“SCHIAVI” è il titolo scelto per l’edizione 2016 di èStoria, in programma a Gorizia dal 19 al 22 maggio 2016. Giunto I Festival alla dodicesima edizione, Gorizia torna a essere una capitale della cultura e a ripetere con forza che il sapere rende liberi.
èStoria riflette nuovamente su un tema che non può lasciare indifferenti: Schiavi segnerà per la manifestazione l’occasione diriflettere sulla libertà negata, la libertà cercata e la libertà conquistata. Ancora una volta la storia interrogherà la letteratura, il diritto, la fede, l’economia, il giornalismo e numerose altre discipline per un confronto animato in primo luogo dai maggiori intellettuali in Italia e nel mondo che hanno affrontato il tema.
La schiavitù, pur essendo via via abolita dagli Stati a partire dall’ ultimo trentennio del Settecento, non è sparita: nel 2014 si contano quasi 36 milioni di schiavi, uomini e donne di ogni età privati della libertà. Il traffico di esseri umani, il lavoro infantile, lo sfruttamento sessuale, il matrimonio precoce e forzato, la schiavitù per debito e il lavoro forzato continuano a infestare diverse aree del mondo, in un circolo vizioso che include razzismo, diritti civili negati, iniquità sociale ed economica. Infine, in termini più metaforici che strettamente storiografici, anche l’uomo del 2015 apparentemente libero non è privo di catene invisibili: quanto resta della nostra libertà, al netto di dipendenze, bisogni indotti, condizionamenti e limitazioni?
Fin dall’antichità, società e culture diverse per tanti aspetti hanno contemplato la possibilità che alcuni uomini fossero proprietà di altri, forza lavoro a disposizione di chi poteva imporre legalmente la propria volontà. Le guerre, la povertà, i debiti e la stessa nascita da genitori schiavi alimentarono per tutta l’antichità questo fenomeno, all’origine di infrastrutture vitali per i contemporanei, così come di monumenti giunti fino ai nostri tempi.
Non solo l’Egitto dei Faraoni: la Grecia dei filosofi e la Roma antica, anche nella sua fase repubblicana, sono comunità che si poggiano saldamente sullo schiavismo, sebbene dall’ Antico Testamento alle pagine di Appiano inizi a comparire un fil rouge senza fine: la lotta degli schiavi per la propria libertà, una lotta di popoli interi nel caso ebraico o di individui e leader carismatici, si pensi a Spartaco.
Il cristianesimo, per il suo radicamento nell’impero romano, segnerà l’entrata in campo della religione e della morale, portando ad una prima messa in discussione della schiavitù classica, che si evolverà (e per certi aspetti si mimetizzerà) in condizioni più sfumate e meno percettibili. I secoli del medioevo conosceranno la schiavitù soprattutto come uno degli aspetti dellacontrapposizione tra islam e cristianità, e tra queste religioni e i popoli ancora pagani.
Tutt’altra rilevanza riassume lo schiavismo con le scoperte geografiche; mondi nuovi da sfruttare muovono i governi dei nascenti Stati nazionali affacciati sull’Atlantico a schiavizzare le popolazioni indigene americane e a fare dell’Africa sub-sahariana un mercato di acquisto per la manodopera destinata alle piantagioni di zucchero, tabacco, cotone, caffè e così via.
Popoli interi spariscono e altri sono trapiantati e rimescolati: una globalizzazione disordinata che lentamente vede intervenire nel dibattito sulla libertà non solo gli ecclesiastici ma anche gli intellettuali. L’abolizionismo poggia saldamente nell’illuminismo oltre che nella morale cristiana, e la rivoluzione americana, quella francese, nonché naturalmente la guerra di secessione sono eventi in cui il tema della libertà degli uomini gioca un ruolo determinante.