Sorprendente, irriverente, talvolta inquietante. E’ Guintche, la performance di Marlene Monteiro Freitas, danzatrice e coreografa di Capo Verde, andata in scena al Palamostre di Udine per Teatro Contatto 33. Una danza ossessiva, fianchi che ondeggiano al ritmo penetrante di un tamburo: una sorta di danza tribale dove il corpo muovendosi dà vita a figure che si trasformano in continuazione, figure sfuggenti, che non si fanno catturare. Ecco che il corpo è il mezzo per la trasformazione e la trasfigurazione, il viso truccato in modo pesante e la bocca che si gonfia e si dilata danno vita a figure sempre diverse; proprio figure, perchè se un momento sembra che ci sia sul palco una donna subito dopo sembra esserci un animale. Ma quale…
Già nel nome è la spiegazione dello spettacolo: Guintche è una parola creola che si usa per indicare una continua mobilità ma è anche il nome di un volatile e significa anche prostituta. Una continua metamorfosi in cui la figura originaria pur mantenendo alcuni tratti riconoscibili è inserita all’interno di “un’ibridazione”. In questo modo la danza è il mezzo attraverso cui tutte le figure possono manifestarsi in modo libero anche se apparentemente incoerente, una specie di ordinata confusione.
Il risultato è uno spettacolo che lascia letteralmente a bocca aperta lo spettatore che, trascinato nel turbinio della velocità di trasformazione delle varie figure non riesce a catturare un’idea, un pensiero una sensazione che faccia da filo conduttore alla rappresentazione. Se comunque l’intento dell’autrice è quello di scioccare il pubblico in sala, il proposito riesce.
Maria Teresa Ruotolo