La giovane scrittrice ripercorre le tappe della malattia di cui è stata vittima
Sabato 24 marzo alla Libreria Lovat di Villorba (Tv) Marcella Pau, classe 1975, educatrice di origini sarde ma trasferitasi a Treviso per motivi di lavoro, ha presentato il suo romanzo d’esordio Sfumature quotidiane. Nel suo romanzo autobiografico Marcella ripercorre le tappe della malattia contratta nel 2005. La decisione di ripercorrere le fasi della malattia attraverso la scrittura è stato sofferta, ma in qualche modo dovuta. L’autrice ha dato conto delle motivazioni che l’hanno spinta ad intraprendere questo viaggio nella narrazione per dar voce alla sua esperienza.
A esordio del suo intervento Marcella precisa: “Io ho sempre avuto un buon rapporto con la scrittura, ma la scrittura non ha avuto un buon rapporto con me”. Se la passione per la scrittura è un qualcosa che l’ha accompagnata nell’arco della sua vita, solo in quella tormentata fase della sua esistenza ha potuto apprendere cosa in realtà significasse e implicasse lo stendere su carta i propri pensieri. La scrittura è sinonimo di impegno, coerenza, rilettura, correzione; con lo scritto si cerca di dare un ordine al flusso dei pensieri, a ciò che per sua natura non ha ordine e coerenza. Con l’inizio della terapia Marcella ha avuto modo di ricostruire il suo rapporto con la scrittura; avendo a disposizione molto tempo, vi si è gettata a capofitto, familiarizzando ben presto con le correzioni, le riscritture, le cancellazioni, affinando sempre più i ferri del mestiere.
L’idea di affidare allo scritto la sua esperienza nasce dalla necessità di trovare delle risposte ai quesiti esistenziali che la tormentano. Solo tuffandosi nella scrittura può ritrovare il senso della vita, appagare la sua dimensione più propriamente introspettiva e spirituale. Non trovando soddisfazione nelle risposte umane, si affida al potere salvifico della parola scritta.
Il romanzo si configura come un’esplorazione alla ricerca di sé, un viaggio verso l’ignoto alla scoperta di chi si è realmente. Nel suo indubbio valore terapeutico, di gestione delle emozioni, la scrittura diviene strumento per rimettere insieme i cocci di un’esistenza che si stava sgretolando, i frammenti sparsi di un io disgregato.
Se con l’irrompere della malattia si verifica nella protagonista l’appiattimento di tutte le dimensioni temporali sul presente, poiché il futuro diviene quanto mai incerto e nebuloso, la stesura del suo romanzo le ha permesso di ritrovare il bandolo della matassa, delineando la giusta collocazione temporale del passato, concentrandosi interamente sul presente e proiettando una luce di speranza sul futuro.
Se la scrittura ha avuto un effetto catartico e consolatorio, “è solo con la rilettura – ammette l’autrice – che ho preso piena consapevolezza del punto in cui mi aveva condotto questo percorso esistenziale segnato dal tumore”. Marcella ha scopeto di essere una persona fragile, ma ha ritrovato una forza tale da poter proseguire quel cammino interrotto maldestramente dalla malattia.
La protagonista del romanzo non si affida a facili consolazioni, tanto che anche l’appello a dio diviene quasi espediente narrativo per rivolgersi alla parte più nascosta di sé, alla sfera più intima e spirituale. Dio non è visto tanto come entità esterna, quanto come pura forza interiore. È come se la divinità, che tutto trascende, si frantumasse in ciascuno di noi. Solo la natura sembra essere vera testimone del dolore della protagonista. L’io lirico si sente parte integrante del cosmo, vi è quasi un’immersione panteistica nella natura. Scrive Marcella: “mi sembra di essere un filo d’erba o una goccia d’acqua, mi sento come una particella d’infinito e il mio corpo sembra perdere i suoi limiti per divenire terra così profumata e ricca di vita”.
Nonostante la malattia metta a dura prova Marcella, sia fisicamente che psicologicamente, essa non si traduce mai in solitudine. Dal romanzo si evince il legame profondo nato con altre donne, vittime dello stesso male e delle stesse devastanti terapie. La nostalgia per la vita precedente alla malattia affiora qua e là tra le righe, ma emerge soprattutto una grande forza e decisione di affrontare il momento presente. Quelle ritratte da Marcella sono donne forti, estremamente volitive, che non rifuggono dai legami con gli altri, dagli impegni della vita quotidiana, dalla dignità e dalla femminilità. In un’esistenza in cui si è incistata la malattia, le giornate assumono colori e sfumature
diverse; nel caos e nel disordine l’esistenza si tinge di sfumature sconosciute, evocative di stati d’animo e situazioni diverse. Il colore sintetizza l’emozione, lo stato interiore del momento e si arricchisce di valenze simboliche. In questo caleidoscopio si alternano il grigio delle corsie d’ospedale, le tinte acquerellate della natura, i colori della femminilità, dei fiocchi, delle parrucche, i colori sbiaditi dell’ignoto, la vivezza degli oggetti quotidiani che ci circondano. Non è solo il grigio il colore dominante, anche la luce di candelina in un giorno di compleanno può simboleggiare un barlume di speranza. La malattia ridefinisce e ridisegna i colori della nostra esistenza.
Sfumature quotidiane vuole essere un messaggio di speranza per tutti colori coloro che incontrano il buio in un momento qualunque dell’esistenza. È un libro rivolto a coloro che circondano le persone colpite dal male, nella convinzione che i rapporti sinceri resistano ad ogni scalfittura, permangano nel tempo e si fortifichino proprio nei passaggi più dolorosi del percorso esistenziale. Ogni istante della vita, ci insegna la protagonista, va vissuto in tutta la sua pienezza, ogni giorno è un dono prezioso che va custodito gelosamente e di cui dovremmo in qualche modo rendere grazie.
Vito Digiorgio
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