Considerate le cattive condizioni meteo previste per il prossimo giovedì, il tradizionale “Processo e rogo de la Vecia” di metà quaresima, giunto alla 46° edizione, è stato posticipato a giovedì 22 marzo. Lo ha comunicato il presidente della ProPordenone Giuseppe Pedicini nel corso della conferenza stampa che si è tenuta in Municipio per presentare l’iniziativa.Piuttosto che un fantoccio, – ha ricordato il presidente – la “Vecia” di quest’anno è più una rappresentazione scenica che ha come titolo “ L’ano de la vecia in boleta e la gazza ladra” “costruita” sui testi di Arnaldo Grandi con le illustrazioni di Giorgio Altio e la composizione grafica del libretto che tradizionalmente che l’accompagna curato da Angelo Sedran. Dunque la rappresentazione satirica in dialetto pordenonese, verrà proposta tra una decina di giorni in piazza XX Settembre alle ore 20.30. Come consuetudine prima di subire il processo e lo scontato epilogo la “Vecia” fin dal primo mattino farà visita alle scuole, ai centri per anziani e un giro per le vie del centro, partendo poi alle 19 dal Municipio con al seguito il corteo preceduto dalla Filarmonica di Pordenone e dai figuranti dell’ASS Il Castello di Torre e del Gruppo Giovani ProPordenone, per raggiungere piazza XX Settembre. Il fantoccio è stato allestito dalla Pro Loco Chion-Tuttinsieme e la scenografia è curata da C.L.A.P.S. Alla presentazione dell’edizione 2018 sono intervenuti anche gli interpreti dei vari personaggi. Il sindaco Alessandro Ciriani ha ricordato che la ProPordenone organizzando la “Vecia” custodisce gli elementi delle nostra cultura e del nostro folklore nella sua accezione più nobile ed è condivisibile perché è una manifestazione di libertà, consente ai cittadini di esprimersi e di fustigare liberamente costumi e comportamenti non ortodossi. “Processo e rogo de la Vecia” è uno dei fatti folkloristici più interessanti del Friuli occidentale con una notevole diffusione nel passato, che dopo un periodo di appannamento è stato ripreso in modo definitivo dall’Associazione ProPordenone nel 1973. Si tratta di un rito con cui si ammettono pubblicamente gli errori commessi e si denuncia chi, nella società ha sbagliato, individuando nella “Vecia” il capro espiatorio a cui addossare tutto il male della comunità. Con la pronuncia della sentenza di colpevolezza e la condanna al rogo la rappresentazione assume significati legati alla propiziazione e alla fertilità.