“…. Le ruote anteriori della mia piccola Honda argentata si arrampicavano su per la montagna. Mentre le mani seguivano la strada e le curve, la mente tornava in laboratorio. Filamenti di DNA si avvolgevano e volteggiavano nell’aria: immagini di molecole elettrificate colorate di rosa e blu scuro riuscivano a infilarsi tra i miei occhi e la strada (..)
Ero in discesa e la macchina si infilò a ruota libera in una curva. Mi fermai. Un gigantesco ramo di ippocastano sporgente strusciò sul finestrino… frugai nello sportellino dei guanti e trovai una busta e una matita… All’altezza della pietra miliare 46.58, sulla Highway 128, stava per affacciarsi l’era della PCR. Ne ero certo. Mi misi a scrivere in fretta e spezzai la mina…”
In una calda notte di maggio, percorrendo il tragitto alla volta del suo chalet di Mendocino nella Anderson Valley in California lo scienziato americano Kary Mullis intuì la reazione a catena della polimerasi, metodo innovativo quanto semplice che ha permesso di ricostruire in vitro uno specifico passaggio della duplicazione cellulare, ovvero la sintesi (o ricostruzione) di un segmento a doppia elica di DNA a partire la un singolo filamento.
Questo è quanto l’eccentrico biochimico americano, racconta nella sua autobiografia “Ballando nudi nel campo della mente”. La scoperta gli fruttò il premio Nobel per la chimica nel 1993.
Un evento rivoluzionario che ha trovato applicazioni e impieghi in svariati campi della medicina e della biologia: genetica, microbiologia, biologia molecolare e virologia, medicina forense, in oncologia, in botanica e*/=in zoologia, in tutte quelle discipline che hanno in qualche modo a che fare con le scienze della vita.
L’ipocrisia è in sostanziale antitesi a qualsiasi argomento trattato nel libro.
Appassionato di surf, di astrofisica, di biochimica, ma anche di astrologia consiglia agli psicologi di studiare e tenere in considerazione l’allineamento dei pianeti nel tema natale dei loro pazienti. Definisce quelli che si occupano di salute mentale soggetti che di solito ”hanno bisogno di più di aiuto di quello che possono offrire”.
Ribelle ed egocentrico, supportato da una mente brillantemente poliedrica: il verbo “sperimentare”è quello che più si attaglia a definire, tant’è che ha fatto della sua stessa esistenza uno spazio temporale per sperimentare.
Affatto propenso a dare per assodato ciò che è convenzionalmente accettato, volle provare da sé e su di sé reazioni, emozioni e sensazioni attraverso le quali allargare lo sguardo sull’invisibile per accedere a stati emotivi “altri” indotti anche da sostanze allucinogene.
Salì alle cronache anche il suo studio di approfondimento sul virus HIV che riteneva potesse essere disgiunto e quindi non necessariamente la causa della malattia dell’AIDS. Mullis cercò di contestualizzare l’AIDS negli anni in cui si manifestò e fece notare che una parte di umani stava sperimentando un nuovo stile di vita caratterizzato da rapporti di grande promiscuità che avrebbero immunodepresso i sistemi immunitari, creando anche un ottimale terreno di coltura per il virus HIV che di per sé è solo un virus.
Teoria questa che certamente non piacque alle grandi case farmaceutiche.
Nel libro s’intravede un rapporto di grande complicità con la madre e l’amatissima compagna della vita, Nancy Lier Cosgrove Mullis, alla quale dedica il volume.