debutto giovedì 30 e venerdì 31 marzo Trieste,Teatro Stabile Sloveno, ore 20.30
Esercitare, in un’epoca troppo sbrigativa, la “memoria dell’oggi” è una delle mission principali del festival di Cinemazero Le Voci dell’Inchiesta, che festeggia la sua decima edizione tra il 5 e il 9 aprile a Pordenone. Ancora una volta lo sguardo è sulla più stretta attualità – dall’evoluzione geo-politica internazionale a ISIS e terrorismo, che sempre più invade anche l’Europa, dalle urgenze legate al mondo del lavoro ai cambiamenti epocali nella politica europea e italiana – il tutto raccontato e filtrato attraverso una selezione dei più applauditi e premiati documentari della scena internazionale, dove il reale irrompe con forza inusitata sugli schermi. Per cinque giorni Pordenone diviene nuovamente l’osservatorio privilegiato di quelle “realtà mai viste” selezionate nei più importanti festival internazionali al mondo, come IDFA, Sheffield Doc/Fest, Göteborg, Toronto, Tribeca, New York Doc, Berlinale, Sundance. Selezionati quest’anno 30 lungometraggi, di cui 22 in anteprima nazionale, tutti premiatissimi nei festival di genere.
Per i dieci anni del festival anche grandi omaggi all’inchiesta di casa nostra a partire da un inteso ricordo del quotidiano L’Ora di Palermo e dei sui protagonisti, a 25 anni dalla chiusura dello storico e battagliero giornale. Nella giornata inaugurale, mercoledì 5 aprile, proiezione di La corsa de L’Ora, film del 2017 del regista Antonio Bellia che racconta l’avventura del giornale negli anni della direzione di Vittorio Nisticò, tra il 1954 e il 1975. Ospiti due storici redattori de L’Ora, Francesco La Licata, uno dei testimoni delle pagine più nere del nostro Paese, e Marcello Sorgi che inizia la sua carriera a soli 18 anni proprio a L’Ora, attuale editorialista de La Stampa – che ha diretto per sette anni – e di Agorà, programma in onda su Rai3.
A maestri come Zavoli, Minà, Cavani, Gregoretti… già ospitati a Pordenone, si aggiunge quest’anno la retrospettiva in ricordo di un grandissimo del giornalismo d’inchiesta, Giuseppe – detto Joe – Marrazzo, classe 1928, divenuto soprattutto noto per le numerose inchieste su mafia e camorra. Partendo dalle sue inchieste, Marrazzo ha scritto diversi libri, tra cui il più famoso è Il camorrista (pubblicato nel 1984), in cui racconta la vita di Raffaele Cutolo, uno dei boss campani più influenti durante gli anni ’80. Lo scrittore Roberto Saviano ha dichiarato di essere debitore verso Marrazzo per parecchi spunti, nella scrittura del suo Gomorra. Da Il camorrista fu tratto nel 1986 l’omonimo film che segnò l’esordio cinematografico alla regia di Giuseppe Tornatore. Scompare a Roma nel 1985, all’età di 56 anni, a seguito di un’emorragia cerebrale. Un ricco parterre di amici, parenti e giornalisti parteciperà all’evento organizzato in suo onore nella serata inaugurale di mercoledì 5 aprile. Presenti i figli, i giornalisti Gianpiero e Piero (corrispondente Rai da Gerusalemme), lo scrittore e sceneggiatore Maurizio Braucci e il giornalista Sandro Ruotolo, che ha sempre inserito Marrazzo tra i suoi principali punti di riferimento professionali. Atteso anche un intervento in video del regista Giuseppe Tornatore.
A conclusione della serata inaugurale la proiezione di Robinu’, il film con cui Michele Santoro è tornato al ‘giornalismo puro’ con un toccante documentario, presentato all’ultima Mostra del Cinema di Venezia, sui baby-killer napoletani.
Per il focus ISIS e terrorismo tre i film in anteprima nazionale, a partire da The Confession, storia del cittadino inglese-pakistano Moazzam Begg, presunto estremista deportato a Guantanamo, dove rimane per oltre 4 anni prima di essere liberato senza nessuna accusa a suo carico. Il film del regista Ashish Ghadiali (Regno Unito, 2016) è il resoconto di prima mano del protagonista, che ora vive in Inghilterra senza poter abbandonare il Paese: ha fondato in Inghilterra “Cageprisoners” (Prigionieri in gabbia), ONG sostenuta da Amnesty International che si occupa dei combattenti islamici detenuti a Guantanamo. Nowhere to Hide è lo struggente racconto in prima persona di un infermiere iraqueno che, lavorando nell’ospedale di Jalawla, ha filmato le vittime della guerra nel corso di cinque anni. All’arrivo dell’ISIS è costretto a fuggire, figli sottobraccio, senza smettere di filmare… Ancora una prima italiana per Dugma: the button, documentario girato in Siria, dalla parte del fronte occupato dagli aspiranti kamikaze di al Nusra: possono i kamikaze essere persone come tutte le altre? Ecco un racconto per capire chi sono e cosa pensino pochi attimi prima della loro ultima “missione”.
Una riflessione di grande attualità è dedicata quest’anno ai nuovi fenomeni del “fare politica”. Dalla Scandinavia arriveranno la regista Matse Agren e la giovanissima Miranda, quattordicenne che siede nel parlamento Svedese, attivista di Destra, famosa per le sue battaglie contro l’immigrazione, che racconterà, di persona e su schermo, cosa significa costruirsi una carriera politica fin da giovanissima. E in un cammino a ritroso Lise Birk Pedersen con Tutti a casa darà il suo personalissimo punto di vista su Grillo e il Movimento 5 Stelle. Nel documentario in anteprima nazionale al festival, lo sguardo della regista danese – spesso unica testimone invitata a seguire incontri a porte chiuse tra i pentastellati e il loro leader – ci apre le porte ad innumerevoli dietro le quinte di un fenomeno che ha cambiato la politica italiana.
Lo sguardo di Francesco Munzi – uno dei grandi registi italiani di oggi – racconta, invece, nel suo Assalto al cielo – (presentato fuori concorso all’ ultima Mostra del Cinema di Venezia) la parabola dei ragazzi che animarono le lotte politiche extraparlamentari negli anni compresi tra il 1967 e il 1977 e che tra slanci e sogni, ma anche violenze e delitti, inseguirono l’idea della rivoluzione
Una tematica di urgente rilevanza come quella del lavoro è al centro di Merci Patron, documentario dell’anno in Francia, visto da oltre mezzo milione di spettatori nelle sale, in arrivo in anteprima a Pordenone. Il film-manifesto delle proteste contro la Loi Travail voluta dal ministro del lavoro Myriam El Khomri è firmato al regista François Ruffin, considerato vero e proprio Michel Moore francese.
Per riportare lo sguardo su un tema sempre di pressante attualità, le relazioni israeliano-palestinesi, non poteva mancare al festival il lavoro di Marco De Stefanis, italiano che produce da tempo in Olanda, che con il suo delicato Waiting for Giraffes, in anteprima nazionale a Pordenone, la toccante storia del veterinario dell’unico zoo palestinese, per un affresco sui rapporti tra i due Paesi. Da Israele, sempre in anteprima nazionale, arriva Forever Pure di Maya Zinsthein che racconta l’incredibile evoluzione della squadra di calcio Beitar Jerusalem, roccaforte del tifo e dei manifestanti della destra sionista più accesi: un film che con la scusa – e il fascino – dello sport, parla di razzismo, integrazione religiosa e politica internazionale.
Tutto il programma su www.voci-inchiesta.it
Andrea Forliano