L’ennesima apocalisse zombie è stata contenuta nella città di Las Vegas, ridotta ormai a un mucchio di macerie infestato dai morti viventi, circondata da un alto muro di container e sotto lo stretto controllo dei militari.
Il governo statunitense medita di porre definitivamente fine al problema con la solita bomba atomica, per scongiurare ogni pericolo di fuga degli zombie e del non meglio specificato morbo che li ha prodotti.
Nel frattempo il nerboruto protagonista del film, Scott Ward (Dave Bautista), ovviamente multidecorato eroe della guerra contro i morti viventi, si è ridotto a cucinare hamburger in un fast-food di infimo livello.
Viene contattato dal cattivone di turno, il bieco Bly Tanaka (Hiroyuki Sanada), che gli serve su un piatto d’argento la golosa opportunità di recuperare nel caveau di un casino di Las Vegas un mucchio di denaro.
Il buon vecchio Ward accetta dopo opportuna meditazione la proposta, e, assieme alla sua vecchia compagna d’armi Maria Cruz (Ana de la Reguera), mette insieme un’improbabile ed eterogeneo gruppo di mercenari, che include anche Kate (Ella Purnell), la figlia del nerboruto eroe.
Il manipolo di eroi entra nella città fantasma e comincia la mattanza…
Army of the Dead: una commistione di generi
Questo film unisce la dimensione distopica e post-apocaliptica tipica dello zombie-movie alle situazioni del classico film di guerra, il genere splatter, il film di rapina (heist-movie), strizzando l’occhio al conflitto genitore-figlio con una generosa iniezione di buoni sentimenti e tradizionali sensi di colpa, bene riscontrabili nel rapporto tra Scott e sua figlia Kate.
Insomma Army of the Dead mette insieme un po’ di tutto, anche se si fatica a trovare qualcosa di nuovo. Scarseggia però quello che avrebbe potuto rendere un po’ più attraente questa pellicola: la dimensione ironico-satirica.
La commistione di generi forse avrebbe voluto rendere appetibile questo film a un pubblico molto vasto, esteso ben oltre il perimetro dei cultori degli zombie-movie. Quello che rimane è però un film d’azione senza infamia e senza lode, ovviamente polically-correct, dove i soliti personaggi fanno le solite cose, animando un racconto prevedibile e scontato.
A partire dal monolitico Scott Ward, peraltro poco credibile nel suo ruolo di pensoso padre di famiglia tormentato da tristi ricordi, i personaggi sono piatti in modo spesso imbarazzante, privi di arco narrativo e stereotipati.
Army of the Dead: un videogame lungo due ore e mezza
Gli zombie sono una metafora della società occidentale, dominata dal consumismo e dal conformismo, della quale alla fin fine rappresentano il cittadino medio, ridotto a un’entità acefala dedita a divorare tutto quello gli capita a tiro.
Ma i morti viventi possono anche essere molto noiosi, visto che li abbiamo visti in tutte le salse in un numero sterminato di pellicole. E Zack Snyder non si è spremuto molto le meningi per farci vedere qualcosa di veramente nuovo e originale.
I suoi zombie sono di due tipi: oltre ai soliti rottami putrefatti ci sono gli zombie alfa, velocissimi, intelligenti, dotati perfino di una sorta di struttura sociale gerarchica e capaci di un qualcosa di simile ai sentimenti filiali. Il tutto impreziosito dalla presenza di una tigre-zombie e di un zombi-cavallo.
Meglio di niente, ma forse potevi trovare qualcosa di meglio, buon vecchio Zack. Altrimenti del film rimane poco più di un lungo videogame.
Army of the Dead: un film per passare una serata sul divano, bevendo una birra con gli amici
Insomma parliamo di una pellicola senza troppi spunti, capace di lasciare perplessi sia gli appassionati del genere zombie che lo spettatore medio, che probabilmente si perde in questa lunga narrazione ondivaga.
Certo, rimangano gli effetti speciali (non eccelsi), lo slow motion e l’effetto flou tanto amati da Zack Snider, e alcune apprezzabili scene d’azione.
Forse la sequenza più bella è quella dei titoli di testa, che scorrono sulle note di Viva Las Vegas, mentre sullo sfondo gli zombi, dopo avere pasteggiato con gli (ex) spensierati vacanzieri, prendono possesso della città, massacrando i militari che cercano di ristabilire l’ordine.
Non illudetevi, il resto del film non mantiene le promesse di questa bella introduzione. Ma per bere qualche birra con gli amici stravaccati sul divano va benissimo.
Alessandro Marotta