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Ucraina. Strage di randagi

In Ucraina, dove verranno giocati gli europei di calcio 2012, cani e gatti randagi vengono sterminati perché «danno fastidio ai turisti», si tratta di un fenomeno che si è aggravato negli ultimi tempi con l’avvicinarsi del Campionato Europeo di calcio.

«Il 13 novembre 2011 la Uefa e il ministro dell’Ambiente ucraino hanno detto che le uccisioni di randagi erano cessate, ma continuiamo a vedere e a filmare cani morti nelle strade e a soccorrere quelli sopravvissuti», dice all’Ansa Andrea Cisternino, fotografo italiano residente in Ucraina e delegato Oipa (Organizzazione Internazionale per la Protezione Animali), che da tempo ha denunciato l’accaduto.

Gli animali vengono uccisi di notte, quando nessuno vede e a farne le spese sono anche cani di proprietà. La morte avviene a colpi di arma da fuoco o, fra atroci sofferenze, con bocconi avvelenati, alcuni animali muoiono per asfissia dopo essere stati interrati, appena narcotizzati, in fosse poi ricoperte di cemento. Alcuni Tg hanno proposto immagini di forni crematori mobili nella città di Gorlovka. Il 6 gennaio scorso, fuori Kiev, sono bruciati sei rifugi che un volontario aveva costruito per i 40 randagi che nutriva e dei quali si prendeva cura.

Periodicamente vengono lanciati allarmi su possibili diffusioni di rabbia, spingendo i cittadini a contribuire all’uccisione degli animali ma secondo Cisternino «serve per fare terrorismo mediatico, per indurre anche la popolazione a fare il lavoro sporco».

Eppure «un’alternativa al massacro esiste: aiutare i volontari», sostiene Cisternino. «Le autorità ucraine devono sedersi a un tavolo con gli animalisti. I sindaci devono ascoltarli e dare loro una mano. I volontari hanno le strutture dove ospitare i cani, possono risolvere il problema».

Per il delegato dell’Oipa anche gli italiani possono contribuire alla causa: «I tifosi italiani, come quelli tedeschi, espongano alle finestre striscioni con scritto «stop al massacro in Ucraina», un  modo per dare visibilità al problema e convincere le autorità ucraine a dialogare con gli animalisti».

 

Giulia Gangi

 




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