

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