C’è tempo solo fino al 4 novembre 2012 per visitare la mostra allestita a Villa Manin di Passariano dal suggestivo titolo “Il teatro alla Moda. Costumi di scena. Grandi stilisti”.
Un titolo che non è stato scelto per caso, ma si dimostra un chiaro omaggio al testo Il Teatro alla Moda di Benedetto Marcello, libello satirico sul teatro lirico risalente al 1720.
La mostra, curata da Pierangela Gemignani e Lara Alberti, giunge a Passariano dopo aver riscosso un grande successo a Roma, presso il Museo della Fondazione Roma, a Brescia ai Musei Mazzucchelli, a Milano a Palazzo Morando e a Los Angeles-Beverly Hills. Una grande occasione viene offerta quindi, non solo agli appassionati di moda, ma anche a tutti coloro che amano il teatro e vogliono comprendere quella relazione così unica ed elegante che lega gli abiti di scena alla storia e ai valori delle Case di moda italiane.
Il rapporto tra Alta Moda e Teatro inizia già nella seconda metà dell’Ottocento con le creazioni per la scena di Charles Frederick Worth – a cui si fa risalire l’origine dell’haute couture – e Paul Poiret, considerato il primo creatore di moda in senso moderno, ma si rafforza nel 1924 con la realizzazione dei disegni per i costumi per Le Train Bleu di Coco Chanel richiesti da Sergej Pavlovic Djagilev.
Nel corso del XX secolo, l’affascinante liason tra moda e teatro si consolida e, grazie all’allestimento di grandi eventi-spettacolo, il coinvolgimento dei nomi della moda si fa sempre più stretto. A partire dal 1980, si ritrovano sui cartelloni delle più conosciute compagnie di opera e di balletto anche i nomi degli stilisti italiani come Balestra, Fendi, Ferretti e Prada.
I grandi spazi di Villa Manin ospitano oggi una selezione delle più prestigiose collezioni teatrali di Gianni Versace, Valentino, Roberto Capucci, Enrico Coveri, Antonio Marras, Missoni, Emanuel Ungaro e Romeo Gigli.
Ogni sezione descrive, attraverso bozzetti, disegni e abiti – vere e proprie opere d’arte – la particolare interpretazione di uno stilista per il teatro.
I costumi creati da Valentino per l’opera contemporanea in due atti The Dream of Valentino presentata nel 1994 in prima mondiale al Kennedy Center di Washington D.C., si ispirano alla cultura degli anni ’20; anche Enrico Coveri rievoca il clima degli stessi anni con riferimenti all’art déco, al jazz e al charleston per Il Grande Gatsby, andato in scena nel 2000 al Teatro alla Scala di Milano.
Lo sguardo di Versace, invece, si apre ad una libertà totale quando realizza costumi per il teatro: la collaborazione con Maurice Bejart, Bob Wilson, Roland Petit, John Cox e William Forsythe gli offre la possibilità di reinventare il passato, rimanendo sempre fedele alla tradizione. Alla mostra sono presentati i costumi realizzati nel 1984 per il Don Pasquale di Donizzetti.
Le suggestioni, il mistero e la magia del teatro di Shakespeare inducono invece Antonio Marras a creare nel 2008 gli abiti per Sogno di una notte di mezza estate, allestito al Piccolo Teatro di Milano con la regia di Ronconi, alternando il tulle scuro delle fate con la garza bianca stropicciata dei quattro amanti, per un effetto quasi vittoriano dark.
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La teatralità di Roberto Capucci esplode nella realizzazione di sontuosi abiti destinati alle voci più importanti della lirica internazionale: della prima metà degli anni ’80 Raina Kabaivanska, Katia Ricciarelli, Stefania Bonfadelli, Anna Caterina Antonacci sono valorizzate dagli abiti di scena confezionati dallo stilista. Solo conoscendo il repertorio, il colore del fondale, la posizione e gli atteggiamenti degli interpreti Capucci riesce a trasporre negli abiti la personalità scenica e vocale delle Signore del teatro.
L’allestimento museale contiene anche i costumi realizzati da Romeo Gigli nel 1995 per il Die Zauberflote di Mozart al Teatro di Parma. Il gioco di intrecci sui costumi tra colori e stoffe surreali mostra i riferimenti al passato, ma rimanda ad un’idea di futuro che mette in risalto il tema della trasformazione dello spirito umano, amplificato nell’opera dal movimento dei danzatori e dalla voce umana.
La vivacità caratterizza la sezione di Missoni in occasione dell’happening creato per Italia ’90: i colori bianco, nero, rosso e blu, le righe, i zig-zag, le geometrie primitive ispirate all’Africa, sono
espliciti riferimenti alla cultura Masai, Mali e Atuna, ma che Missoni decide di intrecciare a simboli artistici più colti, ispirati a Klee e alla cultura metafisica. Inoltre, i costumi disegnati per Lucia Lammermoor di Donizzetti al Teatro alla Scala (1983) riescono a creare una suggestiva fusione tra le linee e i materiali impiegati nei costumi, con la musica e la storia dell’opera, tratta da Walter Scott.
Ogni volta che uno stilista si avvicina al teatro, imprime il proprio marchio di unicità, rendendolo riconoscibile e andando oltre la ricostruzione filologica propria di un costumista. Lo stilista traspone l’azione al proprio mondo, impone il segno inconfondibile di un linguaggio preciso, la propria griffe. Ecco quindi che si parla del Flauto magico di Gigli, della Lucia di Lammermoor di Missoni, della Salome di Versace, proprio perché l’opera viene ricreata dalla cifra stilistica del couturier.
Camilla Manzato