Come capire le profonde differenze sociali che si presentano fra il nostro paese e la Germania, fra sistema e sistema? Si può partire dalle basi, dalle cose più semplici. L’arrivo. Una volta trasferiti in Germania, il primo passo da fare è registrarsi al comune di domicilio. E lì avanza nelle nostre menti il classico problema dell’aver a che fare con un ufficio pubblico, ovvero rimanere impantanati nell’inesorabile fango della burocrazia, oltretutto in un paese straniero la cui lingua si conosce poco o niente. E qui si presenta la prima sorpresa, trovare cioè allo sportello un impiegato competente, che cerca di farsi capire da uno straniero, e che risolve il vostro problema in 5 minuti. All’uscita dal comune, con il documento fresco di stampa fra le dita, il primo pensiero va alle corse fra gli innumerevoli sportelli degli uffici pubblici italiani, dove gli impiegati riescono comunque a non farsi capire neanche dagli stessi italiani. Affrontare il mondo del lavoro qui non è cosa semplice, ma già aver l’impressione che un potenziale datore di lavoro non stia per avere una crisi di nervi a vederci entrare nel suo ufficio col curriculum in mano, è un indicatore piuttosto importante. È importante anche capire la tassazione in questo paese. Ad esempio, su una busta paga di 1600 euro lordi, lo stato si trattiene all’incirca 450 euro. Ma come, verrà da chiedersi, perché andare a lavorare all’estero se il fisco si trattiene una percentuale tanto alta del mio stipendio? La risposta si trova proprio nella trattenuta: essa va ad alimentare un enorme motore assistenziale che, sebbene non sia infallibile, risulta fantascientifico per un cittadino italiano. Al di là di quello che può apparire all’occhio del turista, ad esempio strade sempre in buone condizioni, attraverso la tassazione si hanno già pagati cose come i lavori odontoiatrici ordinari, pulizie e carie, insieme a buona parte delle prestazioni mediche, anche specialistiche.
Certo, vi è una tassa per lo sviluppo della Germania est (una sorta di Cassa del Levante), e inoltre al momento dell’assunzione viene chiesto se si è cattolici, in quanto vi è una piccola imposta per finanziare la Chiesa Cattolica bavarese (tra l’altro, nel caso non la si volesse più pagare pare necessario procurarsi una bolla di scomunica). Però, entrando nell’ottica teutonica, si può capire come la cancelliera Merkel abbia insistito per imporci la famigerata ‘politica del rigore’, ignorando però che in Italia lo stato non è di supporto al cittadino, come nel suo paese, bensì lo stato è spesso il maggior ostacolo da superare per la costruzione di una vita e di una famiglia. Qua le tasse vengono pagate per lo sviluppo, l’assistenza, da noi per mantenere generazioni di sfaccendati che si sono dati il cambio, legislature dopo legislatura, alla camera dei deputati.
Volendo cercare di eguagliare, o almeno di avvicinare il nostro sistema assistenziale a quello tedesco non è sicuramente cosa facile: sarebbe necessario innanzitutto accantonare quella faciloneria squisitamente tricolore che caratterizza la mentalità dello Stato per quanto riguarda il servizio al cittadino. Probabilmente tagliando le spese inutili e adeguando la tassazione alle tasche del cittadino e delle aziende (senza cercare di uccidere la piccola impresa per pasturare la grande industria, perennemente in crisi) si riuscirebbe a fornire dei servizi adeguati e di qualità. Da questo punto di vista, la Guardia di Finanza sta encomiabilmente cercando e punendo chi approfitta senza averne diritto dell’assistenza dello Stato, ed è parallelamente a questo impegno che si dovrebbe cercare di procurare al cittadino ciò che gli spetta. Forse sarebbe sufficiente da parte di chi di dovere, averne effettivamente la voglia. Cercando di ottimizzare il nostro sistema assistenziale, ovvero restituire veramente al cittadino le sue tasse sotto forma di servizi, potrebbe essere un primo, fondamentale passo per ridare fiducia al cittadino e rilanciare il nostro paese dopo la crisi.
Il Bintar