Questa settimana vi portiamo a Nimis presso la cantina Gori.
Ci accolgono col sorriso Celeste Gori, Claudio Rizzi e tutto il loro staff, l’ambiente è fresco e giovanile, dinamico e frizzante, in una location nuova, spettacolare, in cima ad una collina che domina il paesaggio.
Se dovessi paragonarli ad un vino li paragonerei al Cuvèe spumeggiante di champagne.
Iniziamo l’intervista con Claudio Rizzi, che è nell’azienda da un anno circa, responsabile aziendale e si occupa sia degli aspetti produttivi, che anche in particolare del commercio.
Qual è la storia della cantina?
Nasce perché il titolare Piero Gori, originario di Nimis, 12 anni fa volle consolidare le sue radici sul territorio e produrre un prodotto personale e prezioso come il vino. Nel 2012 Piero acquista questa collina e pianta circa 11 ettari di Vigna, costruendo anche la cantina dove siamo ospitati con l’agriturismo.
Da cosa nasce la sua passione per il mondo del vino?
E’ sempre rimasto legato al mondo del vino, perché fin da piccolo, i suoi genitori avevano una vigna in cui producevano Verduzzo e un altro rosso tipico della zona. A testimonianza di ciò, ci sono in cantina alcune Magnum, che sono state fatte più di 25 anni fa. Nella nostra etichetta c’è scritto che ci sono le radici, sono radicate nel territorio e nel vino. E’ un piacere proprio di Piero ripercorrere questa sua giovinezza, come anche di proporre qualcosa di proprio, in cui ci metti passione e molti sacrifici . Effettivamente nel mondo del vino devi fare sacrifici, anche se Piero viene da tutt’altro business, c’ha creduto ed ha voluto ricrearlo. Vediamo il segnale di questa continuità nelle sue figlie, che si chiamano Celeste e Giorgia. Celeste lavora in cantina Giorgia preferisce la campagna. A Celeste piacciono gli aspetti legati all’accoglienza, al marketing, al commerciale, mentre Giorgia è una che la mattina parte e va in campagna a lavorare. Due anime diverse che pero si ritrovano perfettamente nella dinamica della cantina.
Qual è la filosofia su cui lavora la cantina?
Sicuramente l’azienda agricola Gori ha puntato fin dall’inizio sulla qualità, producendo quantità basse e in campagna cercando di rispettare al massimo le viti che ci sono. Quindi viene sempre cercato di portare l’uva al massimo della sua qualità. Negli ultimi anni cercando di sviluppare questi aspetti, siamo passati al biologico, questo per ridurre il quantitativo di prodotti da utilizzare sulle piante, ma anche per aumentare le lavorazioni sul terreno. Per lavorazioni intendo che non sono solo gli sforzi, ma sono anche proprio le manipolazioni sul terreno stesso, per aumentare quel substrato del suolo dove vivono le piante, in modo da dargli più ossigeno e da dargli una concimazione letamica e non chimica. Cosi facendo abbiamo implementato tutta la microfauna e flora che c’è sul terreno, che è la base per aumentare ancora di più la qualità.
Il biologico è stata sicuramente una sfida molto importante e quindi penso che per noi il biodinamico per ora sia improponibile, per due aspetti, uno per le quantità di pioggia che ci sono in questo territorio e secondo le contaminazioni che noi possiamo avere con i vigneti vicini. A fianco a noi, in particolare a Qualso, ci sono altri terreni vitati in cui fanno una cultura convenzionale e quindi se vogliamo fare biodinamico, vuol dire che non dobbiamo fare alcun tipo di trattamento con i prodotti chimici. La vicinanza con questi vigneti porterebbe a l’impossibilità a farlo, anche se il mercato impone la sostenibilità tra i vignaioli, perché ridurre la quantità di prodotti chimici sia nel vigneto che in cantina è una prospettiva nella quale noi crediamo. Fare questo è difficile a livello di mondo esterno, ma anche nel nostro mondo interno, nel senso che i nostri dipendenti ogni tanto si chiedono se dobbiamo continuare cosi, perché è una sfida, perché quando fai biologico devi lavorare molto di più, devi sfalciare molto di più, devi fare più trattamenti rispetto al classico metodo di coltivazione. Piero però è convinto e anche noi come suo staff ne siamo convinti. Siamo anche convinti di minor uso di prodotti chimici all’interno del vino, si cerca di avere un prodotto sano dall’inizio, in modo da avere meno problemi possibili nella vinificazione. Non usiamo sostanze additive e cerchiamo di usare una corretta filtrazione per poi imbottigliare.
Come vedi il mondo del vino e che posto ha il Friuli in questo mondo?
Il mondo del vino sicuramente col covid è mutato e avrà un ulteriore cambiamento, perché si andrà verso un’appiattimento del mercato del vino verso il basso o verso l’alto, la fascia intermedia soffrirà di più. Il mondo del vino dovrà recepire questo stimolo e noi friulani non dobbiamo spostarci verso l’alto, nel senso che bisogna alzare l’asticella, perché noi non produciamo grandissime quantità come mondo friulano. Secondo me il vino regionale ha degli spazi, che per nostra poca capacità di sviluppare e per varie problematiche politiche, non siamo riusciti a farlo crescere. Ci sono alcuni prodotti, tipo il pino bianco, il friulano o altri rossi autoctoni come lo Schioppettino, che non hanno concorrenti nel mondo, però abbiamo quantitativi troppo bassi. Per esempio, di vino bianco del Collio si producono in tutto 70000 bottiglie, che nel mercato mondiale non sono assolutamente niente e c’è questo problema di quantità.
C’è da dire che il mondo del vino regionale nel futuro avrà una crescita secondo me, perché si sta sviluppando un duplice concetto, che sono l’enogastronomia e l’accoglienza, che per i friulani fino a qualche anno fa non erano considerati. Visto i risultati che hanno avuto in Toscana o in altri territori come il Piemonte, capiscono che c’è un mondo da implementare, noi stiamo impostando la cantina in questa direzione, anche se per ora non possiamo fare tutto, perché ci stiamo organizzando. In questo momento stiamo proponendo quasi ogni weekend delle degustazioni, abbinando dei piatti nostri al vino, con anche prodotti del territorio, come può essere il prosciutto o il formaggio delle nostre zone. Ora non abbiamo la possibilità di fare piatti caldi, anche se ci interesserebbe sviluppare questa tipologia e ci stiamo lavorando per raggiungerla.
L’azienda si sviluppa su più piani, sopra ci sono delle camere e l’abitazione, sotto l’abitazione c’è l’area dedicata alla degustazione e all’ultimo piano sotterraneo c’è la cantina, poi fuori abbiamo il nostro Castelletto dove c’è una camera.
A volte quando abbiamo persone dall’estero, noi li ospitiamo direttamente, dato che stiamo cercando di sviluppare un flusso continuo di ospiti dall’estero. Adesso la nostra accoglienza si sviluppa con la ricettività delle persone che vengono qua, bevono il vino, poi noi proponiamo dei prodotti locali, anche se la nostra posizione è ottima, perché austriaci e tedeschi passano proprio qua sotto
Domanda a Celeste Gori, come ti vedi Tra 10 anni e dove pensi che la cantina possa arrivare tra 10 anni?
Dieci anni per una cantina non sono tantissimi, ma per una persona sono molti. Io vedo la cantina ben piazzata sul territorio e non solo. Invece personalmente mi vedrò qui e spero che riuscirò a portare avanti quello che stiamo seminando adesso, perché ora c’è ancora un lavoro embrionale che tra qualche anno si riuscirà a far sbocciare, se tutto va come deve andare clima permettendo.
Cosa ne pensate delle enoturismo?
Secondo noi l’enoturismo è uno degli elementi importanti per sviluppare e far conoscere le nostre cantine. Adesso speriamo che non solo le singole aziende, ma anche gli amministratori locali sappiano creare più visibilità a questo sistema, cercando di non creare concorrenza tra le cantine ma implementando l’enoturismo. Anche se a livello di infrastrutture ce ne sono poche, perché i turisti che arrivano in una Lignano, in una Udine che sono forse le due città più importanti turistiche in zona, non danno mezzi per arrivare nelle cantine. Qualcosa si sta muovendo ma bisognerebbe spingere ancora di più, dato che il turista che viene in Friuli ad oggi non deve venire solo da Gori, ma anche nelle altre aziende, in modo tale da far crescere tutto il territorio.
Noi siamo fiduciosi, che piano piano ci arriveremo, perché ci sono sempre più cantine che hanno dei punti di accoglienza all’interno dove si possono tranquillamente ospitare le persone, ma soprattutto c’è bisogno di persone specifiche addette all’accoglienza.
Filippo Frongillo
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