A interpretare i personaggi di questo dramma storico in quattro quadri su libretto di Luigi Illica, Kristian Benedikt e Dario Prola (Andrea Chénier), Svetla Vassileva e Rachele Stanisci (Maddalena di Coigny), Devid Cecconi e Domenico Balzani (Carlo Gérard), Isabel De Paoli (Madelon), Anna Evtekhova (La Contessa di Coigny), Albane Carrère (La mulatta Bersi), Francesco Musinu (Roucher), Saverio Pugliese (Un Incredibile/L’abate poeta), Gianni Giuga (Pietro Fléville/Il sanculotto Mathieu), Giuliano Pelizon (Schmidt), Giovanni Palumbo (Fouquier Tinville), Francesco Paccorini (Dumas), Hektor Leka (Il Maestro di casa).
Settimo degli otto figli di un commerciante di tessuti francese e della figlia di un antiquario greco, André Marie Chénier nacque a Costantinopoli nel 1762. In qualità di incaricato per gli affari commerciali con l’impero ottomano, il padre di André Chénier aveva una solida posizione a Costantinopoli. Negli anni Sessanta del Settecento però la guerra tra Francia e Inghilterra compromise i traffici commerciali nel Mediterraneo, e la Turchia fu colpita da epidemie, carestie e terremoti. Di fronte a una crisi economica che sembrava non aver fine, nel 1765 Louis Chénier, la moglie e i figli presero la via della Francia, anche se ben presto Louis lasciò la famiglia in Europa e divenne console in Marocco. Dopo aver vissuto qualche anno presso parenti di provincia, André giunge nel 1773 a Parigi e frequenta il prestigioso Collège de Navarre, formandosi una vasta cultura classica e stringendo amicizia con giovani liberali di famiglia aristocratica. Terminati gli studi, André Chénier comincia a percorrere la carriera del letterato di famiglia agiata, inserito nell’ambiente della buona società, tra viaggi e avventure di ogni tipo. Alla fine degli anni Ottanta del Settecento, al nascere della Rivoluzione, Chénier vive tra Londra e Parigi, diventa un sostenitore dell’Assemblea Costituente, che proponeva caute riforme politiche e sociali in Francia e si lascia coinvolgere sempre di più in circoli politici liberali, esprimendo posizioni moderate e contrarie agli eccessi rivoluzionari. Queste ripetute critiche, con il tempo sempre più violente, lo portano in aperto scontro con il club dei Giacobini, il partito di Robespierre. Questo conflitto, divenuto sempre più aspro, precipitò nel marzo 1794: Chénier fu arrestato, sommariamente processato e, nello stesso giorno, giustiziato con la ghigliottina.
“La realizzazione drammaturgica di Illica e Giordano” – si legge nel saggio di Francesco Bernasconi – “sfrutta con abilità le molte contraddizioni e i vari aspetti di questa figura affascinante di un poeta diviso tra la galanteria della vita aristocratica, le peripezie di un avventuriero libertino e l’eroismo di un martire politico. Lo schema è collaudato ed efficace. Il protagonista appare per la prima volta come figura apparentemente marginale sullo sfondo di una ricca rievocazione d’epoca, proprio come avviene in innumerevoli film in costume. Lo spirito storicizzante del verismo reclama i suoi diritti, e all’apertura dell’opera nella partitura si insinuano richiami a danze settecentesche, inseriti però in un linguaggio armonico complesso tipico dell’epoca. A tenere insieme il tutto provvede una scrittura elegante, in cui espansioni liriche e dialogo declamato si alternano con disinvoltura (la prima grande aria del protagonista sfocia ad esempio in una gavotta), e che rivela come Giordano abbia profittato della lezione di Manon Lescaut di Puccini, precedente di tre anni ad Andrea Chénier.
Con grande abilità musicale e drammaturgica, l’opera intreccia e celebra alcuni temi di sicura presa sul pubblico, come l’amore contrastato e infelice e una visione quasi religiosa del ruolo dell’artista, su uno sfondo storico tratteggiato a tinte forti. Il linguaggio musicale sontuoso e la grande inventiva melodica fanno il resto, rendendo Andrea Chénier ancora oggi un’opera di sicuro effetto e di grande coinvolgimento emotivo, confermando a ogni ripresa la meritata fama del suo autore”.