La recensione del giallo di Jean-Luc Bannalec
Siamo a Concarneu, la “maestosa città blu” della Bretagna nel Dipartimento del Finistère, la “finis terrae”, come avevano chiamato i romani la parte più esterna della penisola che si protrae nell’Atlantico, ma per i celti, abitanti del luogo, questa terra è “penn ar bed”, il capo del mondo, l’inizio di tutto. Come ogni mattina, il Commissario Dupin, autentico parigino, da qualche anno trasferito in Bretagna, a causa di qualche “piccola incomprensione” con i suoi superiori, si trova all’Amiral, il suo locale preferito, dove aveva alloggiato il Commissario Maigret, per il solto caffè e la lettura dei quotidiani dell’Ouest – France.
E’ una calda e soleggiata mattinata di luglio, l’oceano è stupendo, ma l’atmosfera magica viene interrotta da una telefonata dal Commissariato: nella notte è stato brutalmente accoltellato un uomo nella vicina Pont Aven.
La vittima è Pierre – Louis Pennec, uno stimato e noto albergatore della zona, proprietario del mitico Hotel Central, una vera istituzione per i bretoni. Un omicidio inspiegabile in questa nota località turistica, menzionata in ogni guida di Francia e in ogni volume di storia moderna, non solo per la bellezza dei luoghi, ma soprattutto perché questo pittoresco villaggio alla fine dell’’800 era divenuto celebre per la sua colonia d’artisti tra i quali Paul Gaugain che, grazie alla generosa ospitalità di alcuni albergatori, tra cui la nonna di Pierre – Louis, Marie Jeanne Pennec, trovarono ispirazione nella ricerca del primitivo, del semplice, in quello che definirono “il più grande atelier a cielo aperto”.
Dupin sa che deve risolvere il caso velocemente: la stagione estiva è cominciata, e un omicidio del genere in quel periodo dell’anno non giova certo alla tranquillità dei turisti che popolano questi villaggi nel desiderio di trascorrere le settimane più belle dell’anno. Inoltre il caso, data la notorietà della vittima, avrà una rilevanza nazionale, senza tenere conto che gli eventi hanno scosso profondamente la gente del luogo così legata alle proprie tradizioni.
Si sposta da un villaggio all’altro, beve caffè, passeggia in prossimità del porto, lungo le sponde dell’Aven, va in giro per le foreste incantate di querce e faggi ricoperti di vischio ed edera. Annota appunti disordinati, schizzi e schemi incomprensibili persino a lui stesso sul suo fedele taccuino Clairefontaine dalla copertina rosso fiammante, formato A5 senza righe, per sfuggire alla confusione e alla stanchezza, nel tentativo di riordinare i pensieri, di avere un’illuminazione e fare luce su questo misterioso intrigo dove tutti mentono pur di coprire un grande segreto.
Lui, Dupin, non lo vuole ammettere ma nel suo intimo un po’ bretone si sente. Nessun luogo lo aveva mai fatto sentire così libero, pur con la consapevolezza che dagli abitanti del luogo sarebbe sempre stato considerato un “forestiero”.
Una perfetta miscela di suspense e atmosfera bretone che sa di mare, onde e caffè, un bel giallo per gli amanti delle inchieste alla “vecchia maniera“, per questo commissario già battezzato il nuovo Maigret, che racconta di luoghi magici, dove è impossibile non desiderare di recarsi immediatamente all’Ar Men Du o di ritornarci al più presto.
Jeanne Luc Bannalec è lo pseudonimo di uno scrittore tedesco che ha avuto grande successo di pubblico e critica in Germania, con una serie di gialli che hanno come protagonista il Commissario Dupin. Vive tra la Germania e la Bretagna, sua seconda casa, che definisce come la “macchiolina di terra più felice che conosca”.