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ALLE ORIGINI DEL FANTASY. I NIBELUNGHI DI FRITZ LANG ALLE GIORNATE DEL CINEMA MUTO

Mercoledì 8 ottobre, Teatro Comunale Giuseppe Verdi di Pordenone

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NIBELUNGEN

I cultori del Signore degli anelli e dello Hobbit non dovrebbero mancare la proiezione dei Nibelunghi di Fritz Lang, mercoledì 8 ottobre, alle Giornate del Cinema Muto di Pordenone. Il film infatti per la potente messa in scena di un mondo mitico fantastico può legittimamente figurare come anticipatore di queste moderne saghe: viene presentato nella versione integrale, diviso in due parti, Sigfrido, alle ore 18, e La vendetta di Crimilde, alle 21.30, sempre al Teatro Verdi, per una durata totale di circa 5 ore. Ciascuna delle due parti è a sua volta divisa in sette “canti”. Lo stile visivo è raffinato e originale e risente indubbiamente del gusto artistico di Lang, che prima di dedicarsi alla regia aveva studiato architettura e pittura. Le scenografie del film riprendono una vasta gamma di tradizioni estetiche, dalla statuaria greca al mosaico bizantino, dalla scultura medievale alle opere del romanticismo, dai simbolisti allo Jugendstil e all’espressionismo. Nel programma di sala distribuito in occasione della prima di Sigfrido, Lang scrisse che il suo adattamento della saga medievale intendeva rinvigorire “il mondo del mito” a beneficio del XX secolo, rendendolo “vivo, e al contempo, credibile”. I Nibelunghi, che richiese due anni di lavorazione e fu fino a quel momento il più costoso film europeo, fu subito strumentalizzato dalla politica che mise in evidenza la “quintessenza tedesca” dei temi trattati dal monumentale lavoro. Con la tetralogia del Ring di Wagner il film di Lang condivide l’ideale estetico di “opera d’arte totale” ma la musica non è quella del grande compositore tedesco perché gli eredi negarono l’autorizzazione. L’incarico andò quindi a Gottfried Huppertz che compose una partitura originale eseguita la sera della prima da un’orchestra di 60 elementi. Alle Giornate il film sarà accompagnato da un ensemble formato da Maud Nelissen (pianoforte), Frank Bockius (percussioni), Romano Todesco (contrabbasso, fisarmonica) Elizabeth-Jane Baldry (arpa).
I Nibelunghi rimangono una delle vette della straordinaria carriera artistica di Lang, l’unico regista che fu ugualmente grande con il muto e il sonoro, genio quanto mai versatile (attraversò tutti i generi, il melodramma, il feuilleton, la storia edificante, la leggenda, la fantascienza, lo spionaggio, il poliziesco talvolta psicanalitico, la commedia musicale e non, la testimonianza sociale, il western, il film resistenziale e di guerra), per Jean-Luc Godard il simbolo stesso del cinema.

NIBELUNGEN

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Alle 14.30, nella sezione “Riscoperte”, Il movimento delle nuvole attorno al Monte Fuji, documentario scientifico che diventa pura poesia. Verso la fine degli anni ’20 il fisico giapponese Masanao Abe costruì un osservatorio con vista sul monte Fuji e da lì nel corso di quindici anni monitorò le nuvole che circondavano il vulcano. Quello di Abe non è solo uno studio di fisica e meteorologia, ma anche di tempo, movimento, forma, luce e paesaggio.

MONTE FUJI

MONTE FUJI

Alle 15.45 segnaliamo La statua di carne, 1921, di Mario Almirante, dalla pièce di Teobaldo Ciconi, letterato vissuto nell’800, nativo di San Daniele del Friuli. Nel cast da sottolineare la presenza dell’operatore Ubaldo Arata, qui agli esordi, che in seguito firmerà i capolavori del neorealismo di Rossellini. L’accompagnamento musicale, commissionata al musicista Juri Dal Dan dal Comune di San Daniele del Friuli nel 2013 in occasione del 150° anniversario della morte di Ciconi, viene eseguito dallo stesso Dal Dan al pianoforte e da Didier Ortolan al clarinetto.

Agli inizi del secolo scorso il teatro musicale godeva di vasta popolarità in Germania. Per far fronte all’interesse del pubblico le giovani industrie discografica e cinematografica trovarono un accordo e diedero vita a degli originali esperimenti audiovisivi chiamati “Tonbilder”, letteralmente “film sonori”. Numeri degli spettacoli di rivista, ma anche brani di opere liriche, operette e commedie venivano messi in scena davanti a un fondale. La cinepresa filmava gli attori che recitavano in playback su una precedente registrazione su disco, al fine di ottenere immagini in movimento destinati alla proiezione con sonoro sincronizzato. A seconda del sistema usato, il proiettore e il grammofono erano collegati meccanicamente, o dovevano essere sincronizzati dal proiezionista, in genere con l’aiuto di un sistema indicatore che monitorava l’allineamento della velocità del grammofono e del proiettore. Per ottenere una sincronizzazione perfetta di suono e immagine, bisognava regolare la velocità del proiettore; in gran parte dei cinema dell’epoca ciò significava far avanzare la pellicola più lentamente o più velocemente. Erano gli anni 1908-1909. Alle Giornate (ore 12.15) vengono proiettati 14 filmati della collezione Neumayer, perlopiù operistici, con brani di opere di Wagner, Verdi, Donizetti, Lehar.

Alle 10.30 torna un appuntamento che nel corso degli ultimi anni è diventato uno dei più importanti del festival di Pordenone e questo ci riempie di grande gioia perché è dedicato alla memoria di

ITALIA

ITALIA

Jonathan Dennis, fondatore e direttore del New Zealand Film Archive, che avevamo imparato a conoscere ed apprezzare per le sue doti umane prima che scientifiche proprio alle Giornate. Dall’anno successivo alla sua prematura scomparsa il festival organizza ogni anno una conferenza con personalità il cui lavoro contribuisce allo studio e alla valorizzazione del cinema muto. L’ospite di quest’anno è Ichiro Kataoka, l’ultimo esponente dell’antica arte del benshi, la narrazione cinematografica. Kataoka-san è artista, studioso, l’anno scorso non ha perso una proiezione delle Giornate, e collezionista. Ha infatti raccolto un migliaio di registrazioni del secolo passato molti delle quali verranno usate anche nella sua masterclass alle Giornate. La pratica di accompagnare i film muti con un commento dal vivo fu un fenomeno globale nei primi anni del XX secolo, ma continuò a sopravvivere in Giappone appunto con il benshi, il quale descriveva l’azione scenica, prestava la sua voce a tutti i personaggi, spiegava la trama e dava maggiore profondità e significato alle scene con un commento. Ichiro Kataoka si è frequentemente esibito in Giappone, in Europa, Australia e Stati Uniti e lavora anche come doppiatore di cartoni animati e videogiochi

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