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FireStarter: la recensione del film di Keith Thomas tratto dal romanzo di Stephen King

FireStarter: la recensione del film di Keith Thomas tratto dal romanzo di Stephen King

Andy MaGee (Zac Afron) e sua moglie Victoria (Sydney Lemmon) cercano di proteggere la loro giovane figlia Charlie (Ryan Kiera Armstrong) da una misteriosa organizzazione governativa, che vuole sfruttare i poteri pirocinetici della piccola.

Ovviamente non ci riusciranno, ma altrettanto ovviamente le cose non andranno come i cattivi di turno si aspettavano.

Ryan Kiera Armstrong interpreta Charlie in FireStarter

Ryan Kiera Armstrong interpreta Charlie in FireStarter

FireStarter: un film mediocre e scontato

Questa è le seconda trasposizione cinematografica dell’omonimo romanzo di Stephen King. La prima venne fatta nel 1984, e aveva come protagonista l’allora giovanissima Drew Barrymore, appena arrivata al successo internazionale con E.T. l’extraterrestre.

Questa nuova versione sembra essere destinata a fare rapidamente la fine della precedente: cadere nel dimenticatoio. Se si leva l’eccellente colonna sonora di John Carpenter e la buona prestazione della giovane Ryan Kiera Armstrong, rimane assai poco. Viene anzi spontaneo chiedersi perché si sia deciso di rimettere in scena questa storia, vista la pochezza generale della pellicola.

La narrazione procede senza grossi colpi di scena, tutto è molto prevedibile e anche gli effetti speciali sono mediocri.

Come in altre storie inventate da Stephen King, quello che alla fine viene messo in scena è la difficoltà di una preadolescente di affrontare la paura di diventare adulta, tagliando il cordone ombelicale dalla propria famiglia.

Il prototipo di questo tipo di pellicola è l’eccellente Carrie – Lo Sguardo di Satana, del 1976, diretto da Brian De Palma, con protagonista Sissy Spacek. Questo Firestarter non aggiunge nulla di nuovo al genere. Anzi.

La mancanza di tensione e il ritmo monotono del film rendono poco interessanti e quasi didascaliche le vicende familiari di Charlie, che deve districarsi tra il diverso approccio al mondo del paranormale – e alla vita –  dei suoi due genitori. Peccato.

Anche alcuni momenti topici dell’evoluzione del suo personaggio, in particolare il suo addestramento e le scene di combattimento, sono mostrate con timidezza, quasi fosse un problema usare troppo gli effetti speciali, lasciando dei buchi che – specie nel finale – sono quasi imbarazzanti.

I personaggi secondari sono ridotti a piatti stereotipi, che aggiungono poco alla minestra riscaldata. Lo stesso Zac Afron non è molto convincente nel suo ruolo, anche se va detto che la sceneggiatura non lo aiutava di certo. Mah.

Il personaggio di Charlie è in qualche modo accostabile a quello di Undici della serie Stranger Things, visto che sono entrambi preadolescenti alle prese da una parte con la gestione dei propri poteri paranormali, e dall’altra alla ricerca di una propria identità e indipendenza dal mondo degli adulti.

Ma nonostante la bravura di Ryan Kiera Armstrong, che ha fatto l’impossibile per dare credibilità al suo personaggio, l’accostamento tra le due produzioni, che può sorgere spontaneo nello spettatore cinefilo, rende ancora più evidente la mediocrità di questa pellicola.

Chiaro che se uno vuole semplicemente passare al cinema un’oretta e mezza per evadere da una realtà sempre più angosciante, tra pandemie ancora non domate, inflazione galoppante e assurde guerre scoppiate nel cuore dell’Europa, questo Firestarter può anche andare bene. Astenersi tutti gli altri.

Alessandro Marotta

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