Un giorno di notorietà, l’ebrezza di diventare argomento da social, il cinismo e l’apatia nel mostrare una situazione drammatica con la leggerezza di un selfie. Cosa sta succedendo alle persone? Troppo incentrate sul loro bisogno viscerale di apparire, anche solo per pochi attimi; milioni di meteore che si infiammano ad ogni costo, con ogni mezzo, per quei piccoli pollici all’insù. Non importa se quello squarcio di fama deriva dallo svuotamento completo dell’umanità. È il paradosso della modernità social, la ricerca ossessiva del più ampio consenso di umani possibili attraverso la disumanizzazione di qualsiasi evento. L’egocentrismo è il virus più diffuso degli ultimi anni, equamente distribuito nel genere, nell’età, nel ceto sociale. Quando si viene infettati da questo parassita muore ogni possibile senso del pudore e dell’etica, è il cimitero del buon senso e dell’empatia. Troppo spesso viviamo le situazioni attraverso la condivisione, la nostra immagine digitale vive molte più esperienze del nostro io reale. È il nostro avatar che va in vacanza, prova i piatti, partecipa ad eventi; noi siamo solo il braccio che gli occorre per rimanere vitale in quanto entità digitale. Asimov e i suoi successori predissero l’avvento delle macchine intelligenti, quali possibili antagonisti dell’umanità; ma forse non saranno i robot quelli che porteranno l’uomo all’estinzione. Forse la sua immagine speculare digitale ha già portato l’umanità all’eliminazione dell’umanità reale.
Carlo L.