●●●○○
A quasi cinque anni di distanza da “Doesn’t play well with others”, Joey Cape torna sulle scene con un nuovo album solista. Arrivato ormai alla sua terza fatica in studio, “The Caper”, già frontman del gruppo skate punk “Lagwagon”, non è più solo il ragazzino con i capelli colorati di Santa Barbara, ma un uomo con un bagaglio sulle spalle e un’esperienza di vita segnata da alcune perdite importanti: quelle degli amici Derrick Plourde, ex batterista dei “Lagwagon”, e Tony Sly, cantante e chitarrista dei “No use for a Name”. Il risultato di questo percorso in costante divenire è “Stitch Puppy”, un disco estremamente personale, a tratti catartico. Uscito il 4 settembre per la Fat Wreck Records, l’album è l’espressione di una fase artistica di Cape in parte già anticipata dalla sua ultima produzione con i “Lagwagon”, “Hang”. Punto forte di questo nuovo lavoro è la grande capacità del (quasi) middle aged punk di immedesimarsi perfettamente nel suo ritrovato ruolo di cantautore. Perché in fondo questo è, Joey Cape: un artista che cerca di esprimere ciò che sente nel modo più semplice e naturale possibile, senza pretese o forzature. Le dieci tracce in cui si snoda “Stitch Puppy” sono un intreccio di parole e note dedicato all’età che avanza e alla morte, ma anche alla ricchezza nascosta dietro le costanti sfide della vita. In questo senso, non siamo davanti a un disco pessimista, anzi. I versi di Cape si concentrano sulla trasformazione dell’uomo da vittima degli eventi in guida, o meglio in testimone consapevole della doppiezza di questa realtà: a volte estremamente bella, altre terribilmente triste. Vera e propria musa di questo lavoro è il pupazzo Stitch, regalato a Cape dalla figlia e divenuto il centro di una riflessione esistenziale fatta suono. Questo intreccio di fili e cicatrici simboliche si sovrappone alla figura dell’autore come inno alla purezza e alla determinazione: un’immedesimazione che si esprime anche nell’artwork della copertina e nel video del singolo “This Life is Strange” dove Joey Cape viene ritratto nei panni della bambola verde. Sin da un primo ascolto si avverte come la composizione si sia fatta più matura, anche se in alcune tracce resta sicuramente forte il segno dei lavori precedenti (Cope, Moral Compass). Le melodie sono abbastanza curate, ma leggermente meno ricche rispetto a “Doesn’t play well with others” e resta la sensazione che dedicare un po’ più di tempo alla registrazione forse avrebbe portato a un salto di qualità. Nonostante il sound generalmente malinconico, il disco si rende comunque abbastanza versatile e può contare su molti momenti in cui è facile farsi trasportare dall’ascolto (This Life is Strange, Faultlines). Dopo l’apertura cupa e riflessiva di “Me the witness”, i ritmi si alzano grazie a “Gone Baby Gone” e “Spill My Guts” per poi sciogliersi di nuovo nella dolcezza di “Broken”. A chiudere la bellissima “Tracks”, che con i suoi arrangiamenti morbidi e profondi si conferma una delle tracce più riuscite dell’album. Nel complesso “Stitch Puppy” è un buon disco che cerca di trasmettere qualcosa in modo onesto e pulito, obiettivo che nell’odierno mercato musicale appare sempre meno scontato.
Tracklist:
- Me the Witness
- This Life is Strange
- Gone Baby Gone
- Spill My Guts (feat. Chris Creswell)
- St. Mary’s
- Broken
- Cope
- Faultlines
- Moral Compass
- Tracks