Inserito nel programma delle iniziative e delle cerimonie promosse dal Comune di Trieste per il Giorno della Memoria 2016, martedì 26 gennaio alle 11.30 andrà in scena I bambini della Risiera scritto e diretto da Noemi Calzolari produzione dal Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia, interpretata da Sara Alzetta con gli allievi della Associazione StarTs Lab e la musica dal vivo di Tony Kozina.
Accolto con grande successo nella medesima occasione già nel 2014 e nel 2015, I bambini della Risiera sarà quest’anno riservato al pubblico delle scuole che affollerà il Politeama nella mattinata del 26 gennaio.
I bambini della Risiera vede in scena l’attrice Sara Alzetta, il violinista Tony Kozina e i bambini Loris Alberti, Alessio Bernardi, Evita Bertolini, Virgilio Bordon, Angela Cotterle, Daniele Cruciani, Erin Dorci, Margherita Girardelli, Virginia Lanza, Sofia Manetti, Matilde Marino, Sofia Rosie Myers, Gabriele Pacini, Teresa Rabusin, Virginia Riolo, Angelica Valerio, Beatrice Vidi, Filippo Zoppolato, tutti allievi dell’Laboratorio StarTs Lab diretto da Luciano Pasini, che opera in collaborazione con lo Stabile regionale educando i giovanissimi al teatro. Sono i loro occhi – condotti dalla sensibilità registica di Noemi Calzolari – a osservare e riportarci una delle pagine più dolorose della storia dell’uomo, attraverso testimonianze di giovanissime vittime, che hanno vissuto l’esperienza del nazismo e della Risiera di San Sabba.Sono ancora vive persone che da piccole sono passate da San Sabba con destinazione altri campi, principalmente Auschwitz. Abitano, la gran parte, in regione, ma la loro provenienza è più ampia. Sono originarie, per esempio, di Venezia o Fiume, città quest’ultima, che ospitava, fino alla guerra, una comunità ebraica numericamente consistente, seconda, nelle Venezie, solo a quella di Trieste e che è stata molto falcidiata.
Per quei bambini e ragazzi che hanno vissuto la drammatica esperienza della guerra e della detenzione, e che sono passati per la Risiera – scrive Noemi Calzolari nelle sue note alla regia – questo luogo ha rappresentato il momento della perdita dell’infanzia e – ancor peggio – della famiglia e spesso di ogni riferimento affettivo ed esistenziale. Li aspettava infatti l’esperienza orribile dei campi di concentramento di Auschwitz, ma anche di Bergen Belsen e Ravensbruck. Purtroppo sono state numerose queste vittime dell’odio razziale.
Sappiamo anche, da testimonianze ed evidenze storiche, che nello stabilimento triestino – unico provvisto di forno crematorio nell’Europa occidentale – sono stati uccisi alcuni bambini. Del resto, in tutti i territori occupati o annessi al Reich, i piccoli erano il primo bersaglio. Prima dei vecchi, dei malati, degli inadeguati ad essere sfruttati come forza lavoro. Il farmacista di Auschwitz, dr. Viktor Capesius, dichiara al processo di Francoforte: «Solo gli abili al lavoro non venivano selezionati per il gas. Tra gli abili al lavoro non rientravano, in primis, i bambini al di sotto dei 14 anni».È un coefficiente assoluto, seppure poco noto: i bambini e i ragazzi di età inferiore ai 14 anni rappresentano quasi un terzo delle vittime dello sterminio. Poco noto nonostante in ognuno dei luoghi della concentrazione ci siano stati ragazzi che, pena rischi estremi, hanno scritto, annotato e nascosto le loro testimonianze.
Nella stesura del soggetto – che nasce da una lunga e attenta ricerca di Noemi Calzolari – si è selezionato il materiale da raccolte di diari e scritti di bambini e ragazzi. Sono diari sorprendenti nella loro schiettezza, coraggiosi nel tentativo di ordinare la follia e il caos, straordinari nella consapevolezza che, se ogni giorno può essere l’ultimo, si deve cercare di sopravvivere nella memoria.Scrive, per esempio, il bambino Isacco, prima di essere rinchiuso e ucciso a Ponar: «Non penso a niente: non a ciò che sto perdendo, non a ciò che ho perduto, non a quello che mi aspetta. Sento solo che sono terribilmente stanco, sento che un’offesa, una ferita mi brucia dentro».
Esiste anche materiale iconografico che verrà proiettato nel corso dello spettacolo. Foto dei deportati, filmati della macchina bellica del Reich – Wehrmacht in marcia, panzer, rastrellamenti. L’uso di materiale iconografico è in questo caso particolarmente appropriato: immagini della Storia che ha frantumato vite, distrutto o disgregato intere comunità, sradicato popoli dalla propria terra.Storia con la “S” maiuscola, come testimonia l’impegno e il rigore che il Reich ha riservato nell’organizzazione e conduzione del Campo di concentramento, smistamento e sterminio della Risiera di Trieste, schierandovi alcuni dei suoi specialisti di massimo livello: Odilo Lotario Globocnik dell’Einsatzkommando Reinhard (che con l’Aktion Reinhard aveva organizzato e diretto l’eccidio di due milioni e mezzo di persone in Polonia, nel distretto di Lublino, che contava i campi di Maidanek, Sobibor, Treblinka) poi Christian Wirth, noto come Der Wild Christian (il Cristiano Selvaggio), Franz Stangl – nome d’arte “la Belva di Treblinka” – Dietietrich Allers, l’efficiente promotore dell’Aktion Tiergarten T4, quell’operazione impropriamente nota come Operazione Eutanasia. Ma non va neanche dimenticato che se erano i tedeschi che ordinavano i rastrellamenti erano spesso le milizie e i collaborazionisti che frugavano nei nascondigli di sottotetti e cantine, spogliavano e non sempre malvolentieri, poiché per ogni ebreo catturato, vecchi, malati, donne e bambini, c’era una ricompensa in denaro.
Trieste, nell’ultimo anno di guerra, è uno dei luoghi quantomeno del ristoro tedesco. A ridosso della ritirata orientale, i soldati vi vengono inviati per licenze brevi: la memorialistica ritrae la cura con cui vengono preparati ricevimenti di gran mondanità alla Risiera, racconta le uscite eleganti degli ufficiali invitati alle feste di notabili cittadini. Non si può tacere che su questo sfondo tragico si muovono non solo collaborazionisti, commercianti, industriali, prostitute di alto bordo e trafficanti comuni, ma anche parte della popolazione che nell’ambiguità e nell’incertezza di giorni in cui tutto stava per cambiare, non vede o fa finta, aggrappandosi a un’illusoria normalità.
Del resto quanto è pesato ai nostri testimoni il silenzio che ha avvolto quegli avvenimenti di cui nessuno voleva più parlare! A Berlino, dopo la caduta del Muro, furono ritrovati i sotterranei che erano stati teatro di interrogatori e torture da parte della Gestapo. Questi luoghi di violenza industriale e selvaggia, vennero denominati “spazi contaminati”: kontaminierte Ort.I bambini della Risiera scritto e diretto da Noemi Calzolari si propone, fra l’altro, una decontaminazione della memoria storica del nostro territorio. E vuole dare testimonianza di ciò che non deve essere dimenticato, proprio perché solo la memoria e la consapevolezza possono far sì che cose simili non accadano mai più.
Sarà particolarmente toccante che a dare voce alle piccole vittime, siano degli attori-bambini. Un raccordo storico, una sorta di spirito del tempo che unirà i loro racconti sarà interpretato da Sara Alzetta, attrice professionista che spesso abbiamo applaudito in scena allo Stabile regionale.
La musica è eseguita in scena dal violinista Tony Kozina, mentre nei canti della tradizione ebraica gli allievi sono stati preparati da Daniela Ferletta.