L’equazione più elementare che esista oggi è “giovane uguale fannullone”. Lo dicono le statistiche, i giornali, le voci da bar che molte volte hanno più peso delle prime due fonti: i ragazzi delle nuove generazioni hanno la testa tra le nuvole e preferiscono il mondo della televisione alla vita vera. E quindi i dibattiti su quanto questi siano scansafatiche, svogliati, scialbi, menefreghisti e tanti altri bellissimi epiteti si sprecano, soprattutto su quella carta stampata che tanto i “nativi digitali” non si azzardano a toccare.
Certo è che, dal canto loro (nostro, dai, mi ci metto anch’io a pieno titolo), i giovani ci mettono del loro per non far ricredere chi li mette sotto accusa. Oramai, tantissimi portano su di sé le impronte del consumismo frenetico e dell’omologazione a tutti i costi, tanto che a vederli da vicino sembrano più manichini pseudo-viventi, animati dal “facciamo come fanno tutti” piuttosto che dal cervello, relegato a flipper di neuroni.
Con queste premesse, nemmeno un principe del foro del calibro di Cicerone saprebbe tirar fuori dalla melma la situazione generale della gioventù 2.0. Perché che cosa puoi dire di positivo di gente che pone come propri modelli i fantocci dei reality show o fa ore di coda in discoteca per farsi la foto con la Minetti, ex igenista dentale di Berlusconi, poi soubrette a Colorado e infine consigliere regionale in Lombardia? Ti viene da pensare se veramente in passato l’umanità intera ha sbagliato qualcosa, per meritarsi questo.
Sicuramente, paga il fatto di non aver creduto abbastanza nelle nuove generazioni. Perché per uno che preferisce passare le serate a guardare quei geni “incompresi” chiusi nella casa del Grande Fratello, ce ne sono altri cento che si impegnano ogni giorno nello studio, nello sport, in quelle piccole e grandi fatiche della vita. Sono quegli “sfigati” che sudano sui libri per dare il massimo nella verifica o esame del giorno dopo, dal liceo fino all’Università.
Non saranno la maggioranza, ma le perle più belle nascono da singoli granelli di sabbia dentro le cozze. E qui dentro studiano, si impegnano, si interessano e nella loro cronologia web hanno addirittura qualche sito internet d’informazione. Vera, s’intende. Come ultimi superstiti di una razza sempre più derisa, questi ragazzi si sentono gettati nel mucchio dei fannulloni, pelandroni, catalogati troppo frettolosamente da una società senza più anima, alimentando cosi frustazione senza valvole di sfogo.
Cosa fare, dunque? Salviamo il pezzo grosso dei giovani, relegando quelli che vogliono emergere lontano, in modo che non diano fastidio? Seguire una strada simile sarebbe la via più veloce per il suicidio collettivo, ma non bisogna darsi per vinti. Perché in mezzo a ipocondriaci teenager, si nasconde sempre uno che entra a scuola per imparare e non per scaldare la sedia. E se sono giuste le teorie della Selezione Naturale di Darwin, allora questi avranno sicuramente un ottima arma per sopravvivere in futuro.
Timothy Dissegna