Pochi avrebbero scommesso che una manifestazione interamente dedicata al cinema muto potesse resistere a lungo. Il festival di Pordenone, con l’andar del tempo sta smentendo in maniera clamorosa l’opinione dei più. Non solo per l’inesauribile miniera che sono gli archivi e le cineteche, che sembrano ormai facciano a gara nelle operazioni di restauro dei film del passato, ma anche e soprattutto per l’interesse di un pubblico che si rinnova e che riesce a trovare interesse e, perché no, anche divertimento nell’esplorazione del cinema di ieri. L’edizione di quest’anno ne ha dato clamorosa conferma, con la scommessa vinta della maratona Les Misérables che ha tenuto inchiodati alle poltrone per oltre sei ore gli spettatori che hanno riempito il teatro Verdi, con il tutto esaurito delle serate iniziale e finale (e anche la replica di domani del film di chiusura Il fantasma dell’Opera, sempre al Verdi alle 16 è sold out) e della proiezione di Il segno di Zorro di Fred Niblo con Douglas Fairbanks, e con il teatro che non è riuscito a soddisfare tutte le richieste per La battaglia del secolo con Stanlio e Ollio.
Due sono gli elementi da sottolineare nel bilancio artistico delle Giornate 2015. Il primo riguarda il prestigio che la manifestazione ha saputo costruire e incrementare. Mai infatti come quest’anno l’elenco delle istituzioni internazionali (quasi 50) che hanno contribuito alla realizzazione del programma è stato così numeroso e importante, indice di un rapporto di grande fiducia e rispetto per le Giornate. A partire dal MoMa di New York, che ha portato a Pordenone la rassegna su Bert Williams, protagonista assoluto dello spettacolo afroamericano degli anni Dieci del secolo scorso; al CNC, Centre National du Cinéma et de l’image animée di Bois d’Arcy, che in collaborazione con la Cinémathèque de Toulouse e la Fondation Jérôme Seydoux-Pathé ha restaurato Les Miserables; al National Film Center di Tokyo, il cui curatore Hisashi Okajima era presente al festival per la presentazione del classico ritrovato Diario di viaggio di Chuij, al Gosfilmofond di Mosca, alla Cinémathèque française, al Museo del Cinema di Torino, alla Cineteca Nacional del Messico, fino alla Library of Congress di Washington, che ha scelto le Giornate per l’anteprima mondiale del prezioso documentario restaurato sulla prima guerra mondiale On the Firing Lines with the Germans, girato dagli americani in Germania nel 1915.
Il secondo elemento è una novità assoluta e riguarda la figura del direttore artistico. Dall’anno prossimo subentrerà infatti a David Robinson che ha svolta questa attività con incredibile ed inesauribile energia e passione per 19 anni, il corrispondente da Roma di Variety, Jay Weissberg. Newyorkese e romano quindi, esperto di cinema italiano e internazionale, amico da anni delle Giornate, Weissberg è stato indicato proprio da Robinson quale suo successore, e si è buttato con grande entusiasmo nelle nuova avventura. Spesso i festival sono costruiti sui gusti del direttore e i cambi al vertice possono essere talvolta complicati. L’eccezionalità di Pordenone sta anche in questo, nel non essere specchio delle ambizioni di chi lo dirige, ma di essere in primo luogo al servizio del cinema. Muto.
La lettura dei dati relativi alle presenze al festival evidenzia, al di là delle difficoltà congiunturali del momento economico, un pareggio nel numero degli accrediti rispetto agli anni scorsi, di poco inferiore al migliaio. E si conferma l’internazionalità delle Giornate per la massiccia presenza di stranieri, alcuni provenienti anche dall’Australia e dalla Nuova Zelanda, oltre che dai paesi dell’America Latina, in relazione alla rinnovata attenzione per la cinematografia di quel continente. Hanno trovato anche maggiore spazio quest’anno i muti contemporanei tra i quali significativa è stata la presentazione di un cortometraggio iraniano e di due lungometraggi di registi che hanno un forte legame con il festival, oltre naturalmente all’attesa anteprima italiana dello straordinario lavoro di animazione di Richard Williams, che anche con la sua presenza ha confermato il forte legame di amicizia con Pordenone. Altri ospiti importanti sono stati l’attore re del trasformismo Arturo Brachetti e il regista di culto John Landis.
FOTO: Paolo Jacob