mercoledì , 1 Maggio 2024
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Black Widow: recensione dell’atteso film della Marvel con Scarlett Johansson

Black Widow: recensione dell’atteso film della Marvel con Scarlett Johansson

Black Widow

 

L’azione comincia in una cittadina dell’Ohio negli anni novanta, dove la protagonista, una giovanissima Black Widow alias Natasha Romanoff (Scarlett Johansson), assieme alla sorellina Yelena Belova (Florence Pugh), il padre Alexei Shostakov (David Harbour) e la madre Melina Vostokoff (Rachel Weisz) pare vivere un’esistenza spensierata in quella che sembra essere la perfetta famiglia statunitense della media borghesia, nella sua bella casetta di periferia.

Ma le apparenze ingannano, perché l’allegra famigliola è una facciata che nasconde una cellula sovietica dormiente, il cui capofamiglia è in realtà un ex super-soldato russo, conosciuto come Red Guardian.

Il gioco viene ben presto scoperto, e l’allegra brigata deve scappare a gambe levate. Dopo una fuga rocambolesca i nostri eroi riparano in una base militare a Cuba. Ma niente sarà più come prima…

Le origini di Black Widow

Questo film ci svela l’infanzia di Black Widow, ambientando il grosso della storia immediatamente dopo quanto accaduto in Capitan America: Civil War. Dopo il tradimento dei patti di Sokovia, Natasha è una fuggitiva, ricercata dal Segretario di Stato Ross, gli Avengers sono divisi, e di fatto Natasha Romanoff ha perso una famiglia.

E proprio il tema della famiglia è centrale in questo film. Anche se parliamo di famiglie sui generis, sia chiaro. A cominciare da quella finta dove Natasha è cresciuta, per passare poi a quella degli Avengers, approdando infine alla vasta comunità di Vedove Nere ai comandi del cattivone di turno, il bieco Dreykov (Ray Winstone).

Tutte famiglie dove il ruolo maschile è in crisi o, nel migliore dei casi, è ridotto a una simpatica figura cialtronesca, bene rappresentata dal padre posticcio Alexei Shostakov, la cui presenza viene alla fine tollerata dalla nostra eroina, che addirittura alla fine gli permette di toccarle una mano, in uno slancio di inaudita generosità.

Tra l’altro, del vero padre biologico della battagliera Natasha non si sa niente. Neanche una parola su di lui. Della madre biologica invece sappiamo per certo che è ha lottato caparbiamente per sapere dove fosse finita la sua figlia, rapita in tenera età, senza mollare mai, tanto che il bieco Dreykov ha alla fine dovuto sopprimerla, tumulandola in una tomba senza nome.

Il padre biologico, probabilmente, nel frattempo si stava scolando un bottiglione di Vodka in qualche bettola in un paese del Patto di Varsavia.

Black Widow: come fare a pezzi la figura maschile

In effetti in questa pellicola la latitanza di figure maschili positive o in qualche modo costruttive è a di poco imbarazzante. Mettendo da parte il buffonesco Red Guardian, che si batte nella sua ridicola e vetusta tutina, ormai a stento capace di contenere la sua corpulenta figura, sembra che quasi tutti i maschi che calcano la scena di Black Widow sono dei loschi figuri.

A cominciare dall’arcinemico Dreykov, votato al male nel senso più ampio del termine, per passare al Segretario di Stato Ross, nel complesso i maschi sembrano essere essere delle figure bieche.

Interessanti, da questo punto di vista, due dettagli: tutte le innumerevoli Vedove Nere ai comandi di Dreykov sono ragazze di fatto senza famiglia, quindi facilmente rapibili e manipolabili da parte della sua losca organizzazione, mentre larga parte dei miliziani al suo comando (almeno quelli di cui è possibile vedere il volto dopo che vengono macellati da Black Widow) sembrano essere maschi.

Unica eccezione, la stessa figlia di Dreykow, da lui ridotta a una macchina da guerra chiusa in una tuta ipertecnologica, che la rende capace di imitare le tecniche di combattimento altrui.

Analogamente alle altre Vedove Nere, quando l’antidoto annullerà gli effetti del condizionamento chimico a cui è stata sottoposta, anche lei ritroverà sé stessa, diventando (presumibilmente) una brava ragazza.

Sembrerebbe quasi che il messaggio di fondo del film è che le donne sono tutte vittime del potere patriarcale, mentre i maschi, qualora non siano dei delinquenti incalliti, possono al massimo essere degli utili buffoni, la cui presenza può essere tollerata a patto che stiano al loro posto svolgendo il lavoro assegnatogli, pena una bella scarica di legnate. Mah.

Black Widow: 133 minuti di azione con qualche pausa di riflessione

Dal punto di vista tecnico il film è comunque ineccepibile, e le oltre due ore di racconto scorrono veloci, con scene mozzafiato ed effetti speciali che funzionano bene.

Bene dosate le (poche) pause di riflessione, indispensabili per gettare una luce sulle relazioni tra Black Widow e la sua vecchia famiglia, illuminando diversi aspetti del suo oscuro passato, a cominciare dalla Stanza Rossa.

Apprezzabili alcuni dettagli, come la cover della canzone dei Nirvana Smells Like Teen Spirit, che ci accompagna all’inizio del film, mentre scorrono gli eventi della famiglia posticcia di Natasha nell’Ohio degli anni novanta.

Il nuovo personaggio di Yelena Belova funziona bene come spalla della sorella maggiore, regalandoci qualche momento di ironia sulle posture da combattimento di Natasha, probabile riferimento alla mercificazione del corpo femminile.

Anche il personaggio di Red Guardian di suo funziona, e proprio il superamento del rapporto conflittuale tra Natasha e il suo vecchio (posticcio) padre è la probabile chiave di lettura dell’arco narrativo di Natasha, che nel corso del film risolve le problematiche con le due principali figure maschili della sua vita: Alexei Shostakov e il bieco Dreykov.

Quest’ultimo morirà nel fuoco, classica forma di purificazione delle forze del male, mentre il buon vecchio e in sovrappeso Alexei salverà la buccia, e potrà addirittura ricongiungersi con la sua ex (posticcia) moglie, guadagnandosi un tollerante buffetto sulla mano da parte di Natasha.

Black Widow: un film da vedere per gli amanti del genere

Insomma, glissando sulla mattanza della figura maschile, questo film si va vedere volentieri, specie dagli amanti dell’universo Marvel. Oltre due ore di intrattenimento sono assicurate.

Certo, la descrizione del passato di Black Widow è un po’ tagliato con l’accetta e stereotipato, ma non si va di certo a vedere questo tipo di film per indugiare sull’approfondimento psicologico dei personaggi.

E poi c’è il valore aggiunto della presenza scenica di Scarlett Johansson e della sua particolare voce (molto più apprezzabile l’originale in lingua inglese, a dire il vero), a cui la riuscita di questo film deve molto.

Per gli amanti di Black Widow è ovviamente imperdibile. Un’ultima nota: il personaggio di Alexei Shostakov aka Red Guardian meriterebbe uno spinoff, magari dal taglio molto più satirico…

Alessandro Marotta

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