Grande attesa, al Volo del jazz, per il concerto che domenica 21 novembre, alle 21, nel teatro Zancanaro di Sacile, porterà in esclusiva per il Nordest (e una delle due sole piazze in Italia) Vinicio Capossela, cantautore venerato dalla critica come il migliore della sua generazione, ma soprattutto come uno dei pochi artisti totali che la scena nazionale abbia espresso negli ultimi anni.
Al Volo del jazz Capossela sarà ospite con un progetto speciale che il festival di Circolo Controtempo – in collaborazione con Connessioni – Circolo Mario Fain APS nell’ambito di “Riflessi” – ha avuto il privilegio di condividere soltanto con il JAZZ MI di Milano: si tratta infatti di “Round One Thirty Five”, lavoro che Capossela, con la sua band, riproporrà a distanza di trent’anni (ormai 31 in realtà, ma l’anno scorso la pandemia ha impedito la celebrazione dell’anniversario) per celebrare quel disco che diede inizio alla sua carriera “All’una e trentacinque circa”.
Per farlo ha scelto di circondarsi di un trio di musicisti eccellenti, di formazione jazz e colta, che a quel disco avevano lavorato o che con lui hanno condiviso i momenti degli esordi: Antonio Marangolo al sax e batteria, Enrico Lazzarini al contrabbasso e Giancarlo Bianchetti alla chitarra e batteria.
Uscito nel novembre 1990, tenuto a battesimo da Francesco Guccini, “All’una e trentacinque circa” segnò l’inizio di un felice e caleidoscopico percorso artistico e valse a Capossela la Targa Tenco, successivamente attribuitagli altre quattro volte negli anni successivi insieme a decine di altri riconoscimenti. Un capolavoro di trepidazione e sincerità, pubblicato grazie al produttore Renzo Fantini, la cui title track è una parodia jazz dell’umanità di sognatori e delusi che popola la notte e i suoi bar
All’una e trentacinque circa il “Pjazza” di Bellaria Igea Marina si svuotava e diventava la culla dei nottambuli e dei lunatici, quelli che non si arrendono mai e, se si arrendono, lo fanno in grande stile. Erano loro il primo pubblico delle canzoni di questo disco, registrate su una cassetta in un pomeriggio d’agosto del 1989. Pochi mesi più tardi, la cassetta finì nello stereo di Francesco Guccini in via Paolo Fabbri 43, e da lì nelle generose mani di Renzo Fantini, manager e produttore dello stesso Guccini e di Paolo Conte. Un anno dopo la registrazione di quella cassetta, sempre ad agosto, il disco prese vita e divenne una sorta di film noir. Un Round midnight girato nell’Emilia dei CCCP e di Pier Vittorio Tondelli.
Così quell’orario di esibizione si è trasformato in un disco odoroso di pioggia e moquette. Lampi biografici, canzoni scritte ad anticipare la vita quando ancora ci si faceva pace. Asfalto, lamieroni, locali epifanici come l’Escandalo o il Corallo. Istantanee disarmanti che rendono epico il viaggio, in cui è il suono, più che il senso delle parole, a dare corpo al mondo. «I suoni fanno da sfondo a un mondo immaginario. Un mondo pieno di guai, affollato di guitti stralunati, strade chiassose e vecchie macchine». È l’epica del pianobar
Canzoni che venivano suonate con gli stessi ingredienti, la stessa giovinezza piena di speranza, castelli di sabbia che sono durati nel tempo. Dopo quel disco Vinicio ha avuto la carriera che ha avuto, incommensurabile, ma quegli anni, quelle canzoni, quel disco, li ha sempre portati con sé in una confezione salva-freschezza che ha del miracoloso.
Di Capossela è uscito da poco (settembre 2021) anche il suo ultimo libro, scritto durante quello che ha definito “l’oscuramento generale di una eclissi, che procede per lampi”. Edito da Feltrinelli, “Eclissica” è un lunario, un abecedario, un diario di bordo, una narrazione del visibile e dell’invisibile: un viaggio nell’opera di un autore, e un viaggio dell’autore nelle opere della vita.
C.L.