Dall’analisi di questo decennio emerge dunque una nuova generazione di artisti capaci di ridurre il segno ai minimi termini, ma dove il dato visivo resta sempre fondamentale e imprescindibile per una narrazione possibile della realtà. Si parte dunque dal disegno, che per Francesco Clemente, Sandro Chia e Nicola De Maria, non è una preparazione all’opera, come nella pratica minimalista, bensì un linguaggio autonomo in cui recuperare il piacere della manualità; oppure dalla fotografia, che per Luigi Ghirri, Mario Giacomelli e Michele Zaza è un racconto personale in presa reale. In questi anni si registra quindi, secondo il curatore della mostra Andrea Bruciati, “la volontà di uno scardinamento della convenzionalità e disegno e fotografia sono perfettamente congruenti ad un approccio cognitivo. Nel clima mutato degli ‘anni di piombo’, l’artista cerca infatti di farsi portavoce di un codice alternativo capace di portare alla luce le contraddizioni della tecnica e le arbitrarietà mistificanti del suo linguaggio che pertanto viene iterato, serializzato, in un parossismo scientifico dove traspare un intento quasi prometeico nell’andare oltre il dato sensibile per rivelare le strutture connotative a fondamento dell’opera.”
Questa fragilità dei mezzi, disegno e fotografia, diventa il segno di una sensibilità nuova che non rinnega la storia né tantomeno la tradizione figurativa rinascimentale che vedeva nella pratica disegnativa una proceduralità mentale, ma la reinventa caricandola di un significato emotivo e concettuale assieme che precedentemente non aveva. Al termine del boom economico si fa strada così un ‘fare artistico’ che vuole esistere tra il contingente e compromesso con l’esistente: nel ricorso a materiali poveri, l’arte si pone come presa di coscienza delle possibilità espressive insite nella materia stessa e, parallelamente ad una progressiva radicalizzazione dei segni, si passa dal fare al pensare, dalla cosa all’Idea.
Dalle agitazioni del ’68 una generazione di artisti, esponenti dell’Arte Povera che maggiormente hanno incarnato lo spirito di quegli anni, ha sperimentato una libertà d’azione legata alla struttura del linguaggio volta alla ridefinizione di un mondo fino a quel momento inammissibile.
Seguendo questa logica le opere degli artisti in mostra si palesano come una sorta di tentativi e verifiche: il disegno e la fotografia rispondono in maniera nuova e senza scendere a compromessi con una volontà documentativa e militante, in quanto strumenti democratici di facile accesso, e al contempo primordiali nella ‘registrazione’ della realtà così com’è, senza finzione.
In mostra opere di Vincenzo Agnetti, Adriano Altamira,Enrico Baj, Alighiero Boetti, Sandro Chia, Francesco Clemente,Mario Cresci, Gino De Dominicis, Nicola De Maria, Mario Giacomelli, Luigi Ghirri, Ugo La Pietra, Elio Mariani, Aldo Mondino, Luigi Ontani, Mimmo Paladino, Claudio Parmiggiani, Pino Pascali, Luca Maria Patella, Michele Perfetti, Robert Pettena, Lamberto Pignotti, Michelangelo Pistoletto, Concetto Pozzati, Emilio Prini, Francesco Radino, Sandra Sandri, Mario Schifano, Gianni Emilio Simonetti, Franco Vaccari, Luigi Viola, Michele Zaza