Questa settimana vi portiamo nell’azienda Tralci di vita con Massimo Causero e Maria Chiara Della Pietra in località Torreano di Cividale.
Una coppia giovane, appassionata e innamorata della propria terra, con tanta voglia di trasmettere la loro passione e tramandare le profonde tradizioni.
Ci accolgono col sorriso di chi ci mette impegno e devozione nel proprio mestiere, portano di sicuro una ventata di giovinezza in questo territorio spesso lasciato dai coetanei.
Se dovessi accostarli ad un vino, Massimo un refosco, rosso tipico Friulano per eccellenza, Maria Chiara invece un riesling, vino raffinato, per intenditori, ma delicato e fresco.
Qual è la storia della cantina?
L’azienda nasce nel 2018, però era un progetto che si iniziava a delineare già anni prima, dato che io e Massimo siamo una coppia da quasi 10 anni.
Ci siamo conosciuti all’università, dove lui ha saputo trasmettermi la passione che dimostrava fin da piccolo per il settore dell’agricoltura e della viticoltura in particolare. Abbiamo fatto delle esperienze lavorative insieme, che sono state il collaudo per prendere la decisione di gestire qualcosa che fosse nostro. Infatti, l’ultima esperienza di Massimo prima cominciare qui, è stata in un’azienda di Prepotto. L’imprenditore ci aveva dato l’incarico di gestire l’azienda assieme, poi abbiamo deciso di rilevare alcuni vigneti di una persona anziana del luogo, che cercava qualcuno che continuasse il suo lavoro, dato che non aveva eredi. Noi abbiamo preso queste Vigne così da portare avanti la sua cultura. L’abbiamo affiancato per circa una stagione, poi assieme abbiamo preso in mano l’azienda e adesso gestiamo tutto da soli. Abbiamo 4 ettari di vigneto, vendemmiamo tutto a mano, vinifichiamo tutte le varietà divise, non facciamo blend. Abbiamo 10 varietà di uva che sono Ribolla, Friulano, Sauvignon, Riesling, Merlot, Cabernet, Pignolo, Schioppettino, Refosco e Verduzzo che però non vinifichiamo. Facciamo circa 10.000 bottiglie all’anno, cerchiamo di conservare tutti i passaggi fatti manualmente, come vuole la tradizione, ma cerchiamo di innovare con un’impronta giovane, data anche dalle conoscenze apprese durante i nostri studi universitari. Ci sono alcune varietà su cui facciamo affinamento in legno, per esempio a fine anno usciremo con il Pignolo della prima nostra annata di lavoro, il quale ha fatto un lungo affinamento per 3 anni in barrique, come anche per il Refosco, invece il tonneau lo usiamo per lo Schioppettino.
Le barrique e tonneau che abbiamo sono tutte di secondo passaggio per non dare un impatto aggressivo ai nostri vini, perché vogliamo che conservino le loro tipicità aromatiche e quindi cerchiamo di favorire la micro-ossigenazione in modo da esaltare le caratteristiche del vino.
Quando nasce la vostra passione per il mondo vitivinicolo?
E’ una passione innata per me. Uno dei miei primi ricordi da bambino, legato a questo mondo, è che a fine serata del mio compleanno, erano andati via tutti, nonni, zii, eccetera e io ho assaggiato da tutti i calici di vino che erano rimasti e quindi è stato quasi un imprinting. La cosa che mi è sempre piaciuta di più, è il contatto con la natura. In quinta elementare ho fatto un tema, dove sarei diventato coltivatore, avrei fatto il vino e ad ogni vino avrei dato il nome delle mie maestre.
Alle elementari poi ho portato una piccola tesina sull’agricoltura biologica, da li ho sempre mantenuto questa passione. Per ora non siamo certificati, ma puntiamo a fare biologico, dato che lavoro direttamente le uve e non ho voglia di avvelenarmi con prodotti chimici, ora non abbiamo certificazioni solo la doc.
Qual è la tua filosofia?
La mia filosofia è puntare sul biologico, a cui si aggiungono i vini monovarietali. Non facciamo uvaggi, perché riteniamo che cosi vengano esaltate al meglio le caratteristiche varietali ed è per questo che abbiamo deciso di assegnare ad ogni bottiglia un nome, che corrisponda ad uno stato d’animo evocato dalla degustazione. Quindi decidiamo sulla base delle caratteristiche del vino, o sulla base di aneddoti storici del vitigno, come per esempio, la nostra Ribolla Gialla spumantizzata l’abbiamo chiamata ribelle per la sua particolare effervescenza.
Quale pensate sia il vostro prodotto di punta?
Lavoriamo con grande criterio e crediamo in tutte le nostre bottiglie, perché sono curate con grande amore. Dovendo uscire a Natale con un vino della prima nostra annata, il Pignolo 2018 probabilmente sarà la nostra punta di diamante. Noi cerchiamo di assecondare le diversità di ogni annata, quindi ogni stagione c’è un prodotto che riesce un po’ meglio degli altri, anche se sono tutti trattati nello stesso modo. Ci sono delle varietà che a seconda dell’annata spiccano in modo migliore. Per esempio lo Schioppettino, se il clima è più fresco dà profumi migliori, perché la pianta sta meglio, se il clima invece è caldo non lo favorisce. Nella nostra ultima stagione, il prodotto che ci ha dato più soddisfazioni probabilmente è stato il Merlot. Abbiamo pure un clone molto particolare di Sauvignon, molto profumato, che ha la caratteristica di perdere i fiori e quindi produce circa un terzo in meno rispetto al clone più diffuso in Friuli.
Diciamo che la freschezza è un po’ il filo conduttore di tutti i nostri vini, difatti per i vini bianchi, non facciamo nessun tipo di affinamento in legno, solo i rossi vengono affinati in legno.
Come vedete il mondo del vino è che posto può avere il vino friulano al suo interno?
Noi vorremmo incanalarci cercando di dare la massima valorizzazione alle nostre bottiglie. Siamo appena partiti, purtroppo in un periodo un po’ difficile, quindi adesso stiamo lavorando tanto con i privati. Ci piacerebbe trovare la giusta collocazione dei nostri prodotti nella ristorazione, perché essendo un prodotto molto curato, vorremmo cercare di valorizzarlo nel modo migliore con degli abbinamenti cibo vino corretti. Abbiamo bisogno di farlo proporre da persone che credono nel prodotto e che cercano di esaltarlo nel modo migliore. Ci piacerebbe creare uno spirito di collaborazione con altre cantine, perché il Friuli è poco conosciuto, quindi bisognerebbe cercare di valorizzarlo. Per questo puntiamo su varietà autoctone, quelle che descrivono al meglio il territorio, perché è giusto cercare tutti insieme di mettere in luce le tipicità del nostro territorio. Infatti per esempio il Friulano l’abbiamo chiamato Fedele, perché è il vino che secondo noi rappresenta per eccellenza la nostra regione e nonostante i problemi che lo hanno riguardato, dato che il suo nome originario è stato portato via dall’Ungheria, rimane il prodotto che ci rappresenta, che rimane fedele al nostro territorio.
Abbiamo delle viti di Friulano che hanno 100 anni su piede franco, che per noi si chiamano Tocai, dato questo vino e questo vitigno lo riconoscono come proprio il nostro territorio.
Come vi vedete fra 10 anni?
Noi speriamo di riuscire a concretizzare una bella famiglia e poi di riuscire a vivere del nostro lavoro. Vogliamo comunque rimanere una piccola realtà, per poter sempre seguire con molta attenzione quello che facciamo, quindi garantire la qualità del nostro prodotto e seguire tutta la filiera. Perché da quando cominciamo la potatura, a quando arriva in bottiglia, seguiamo da soli tutto. Questo è un valore aggiunto, senz’altro un domani, anche se ci sarà qualcuno che ci aiuta, saremo sempre noi a controllare, quindi desideriamo una realtà a misura per noi.
Cosa ne pensate dell’ enoturismo in Friuli?
Ci sono realtà che funzionano bene e che hanno tanto lavoro con turismo estero o da fuori regione e ci sono anche tante opportunità. Il problema è che siamo poco conosciuti, dovremmo aumentare la pubblicità del brand Friuli. Sono venuti dei signori dall’Olanda che si sono innamorati subito dei nostri vini, però per riuscire a portarlo là è complicato, anche perché bevono i vini più famosi, come Barolo e Chianti. Quando noi all’estero proponiamo dei vini del Collio, siamo poco conosciuti ed è così difficile riuscire ad esportare il nome Friuli, anche perché non c’è un vino di bandiera, forse perché abbiamo tante varietà di vitigno all’interno della nostra regione.
Ci sono degli enti che stanno cercando di creare degli eventi e delle pubblicizzazioni, ma siamo ancora indietro, poi anche dal punto di vista di accessibilità del Friuli, siamo molto difficili da raggiungere.
Filippo Frongillo
©Riproduzione riservata