Come assessora alle pari opportunità e referente del tavolo per le politiche di genere di Anci Fvg, vorrei fare una riflessione su quanto avvenuto a San Daniele e Lignano, dove un gruppo di giovani ha di fatto inneggiato allo stupro, considerandolo una cosa non solo accettabile e lecita, ma anche divertente.
Per quanto la cosa abbia fatto scalpore non me ne stupisco, perché chi si occupa di parità di genere e violenza conosce benissimo la situazione italiana, dove è ancora imperante una cultura maschilista e misogina, sia latente, che espressa, a tutti i livelli della società e in tutti gli ambiti.
Questo triste fatto arrivato alla ribalta della cronaca è solo la punta dell’iceberg, di quella che gli esperti chiamano “la cultura dello stupro”. Non solo una mentalità, ma una vera e proprio sistema di pensiero, che tutt’oggi permea la nostra società, dal Nord al Sud, in tutte le classi sociali. La ritroviamo nelle frasi come “se l’è cercata”, “era ubriaca”, “chissà come era vestita”, “ma cosa ci faceva di notte da sola in quel posto”; la troviamo nelle modalità con le quali i media raccontano di stupri, avvenuti anche in casi di minorenni come negli ultimi bruttissimi fatti di cronaca, dove la responsabilità viene ricondotta alla vittima e non allo stupratore.
Cosa possiamo fare noi per combattere questa cultura dello stupro? Noi come società intera, e in primo luogo come amministratori e amministratrici, rappresentanti dunque di questa società.
La prima cosa che dobbiamo fare è metterci tutti in discussione, come società nel suo complesso, con le sue strutture educative, coi suoi modelli culturali, con i suoi mezzi di comunicazione e con tutto quello a cui accedono i giovani: videogiochi, libri, film, pubblicità, canzoni.
Dobbiamo riflettere anche sull’esempio che viene da personalità di spicco, sia nel mondo dell’intrattenimento, sia nel mondo della politica, che vede le donne attaccate per via del loro genere con offese sessiste che toccano la sfera personale, e non attraverso un sano contraddittorio dialettico e di pensiero.
Se questi ragazzi si sono espressi in questo modo pubblicamente, trovando anche sponda in qualche coetanea – non dimentichiamo che nemmeno le donne sono esenti dalla cultura delle stupro, persino le più giovani – se nessuno si è accorto della gravità di questo modo di esprimersi, se nessuno ha ritenuto dire niente davanti alla manifestazione di questo pensiero – a eccezione di poche, coraggiose ragazze, che in cambio hanno ricevuto pesanti offese, neanche a dirlo, sessiste, dobbiamo porci delle domande: qual è la considerazione della donna che viene proposta nella nostra società? Quali sono le azioni da mettere in campo per evitare e prevenire situazioni di questo genere, che sono prodromiche a reali vessazioni, umiliazioni, discriminazioni, molestie e violenze che le donne subiscono ogni giorno?
Alla base di tutto ciò c’è la considerazione della donna, come di un oggetto sessuale a disposizione del piacere maschile, da sottomettere, dominare e controllare. C’è il concetto di supremazia, superiorità, dominio. Concetto ampiamente veicolato da molti media in maniera esplicita ed evidente, ma anche meno evidente e più subdola. Manca la cultura del consenso. E’ proprio di questi giorni l’avvio della campagna di Amnesty International #iolochiedo, che parte da un assuntomolto chiaro: il sesso senza consenso è stupro.
Dobbiamo dunque agire nell’ambito culturale, a tutti i livelli, per promuovere una cultura del rispetto, della parità e del valore delle donne. Un lavoro più difficile e certo più faticoso, delle giuste condanne a posteriori, ma che va fatto. Bene dunque la chiara presa di posizione del sindaco di San Daniele e bene l’iniziativa al Kursaal con le assessore di Lignano e Udine.
In tutto questo, la comunicazione e il linguaggio hanno un ruolo fondamentale. Mi piace ricordare che proprio in questi giorni “Carta di Pordenone – media e rappresentazione di genere”, protocollo aperto alla firma e all’impegno di ogni ente che desidera aderire, compie 5 anni. Perché, lo sappiamo bene, è il pensiero, con le sue espressioni formali, a creare la realtà. Se vogliamo cambiare la realtà dobbiamo cominciare da qui.
L’invito è dunque quello di mantenere la massima attenzione nell’intercettare e nel prevenire qualsiasi espressione di pregiudizio, stereotipo o discriminazione di genere, mettendo in campo anche azioni positive in questo senso. Le iniziative, anche a livello nazionale a cui aderire non mancano e come Friuli Venezia Giulia, regione che si è dimostrata particolarmente sensibile e attenta in questo campo, possiamo creare assieme un modello, lavorando a progetti comuni e condivisi. Io sono in tal senso a disposizione.
Guglielmina Cucci
Assessora alle Pari opportunità Comune di Pordenone
Referente del tavolo politiche di genere Anci Fvg