Domenica 19 febbraio, una mattinata all’insegna della filosofia a Udine.
Un folto pubblico di appassionati ha partecipato a Casa Cavazzini, splendida sede del Museo d’arte Moderna e Contemporanea al dialogo su “Speculazione e felicità”, nell’ambito del progetto “Filosofia in città 2017 e Filosofia e città- scuole” ideato da Beatrice Bonato ed Enrico Petris per la sezione FVG della Società Filosofica Italiana.
Protagonisti dell’incontro Platone e Socrate su cui si sono misurati, con preziosi spunti da letture tratte dall'”Alcibiade primo” e da un testo di Alessandro Biral, gli studiosi udinesi di adozione, Salvatore Lavecchia e Filiberto Battistin.
Lavecchia plaude agli individui felici, nell’accezione greco-latina del termine (indicante l’avere un buon destino, la rigogliosità, la prosperità), i quali hanno la capacità di produrre relazioni armoniche nelle quali tutti i termini coinvolti riescono a manifestare la loro natura autentica, specchio dinamico in cui riflettersi per attingere luce generativa e così modellare la realtà per farne un kosmos, una sinfonia armonica. Una consonanza di voci che esalta l’identità di ogni singola voce.
Per Battistin ” il meglio di Platone è che ti inchioda su quello che sei”. Tutti noi, in principio, siamo l’ombra di noi stessi, tutti noi nasciamo in una caverna, tutti noi siamo legati da catene. Egli, rampollo di una famiglia aristocratica, fu liberato da Socrate, che non è da meno: “ti chiede se la vita che stai vivendo sia la migliore” o se stai vivendo una vita in prestito, copiando un modello senza essere se stesso. L’enigma del “conosci te stesso” viene risolto da Socrate “imparando dagli uomini di città”. Socrate è paragonato a una levatrice, egli fa partorire la verità di noi stessi, nonostante così si scopra la cruda bruttezza interiore, il “marciume” da cui siamo appesantiti, resi turpi.
Impegno a conoscersi che secondo Battistin, non ha mai termine: mai ci si può sentire arrivati.
Vivace il dibattito finale con il pubblico, piacevoli gli intermezzi musicali curati dal quartetto d’archi del Conservatorio Tomadini sulle musiche di Daniele Russo.
Luca Trevisan