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Signori: Ravel/Zanella, ovvero l’Eleganza

“In Italia,e lo dico a malincuore, c’è l’idea dell’elemosina e non dell’aggregazione…e invece questa professione necessita stabilità”: così Renato Zanella -neo direttore del Greek National Ballet- definisce il Sistema spettacolo del nostro Paese. Eppure in “Omaggio a Ravel” -nuovo allestimento per la Fondazione Arena di Verona– non ho ravvisato eventuali tensioni, limitazioni o pastoie e questo fa ben sperare in una continuità di collaborazione fra Zanella e l’Ente. Soprattutto perché potremmo assistere ad altri lavori così Eleganti: lo scrivo con la E maiuscola perché l’equilibrio tra sobrietà e bellezza , sabato sera al Teatro Filarmonico, ha dato un risultato cristallino dalla prima all’ultima nota, dall’apertura del sipario all’ultimo gesto-il crollo di un corpo-. Renato (scusate la confidenza ma ci conosciamo dalla sala di danza che vide il suo primo pas des deux- Albrecht di “Giselle”- proprio con me) ha l’ entusiasmo dell’esploratore sempre in viaggio ma la delicatezza dell’uomo colto che immagino saper accarezzare un libro che lo ha affascinato. Tutto ciò si espande, sempre delicatamente, dal palcoscenico alla platea.

Le scenografie scarne e le luci (presenze discrete ma disegnanti stati d’animo e spazi magici) hanno focalizzato lo sguardo degli spettatori esattamente lì dove dovevano essere catturati: sui corpi agili, morbidi e anche sensuali degli interpreti. “Valse” (Valses nobles et sentimentales e La Valse) mi ha sorpreso per la capacità di Zanella -supportato dalla partitura musicale- nel far appena intravedere-in un primo momento- solo accennare le terzine nei passi, nelle braccia , nell’atteggiamento dei ballerini in coppia che avranno, nella seconda metà invece, contatti più struggenti, più forti ma mai uniti nella posa classica del valzer che fluttua e vola dal golfo mistico ai loro piedi; si fa persino desiderare, come un atto d’amore che non si consuma. Infatti le interpreti indossano bellissimi body neri che solo poco dopo la metà de La Valse si arricchirà di una gonna di tulle bianco, lungo e leggerissimo; così come la musica, di sonorità più riconoscibili, di sfarzi, di immagini innate di saloni enormi gremiti di coppie in turbini di abbracci.

Appare spesso una presenza funerea che, fin dall’inizio, ha sommato e assunto su di sé il naturale disfacimento di un’epoca e di una danza: Beatrice Knop, bella e capace, è l’unica solista,tra le 9 coppie, che compare come una prefica a piangere questo addio inevitabile. In un lampo di luci e musica, le ballerine vengono sollevate dai loro partners come tante crocifisse bianche e nere nell’incanto del compiuto, del finito. Bellissimo e mi permetto un plauso particolare alle ballerine, tutte, ma ho veramente gradito le linee e la nobile malinconia di Ilenia Montagnoli. E poi Pavane su cui non mi dilungo: belli, intensi e credibili i tre interpreti in egual misura, Amaya Ugarteche, Alessia Gelmetti e Evghenij Kurtsev; efficace la coreografia per musica divina, ottimamente interpretata dall’orchestra diretta dal bravo Peter Tiboris.

Infine, il Bolero. Discorso a parte. A Verona, più che in altri luoghi, è impossibile non fare un confronto con quello di Bejart degli anni ’70: un enorme tavolo rosso, in Arena, con sopra il/la solista (all’epoca la Fracci ma lo interpretò anche Jorge Donn), attorniato da uomini e sedie. Quindi sabato all’apertura del sipario, ecco un soppalco quadrato e illuminato sotto, la sensuale Maria Kousouni al centro e 4 ballerini agli angoli del palco…Ho temuto un ripetersi, una mancanza di idee…Mi sbagliavo: era un omaggio, un accenno al grande Maurice, una citazione voluta. Non si può descrivere il crescendo che tutti conosciamo: il Bolero di Zanella va visto con i suoi occhi di curioso mai domo e lasciarsi guidare dal suo desiderio di viaggio nel movimento sempre Elegante, misurato anche nelle estensioni massime e in quelle braccia così ampie, dalle linee armoniose che “parlano”, disegnano, amano. Spettacolo fluido, veloce. Musica soave. Pubblico calorosissimo. Bravo Renato e buon viaggio mai finito.

Cynthia Gangi

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