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Beast: recensione del thriller di Baltasar Kormákur con Idris Elba

Beast: recensione del thriller di Baltasar Kormákur con Idris Elba

Il Dr. Nate Samuels (Idris Elba) è appena arrivato in Sudafrica con le due figlie adolescenti, Meredith e Norah. La famiglia sta cercando di superare il dramma della morte della moglie di Nate, e viene ospitata da un loro vecchio amico, Martin Battles, che lavora nella riserva di Mopani.

L’idea è di ritornare nella terra natale della moglie di Nate, e madre delle loro figlie, nella speranza di elaborare il lutto provocato da un cancro fatale che lei ha sviluppato dopo il loro divorzio.

Ma accade l’imprevedibile: un grosso leone riesce a sopravvivere a un attacco dei bracconieri, dopo che questi hanno ucciso tutto il suo branco, e comincia a sterminare esseri umani, in cerca di vendetta.

Ovviamente i percorsi della famigliola e del grosso felino si incontrano, e Nate deve lottare con tutte le sue energie per cercare di salvare i suoi cari…

Idris Elba in Beast
Idris Elba in Beast

Beast: un onesto thriller senza troppe pretese

Il film si basa quindi su due assi portanti: da un lato i problemi familiari dei Samuels, dall’altro la lotta per sopravvivere alla forza ostile della natura selvaggia.

I due aspetti non si amalgamano sempre benissimo, e in ogni caso le sfuriate adolescenziali delle figlie, i problemi di comunicazione con il padre e i sensi di colpa di quest’ultimo sono trattati in modo alquanto superficiale, e ricadono spesso in stereotipi ritriti.

Funziona molto meglio l’altro aspetto, quello della lotta per sopravvivere in un ambiente ostile, nella variante della presenza di un animale assassino. Un filone che vanta illustri precedenti, a cominciare dall’ormai leggendario Lo Squalo, del 1975, di Steven Spielberg. Anche quella dal leone mangiatore di uomini è un’idea di certo non originale, basti pensare a Spiriti nelle Tenebre, ottimo film del 1996 diretto da Stephen Hopkins.

In questo tipo di pellicole spesso l’animale assassino può essere visto come una incarnazione del male assoluto, una presenza quasi metafisica che si beffa dei tentativi umani di fermarla, e le cui motivazioni ad agire in modo così cruento rimangono avvolte dal mistero, fatto che rende queste pellicole molto intriganti.

In Beast invece il leone si muove spinto dalla sete di vendetta, e ha comportamenti quasi umani, tanto che all’inizio non si può non provare simpatia per la bestia, quando si assiste al massacro del suo branco da parte dei bracconieri.

Percezione che cambia quando la belva attacca la famiglia Samuels, ovviamente, ma comunque rimane sempre sullo sfondo il fatto che è l’essere umano ad avere attivato la reazione della natura, con i suoi comportamenti egoistici e meschini.

In effetti in questa pellicola il leone assassino diventa un personaggio con connotazioni umane, e da questo punto di vista funziona benissimo. Funzionano molto meno invece gli altri personaggi, troppo superficiali, prevedibili e scontati.

Sorvolando sui problemi di sceneggiatura, bisogna dire che nel complesso il film garantisce un’ora e mezza di sano intrattenimento, grazie anche all’ottima fotografia e alla regia di Kormákur, capace di valorizzare l’ambiente nel quale si svolge l’azione, la savana sudafricana.

L’abile uso di piani sequenza garantisce continuità all’azione, che di certo non manca in questa pellicola, anche se alle volte la sospensione dell’incredulità dello spettatore viene messa alla prova da accadimenti non molto credibili. Apprezzabile il fatto che la belva viene mostrata con il contagocce, mantenendo sempre un livello alto di tensione.

Peccato che tutti gli aspetti di introspezione psicologica dei vari personaggi sono trattati superficialmente, ma il film rimane comunque un buon prodotto di intrattenimento, senza troppe pretese.

Alessandro Marotta

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