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Bullet Train: recensione del film di David Leicht con Brad Pitt

Bullet Train: recensione del film di David Leicht con Brad Pitt

Nome in codice Ladybug, un assassino professionista (Brad Pitt) sale su un treno giapponese ad alta velocità diretto a Kyoto, per compiere quella che sembra essere una semplice missione: recuperare una valigetta. Ad attenderlo a bordo ci sono però una lunga serie di sorprese.

I sedici vagoni ferroviari che formano il convoglio infatti ospitano una folta platea di killer, ognuno dei quali opera a insaputa degli altri. Ce n’è per tutti i gusti: Yuichi cerca vendetta per il proprio figlio, finito in fin di vita in ospedale per colpa della giovane e spietata Prince (Joey King); i fratelli Lemon (Brian Tyree Henry) e Tangerine (Aaron Taylor-Johnson) stanno portando a casa il figlio di un boss della Yakuza di origine russe, noto come Morte Bianca (Michael Shannon); Wolf (Bad Bunny) è un killer sudamericano inviato ad eliminare Hornet (Zazie Beetz), a sua volta a caccia della valigetta.

Furiose colluttazioni e omicidi efferati si susseguono a ritmo forsennato, fino alla mischia finale in cui entra in campo il super-criminale Morte Bianca, con una legione di combattenti al seguito, e il padre di Yuichi, un anziano (Hiroyuki Sanada) con un vecchio conto da saldare con il boss della Yakuza.

La violenza è sempre mischiata con una forte dose di sarcastica ironia e dialoghi tarantiniani. In particolare è difficile non accostare il duo Lemon-Tangerine con la coppia Vincent Vega (John Travolta) e Jules Winnfield (Samuel Jackson) di Pulp Fiction.

Brad Pitt in Bullet Train
Brad Pitt in Bullet Train

Bullet Train: un’action comedy che si guarda più che volentieri

Quasi tutta l’azione si svolge a bordo del treno, analogamente a quanto accade su Assassinio sull’Orient Express, ma le somiglianze tra le due storie finisce qua. Il protagonista di Bullet Train non ha niente a che fare con la pacata e razionale figura di Hercule Poirot, tracagnotto detective vecchio stampo, tutto razionalità e niente azione, che dopo una lunga indagine scopre i responsabili dell’omicidio a bordo dell’Orient Express .

Ladybug è anzi il suo esatto contrario: non cerca di comprendere quanto accade, ma viene travolto dagli eventi, nel senso letterale del termine, e scopre quanto sta succedendo quasi a prescindere dalla sua volontà. Tutto azione e quasi niente razionalità, l’agile assassino protagonista del film si limita a porsi interrogativi filosofici sulla casualità della vita e la forza del destino, senza peraltro riuscire a trarre conclusioni definitive su queste pregnanti tematiche.

E del resto nessuno si aspetterebbe una raffinata disquisizione teorica su queste materie da un film come Bullet Train, dove tutto è funzionale all’azione e al divertimento. E questo riguarda sia i dialoghi che i personaggi, entità monodimensionali prive di arco narrativo, che fanno quello che devono fare: uccidere e venire ammazzati in contesti variopinti e pirotecnici. Con qualche eccezione, ovviamente, perché qualcuno sopravvive, alla fine.

Insomma un action comedy molto accattivante, ricco di riusciti colpi di scena e flash back dal sapore fumettistico e in salsa tarantiniana, infarcito di citazioni, camei e comparsate gradevoli (una tra tutte, Sandra Bullock interpreta Maria Beetle, la manager di Ladybug, della quale ascoltiamo la voce al telefono per quasi tutto il film, ma che vediamo solo per pochi istanti).

Il cast è eccezionale, a cominciare da Brad Pitt, veramente in stato di grazia, che interpreta un protagonista irriverente e cialtrone, dando vita a una storia accattivante che strizza l’occhio a Deadpool, John Wick, Pulp Fiction e Kill Bill.

Nel complesso, un ottimo prodotto commerciale, che probabilmente non sarà ricordato negli annali del cinema ma che garantisce oltre due ore di sano intrattenimento, che volano via piacevolmente.

Alessandro Marotta

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