Dalla banlieau (la periferia dei grandi centri abitati francesi) al Brasile con le sue favelas, dall’ hip hop alla capoeira: ecco cos’è la Compagnie Käfig. Un’esperienza unica e travolgente, dove hip-hop, capoeira, samba, musica elettronica e bossanova si mescolano armoniosamente per far emergere una danza dalle acrobazie sbalorditive, piene di energia e di inventiva. Uno spettacolo per gli occhi e per i sensi, grazie agli “effetti speciali” che sono in grado di regalare gli hip-hoppers Käfig. La frizzante e sorprendente compagnia franco-magrebina presenterà sabato 16 marzo, in esclusiva regionale al teatro Verdi di Gorizia, la creazione nata dall’incontro tra il ballerino e coreografo Mourad Merzouki (direttore artistico e fondatore del gruppo) con i ballerini della Companhia Urbana de Dança di Rio, dove il vissuto nelle favelas degli 11 dancers brasiliani in scena rivela una singolare affinità con le storie di emarginazione dei ragazzi della Compagnie Käfig e con la loro voglia di esprimersi con energia e gusto del gioco. Lo spettacolo si articola in due coreografie diverse: Agwa, una corsa trepidante, frenetica, ispirata al ritmo ossessivo che scandisce la vita nel mondo occidentale, in continua lotta contro il tempo e Correria, nella quale si ritrova l’hip-hop intenso e rude dei danzatori brasiliani, che “diluiscono” e mescolano armoniosamente hip-hop, capoeira, samba, musica elettronica e bossanova. La Companhia Urbana de Dança di Rio de Janeiro è formata da undici ragazzi, tutti provenienti dalla vita di strada, che cercano di dimenticare le favelas danzando la capoeira o l’hip-hop per puro piacere e per guadagnare un po’ di danaro. Nel 2007, Guy Darmet, direttore della Biennale di Lione, ha pensato di metterli in contatto con Mourad Merzouki, considerato il miglior coreografo di hip-hop in Francia. Le due compagnie hanno lavorato insieme a Rio per inventare un primo spettacolo dal titolo Agwa. «Ho scelto il tema dell’acqua – ha spiegato il coreografo Mourad Merzouki – perché è un elemento universale e permette di sfuggire dagli eterni cliché pietistici riguardo i ragazzi di strada. C’era un ambiente formidabile a Rio, ma mancavano sempre ragazzi agli orari delle prove e potevano anche impiegare due ore per uno studio di quattro minuti. Così siamo giunti alla decisione di far salire gli undici ragazzi sull’aereo per condurli in Francia a lavorare allo spettacolo che poi abbiamo presentato alla Biennale di Lione».