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TRIESTE MOSAICO DI CULTURE 2017 GLI APPUNTAMENTI DI MARTEDì 16 MAGGIO 2017

TRIESTE MOSAICO DI CULTURE 2017 GLI APPUNTAMENTI DI MARTEDì 16 MAGGIO 2017

GLI APPUNTAMENTI DI MARTEDì 16 MAGGIO 2017

Ore 10.00 Visita all’Istituto Nautico “Tommaso di Savoia” inaugurata il 10 giugno del 1754 per volere dell’Imperatrice Maria Teresa, a cura del Vice-preside Bruno Zvech.  Incontro ore 09.50 in Piazza Attilio Hortis, 1.

Ore 12.00 Visita guidata “Storia e Folklore a Trieste, la sala dei tessuti e la  collezione artistica di  Stavropulos”con Rina Anna Rusconi e la guida civica del Museo di Storia Patria . Incontro alle ore 11.50 in via Imbriani, 11.

Ore 17.30 Sala Bobi Bazlen di Palazzo Gopcevich, via Rossini 4 – Conferenza su “La letteratura della Dalmazia” di Adolfo Mussafìa e Marcel Kušar . Traduzione, introduzione e note di Fulvio Senardi. Con un saggio di Alberto Brambilla del Gruppo di Ricerca della Sorbonne di Parigi. Libro Edito a cura dell’Istituto Giuliano di Storia, Cultura e Documentazione di Trieste e Gorizia. Uno dei rari testi, quello di Mussafìa, che trattano della letteratura italiana in Dalmazia, già pubblicato in quella straordinaria opera in più volumi ideata dal Principe Ereditario Rodolfo d’Asburgo dal titolo: “La monarchia austro-ungarica in parole e in immagini”. Presenta Rina Anna Rusconi, intervengono il Prof. Fulvio Senardi e il Prof. Luca Zorzenon

Il libro “La letteratura italiana in Dalmazia”

Il libro che invitiamo a leggere nella collana “Bibliotechina del curioso”  dell’«Istituto giuliano di storia cultura e documentazione di Trieste e Gorizia» dedicata a scritti rari o dimenticati, contiene una pagina del tutto obliata di (e sulla) storia della letteratura in lingua italiana della Dalmazia, a firma dello studioso spalatino Adolfo Mussafia (15 febbraio 1835 – 7 giugno 1905). Delle ragioni e del contesto in cui nasce il saggio mussafiano sulla Letteratura italiana di Dalmazia discutono ampiamente i due saggi che contornano il testo (o meglio, i testi, come poi si spiegherà). Il primo nasce dalla penna di chi firma questa presentazione, il secondo è frutto dell’impegno di Alberto Brambilla, del Gruppo di ricerca della Sorbonne parigina, oltre che autore di numerosi studi condotti, fra critica letteraria e filolologia, in vari campi della letteratura italiana, anche giuliana, di cui è appassionato cultore, e non ultimo in quello della letteratura che si è lasciata ispirare o ha voluto schierarsi a fianco dell’irredentismo: Parole come bandiere.

Andrà spiegato, in via preliminare, che il saggio di Mussafia vide per la prima volta la luce, in tedesco, come parte di un capitolo dedicato alle letterature della Dalmazia (quella italiana e quella slava) nell’opera in più volumi Die österreichisch-ungarische Monarchie in Wort un Bild (La monarchia austro-ungarica in parole e in immagini) ideata e pubblicata su stimolo del principe ereditario Rodolfo (lo sfortunato o sventato protagonista della tragedia di Mayerling, lui pure – lo si aggiunge come una piccola curiosità – fra gli studenti di italiano di Adolfo Mussafia). Tanto che al primo volume della serie, dedicato a Vienna, lo stesso Rodolfo premetterà una partecipata introduzione. Consumata la tragedia, i libri continueranno ad uscire, in tedesco e in ungherese (in omaggio al principio sancito dall’Ausgleich per cui tutto o quasi tutto – imperatore escluso naturalmente – doveva essere “duplice” in Austria-Ungheria), fino a quell’XI volume, edito nel 1892 che, dedicato alla Dalmazia, riserva due dei suoi 19 saggi alla letteratura. Ovvia la necessità di renderlo fruibile in italiano alla fine dell’Ottocento, sul giornale che era la voce più autorevole e seguita del Partito autonomista, il “Dalmata”, ed è lì infatti che apparve per la prima volta tradotto in italiano. Miccia per le polemiche che avvampavano allora tra dalmati di lingua e cultura italiana e dalmati slavi. Sarà ancora riproposto (prima di venir dimenticato) nel 1919 nel calore della polemica fra “dalmatomani” e “rinunciatari”, ovvero tra coloro che chiedevano il rispetto integrale della clausole del Patto di Londra e chi voleva invece reimpostare, accordandola sul nuovo contesto post-asburgico, la politica verso gli Slavi del Sud, in continuità con le basi poste dal Patto di Roma: il fuoco di copertura che la pamphlettistica poteva offrire agli opposti interessi apparve un rilevante valore aggiunto. Al focoso D’Annunzio rispondevano pacatamente con scritti ancor oggi apprezzabili Prezzolini (La Dalmazia, 1915, Libreria della «Voce», riportato all’ordine del giorno dal tormentone di Versailles) e Salvemini (Salvemini e Maranelli, La questione dell’Adriatico, 1919, Libreria della «Voce»). Facile arruolare il Mussafia, scomparso nel 1905, nella schiera di coloro che miravano al risultato più grande e più pericoloso.

Ora è possibile restituirlo ai lettori nel suo significato più vero, nella mia nuova traduzione, insieme al saggio che segue nel volume originale, il contributo sulla Lingua e letteratura serbocroata di Dalmazia del filologo croato Marcel Kušar (1858-1940), studioso di origine dalmata (nato ad Arbe – Rab) e di scuola viennese, docente di slavistica e germanistica in varie istituzioni scolastiche della Dalmazia (del cui idioma ciacavo [čakavski] è stato uno dei maggiori esperti), dove reggerà, prima del pensionamento, il liceo croato di Zara.

Consiglia l’accostamento dei due scritti, seguendo la traccia del volume “rodolfino”, oltre al sensato obiettivo di voler dare l’intero della letteratura dalmata nelle sue differenti declinazioni linguistico-culturali come lo concepivano gli ambienti di cultura dell’Impero sul finire dell’Ottocento, la natura particolare, in senso tanto politico-culturale che “generazionale” dei due saggi di Mussafia e Kušar. Ed è qui il suo più significativo valore ideologico-intellettuale: i due studiosi si dividono lo spazio dedicato alla letteratura della Dalmazia cercando di farne, come richiedeva l’etichetta ottocentesca del bon ton accademico, un terreno immune dalle tempeste della Storia, esente dai sotterfugi e dai colpi bassi delle rivendicazioni e delle polemiche che intanto ammorbavano il clima politico e civile della società dalmata. In realtà dai cieli di una apparente, rispettosa neutralità, discendono messaggi che, a saperli decifrare, esprimono molto bene l’insanabile conflitto dei due punti di vista che laceravano il panorama politico, ideologico e intellettuale della Dalmazia dell’ultimo Ottocento. La visione di Mussafia è ancora “tommaseana”, nella convinzione che l’identità dalmata, da difendere e conservare, consista in una irripetibile sintesi culturale e linguistica di latinità e slavità, e nella quale nessuno degli apporti, occidentale e orientale, può essere cancellato  senza tradire la Dalmazia e la sua storia. Per Kušar invece, già proiettato verso il mondo nuovo del nazionalismo tardo-ottocentesco e novecentesco, la Dalmazia è terra integralmente slava e in tale slavità deve riconoscersi, rifiutando ed emarginando ciò che di “straniero” (la lingua e la cultura italiana) è presente nel suo territorio. Sarà questa, come sappiamo, la ricetta vincente del nazionalismo slavo della costa orientale dell’Adriatico.

Andrea Forliano

About Andrea Forliano

Nato a Bari il 22/05/1978,vive a Trieste,di formazione umanistica sta completando il corso di laurea in Storia indirizzo contemporaneo,è da sempre appassionato di storia,viaggi,letteratura,politica internazionale e in costante ricerca di conoscere nuove culture.Inoltre segue l'attualità,il calcio,il cinema e il teatro

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