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Black Summer 2: recensione della seconda stagione della serie tv di Netflix

Black Summer 2: recensione della seconda stagione della serie tv di Netflix

Black Summer Seconda Stagione

 

La prima stagione di Black Summer terminava con l’agognato ricongiungimento di Rose (Jamie King) con sua figlia Anna (Zoe Marlett), nello stadio dove gli ultimi superstiti dell’apocalisse zombie cercavano rifugio, in un mondo ormai dominato dagli agili e famelici morti viventi.

Nella seconda stagione, Rose ad Anna sono finalmente insieme, ma si muovono in un ambiente sempre più pericoloso perché, oltre che dagli zombie, i superstiti devono proteggersi anche dal freddo glaciale e da bande armate di predoni umani, pronti a qualsiasi efferatezza per un pugno di cibo o qualche arma in più.

Se nel primo capitolo di Black Summer l’unica speranza dei superstiti era potere raggiungere uno stadio protetto dai militari, nel secondo i pochi sopravvissuti si battono per scoprire dove un misterioso aereo, che volteggia regolarmente sulla landa desolata dove si muovono, ha la propria pista di atterraggio.

Molti vogliono solo depredare gli aiuti che l’aereo paracaduta periodicamente, alcuni invece sognano la fuga in una terra ospitale, ovunque essa possa essere. Quello che è certo è che pochi arriveranno vivi all’appuntamento finale. Ma la colpa non è tanto degli zombie, quanto della miseria e della spietatezza umana.

Black Summer 2: ritratto di un’umanità senza speranza e senza morale

Il passaggio alla seconda stagione registra un cambiamento del focus della serie, che lascia maggiore spazio ai dialoghi per permettere allo spettatore di immedesimarsi maggiormente nei personaggi, che nei due capitoli percorrono un significativo arco narrativo.

Un’evoluzione particolarmente evidente in quello che forse è il personaggio più importante: Rose. Se nel primo capitolo voleva risolutamente conservare la propria dimensione umana, anche rischiando la propria vita, nel secondo diventa cinica e spietata, perseguendo un solo obiettivo: la salvezza della propria figlia. Tutto il resto è sacrificabile, come lei stessa afferma più volte nei vari episodi.

Anche Anna, nonostante la sua giovane età, è ormai capace di uccidere a sangue freddo, anche se sotto la dura scorza superficiale è forse rimasta più umana di sua madre.

Comunque la coppia Rose-Anna monopolizzano buona parte di questa seconda stagione, che vede quindi spostato l’equilibrio verso una classica dimensione dei film post-apocalittici: quella del rapporto tra genitori e figli.

Un altro personaggio importante ereditato dalla prima serie è Spears (Justin Chu Cary), del quale ci viene rivelato parte del suo misterioso e oscuro passato, ma che non reggerà bene lo stress dell’allucinante situazione in cui deve sopravvivere.

In generale la maggior parte dei protagonisti della prima stagione (almeno quelli che sopravvivono) vengono psicologicamente devastati durante la seconda, che dipinge un’umanità senza speranza, abbruttita dalla necessità di salvarsi in un ambiente completamente ostile.

Black Summer 2: meno azione, più dialoghi

Il mondo distopico descritto da Black Summer richiede ai sopravvissuti di muoversi continuamente, alla ricerca di cibo, armi e, soprattutto, di un posto sicuro dove rifugiarsi, almeno temporaneamente.

Mentre nella prima stagione dominava incontrastata l’azione, con un ritmo molto più sostenuto e scene mozzafiato, nelle quali relativamente lunghi silenzi venivano interrotti dalle urla agghiaccianti degli zombie, nella seconda viene lasciato ampio spazio all’introspezione psicologica e ai dialoghi.

Forse talvolta anche troppo, a dire il vero, almeno per quanto riguarda la vicende vissute da Spears. In effetti se una critica può essere fatta a questa seconda stagione, è che alle volte il ritmo scende troppo e i dialoghi possono essere percepiti quasi come un riempitivo.

Nel complesso è però difficile non apprezzare l’evoluzione della serie, diventata paradossalmente molto più umana e credibile, pur nella sua dimensione fantascientifica e quindi improbabile. Ma si sa, più i personaggi diventano umani, sia pure in modo meschino e antieroico, più è facile farsi rapire dalla narrazione.

Black Summer 2: chi ha apprezzato la prima stagione si godrà molto di più la seconda

Diciamolo pure: il tema delle apocalissi zombie è talmente inflazionato che è veramente difficile inventare qualcosa di nuovo per confezionare un prodotto godibile. Il rischio, anche potendo spendere montagne di soldi, è di produrre banalità o ricadere in stereotipi ritriti, come ha dimostrato il recente e insipido Army of the Dead, poco più di un videogioco da guardare bevendo una birra con gli amici.

Eppure Black Summer è una serie che è riuscita nell’intento di mettere insieme cose già viste in modo efficace, grazie anche alla scelta stilistica di frammentare la storia in numerosi sottocapitoli, che grazie a continui flashback e flashforward permette allo spettatore di guardare i vari accadimenti da diverse angolazioni, secondo il punto di vista dei vari personaggi, zombie inclusi.

Una scelta apprezzabile, che conferisce a questa serie una marcia in più, tanto che non si sente la mancanza di effetti speciali particolarmente elaborati. Del resto questi ultimi dovrebbero essere solo un accessorio a una storia che è capace di stare in piedi da sola, e non il motivo di esistenza di una pellicola.

Ancora più apprezzabile è che alle due stagioni, pur in una logica di continuità dei personaggi e della storia narrata, è stato dato un taglio diverso, sempre godibile.

Insomma nel complesso Black Summer si è rivelato essere un prodotto interessante in entrambe le stagioni finora uscite, e sarà ancora più interessante vedere se anche la terza serie sarà all’altezza delle prime due…

Alessandro Marotta

 

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