Si è tenuta mercoledì 27 marzo, presso Il Centro Iniziative Culturali di Pordenone, la presentazione del libro “Figli a colori” scritto dalla giornalista e operatrice culturale Martina Ghersetti. A introdurre l’incontro Laura Zuzzi, Presidente dell’Istituto Regionale di Studi Europei del Friuli Venezia Giulia. Alla presentazione è seguita la lettura di alcuni dei racconti contenuti nel libro, eseguita dall’attrice Carla Manzon, con i commenti a caldo da parte dei giovani autori. L’idea del libro, ha spiegato l’autrice, è nata circa un decennio fa. Nel 2002, infatti, pubblica l’opera “Donne a colori. Immigrazione al femminile e cultura dell’accoglienza”, dedicata a storie di immigrazione, spesso travagliate, vissute dalle donne. Da allora ha dirottato i suoi interessi verso il tema dell’immigrazione ed è nata la voglia di raccontare le vite dei ragazzi di cosiddetta seconda generazione, dei figli delle persone immigrate nel nostro Paese a cavallo tra gli anni Ottanta e Novanta. Nel 2007 alle storie di questi immigrati riserva una pagina sulla rivista “La città”, iniziativa che riscuote molto successo. Il passo successivo è il libro “Figli a colori”. I ritratti che la Ghersetti raccoglie sono 23, appartenenti a 4 ragazzi e 19 ragazze provenienti da tutto il mondo: Cina, Bangladesh, Colombia, Nigeria, Burkina Faso, Togo, Venezuela, Angola, Etiopia, Marocco, Congo, Ucraina Romania, Polonia e molte altre realtà. Uno spaccato delle giovani generazioni che abbraccia numerosi paesi, con culture, tradizioni e identità differenti. Martina Ghersetti è riuscita a trasmetterci la voce dei protagonisti, eliminando ogni filtro intermedio. “Le ragazze si raccontano più facilmente dei ragazzi” – ha proseguito –. “Si tratta di storie spesso travolgenti, che captano l’attenzione del lettore. Non mi interessava il risvolto giornalistico di queste storie, la semplice concatenazione dei fatti, mi premeva invece che emergesse la personalità dei protagonisti. Per questo ho cercato di rimanere il più fedele possibile al racconto fatto da loro stessi”. Come è emerso dall’incontro il narrare, il raccontarsi è un atto importante per acquisire coscienza di sé, un qualcosa, come ha sottolineato una delle ragazze presenti in sala, “che ti fa sentire importante, perché lasciare una traccia di sé ti permette di non essere invisibile”. “Ciò mi preme evidenziare” – ha affermato l’autrice – “è che non sono andata alla ricerca di storie esemplari, di storie di eccellenza, bensì mi interessava raccogliere fatti comuni di ragazzi comuni. Ho avvicinato studenti che frequentano le scuole del pordenonese per mostrare come si sono inseriti nel contesto scolastico, come hanno relazionato con i compagni, come hanno affrontato le dinamiche di inserimento”. Per realizzare le interviste, sui cui poi ha costruito le narrazioni, un ausilio fondamentale è stato offerto dagli insegnanti che hanno fatto da tramite tra l’autrice e i ragazzi. I ragazzi protagonisti del libro sono giovani che spesso rivelano identità complesse a contatto con un mondo e una società in evoluzione, ma che dimostrano impegno nello studio, volontà di emergere nello sport, progetti di vita futuri. “Giovani che, rispetto ai nostri figli” – ha commentato Laura Zuzzi – “sono molto propositivi, per il fatto che hanno vissuto sulla loro pelle vicissitudini familiari molto difficili che li hanno spinti a maturare prima dei loro coetanei italiani”. Ma qual è il ritratto dell’Italia che emerge da questi racconti? Un Giano bifronte, si potrebbe dire, un Paese con possibilità di seguire percorsi formativi e lavorativi tra i più diversi, con un patrimonio culturale da far invidia a tutto il mondo, ma un Paese anche “ottuso”, chiuso nei pregiudizi, incapace di mettere in moto il cambiamento. Come è stato evidenziato dai protagonisti del dibattito la scuola è il vero crocevia in termini di integrazione, il tramite attraverso cui necessariamente transitano i processi di interazione sociale. Laura Zuzzi, a conclusione della presentazione, ha affermato che “dobbiamo aumentare il nostro sforzo per difendere i progetti e le iniziative che riguardano l’immigrazione, l’integrazione giovanile e la multiculturalità”.
Vito Digiorgio