Beethoven e Brahms sono i due autori con cui si è confrontato il pianista Barry Douglas nell’esibizione del 25 marzo 2012 al teatro “Giovanni da Udine”. Il musicista irlandese ha proposto due monumentali composizioni beethoveniane, la Sonata in Si bemolle magg. op. 106 “Hammerklavier” e la Sonata in Do magg. op. 53 “Waldstein”, assieme a tre “Capricci” e due “Intermezzi” di Brahms, tratti dalle op. 116 e 117. La scelta di inserire questi brani tra le due Sonate ha avuto il felice esito di dare respiro ad un programma che poteva altrimenti risultare eccessivamente impegnativo, tanto per l’esecutore quanto per il pubblico. Douglas ha dato dimostrazione di magistrali doti interpretative nei tempi lenti ed espressivi, offrendo all’ascolto un suono morbido ed evocativo, sfruttando appieno le potenzialità cromatiche del pianoforte Fazioli. Meno coinvolgente e comunicativa è stata l’esecuzione dei tempi veloci e forti, resa a tratti fumosa dall’uso del pedale e troppo concitata da un punto di vista ritmico e sonoro per l’approccio nervoso e verticale alla tastiera. Ottima la trattazione della “Hammerklavier”, sonata caratterizzata da una forma dilatata e complessa: la grande immediatezza interpretativa, giocata sulle escursioni di suono, ha reso agevole l’ascolto di un componimento tanto articolato e di difficile lettura per un pubblico medio. Il pianista ha poi espresso al meglio le proprie capacità nei brani brahmsiani, offendo al pubblico una performance eseguita con stile e raffinatezza, dove il canto emergeva con delicata grazia. La scelta della Sonata “Waldstein”, invece, non è stata forse la più adatta a mettere in luce le sue doti espressive, vista la preponderanza dei momenti virtuosistici e il carattere più improvvisativo e introspettivo che cantabile del secondo movimento. Essendo la conclusione di un programma così sostanzioso, poi, la stanchezza non deve aver certo aiutato… L’ascoltatore ha comunque potuto godere di buona musica e di un’interpretazione per la maggior parte convincente: ci sono stati momenti in cui veramente la fantasia poteva volare trasportata dalla cantabilità delle melodie e anche il giovane pianista tra il pubblico avere un esempio di quante sfumature si possano trarre dagli 88 tasti.
Lucia Ferigutti