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Una colazione filosofica con i fantasmi

Colazione filosofica dedicata ai “fantasmi” stamattina al Teatro San Giorgio di Udine, quarto incontro di Diversipensieri, la rassegna di eventi organizzata dalla Sezione Friuli Venezia Giulia della Società Filosofica Italiana unitamente a CSS Teatro Stabile di Innovazione. Sono intervenute le studiose Beatrice Bonato e Claudia Furlanetto, accompagnate nella loro discussione dalle piacevoli letture degli attori Stefano Rizzardi e Gabriele Benedetti. Sapientemente calibrati tutti gli spunti e i riferimenti letterari, artistici e cinematografici.

Beatrice Bonato ha introdotto il tema del fantasma nella poesia, attraverso le letture di Jacopo da Lentini “Meravigliosa-mente” e “Amore è un desio che ven de core”: oggetto dell’amor cortese è il fantasma inteso come rapporto fra desiderio e immagine (“pinge la simile pintura, così, bella, facc’eo, che ‘nfra lo core meo porto la tua figura”).

Claudia Furlanetto invece, attraverso i brani di Henry James, Jacques Lacan e Sigmund Freud, descrive la struttura del fantasma perturbante: un fantasma che ci angoscia perchè ci è vicino, fa parte della nostra vita, spesso è come uno di famiglia. Viene portato ad esempio il dipinto di Magritte “La condizione umana” ove, grazie all’illusione ottica dovuta alla sovrapposizione del paesaggio sul cavalletto e di quello fuori dalla finestra, si assiste al continuo oscillare tra realtà e immaginazione. Un po’ come la condizione dell’uomo che non vede la realtà per ciò che è ma per come la vede la sua mente o anche nel caso del film di Amenabar “The Others” in cui la protagonista cerca di scacciare i fantasmi ma non ci riesce perchè il fantasma è lei stessa.

E anche con la Bonato ci si chiede se ci si debba liberare dal fantasma e come si possa farlo. Eppure il fantasma consente una mediazione con gli oggetti del desiderio, che fanno anche parte di noi e il patto –  non troppo segreto – è che noi non li distruggiamo e loro non ci distruggano. La soluzione può essere una pacifica convivenza: siamo come “Gli Ambasciatori” del dipinto di Hans Holbein, che ostentano sicurezza ma ad un’attenta osservazione (di lato) si può scorgere un opprimente teschio. Di certo la soluzione non è rifugiarsi nella “rete”, come teorizzato da Spike Jonze nel recente film “Her”. Innamorarsi di una “voce” è come innamorarsi di un fantasma e di sicuro fa meno paura rispetto ad amare una persona in carne e ossa.

Claudio Trevisan

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