Buck è un cane di grossa taglia, molto forte e dal cuore generoso. Vive in una tranquilla cittadina e il suo padrone è il giudice Miller, per cui vive una vita tranquilla nell’assolata California, e le sue esuberanze sono sempre tollerate dagli umani che lo circondano.
Tuttavia un losco figuro lo rapisce, sottraendolo alla sua spensierata esistenza, per venderlo come cane da slitta. Buck si ritrova catapultato in una realtà completamente diversa e ostile, dove conosce il lato oscuro dell’uomo, e viene ridotto all’obbedienza a bastonate. La dura “legge della zanna e del bastone”.
Si ritrova a spingere la slitta, facente parte una muta di cani, nelle innevate montagne dello Yukon, in Canada, dove la corsa all’oro sta richiamando molta gente in cerca di fortuna. Riesce a imporsi come capo della muta, guadagnandosi il rispetto e la fiducia non solo degli altri cani, ma anche degli uomini per cui lavora, impegnati a trasportare la posta negli sperduti villaggi persi tra le vette ricoperte di neve.
L’arrivo del telegrafo rende obsoleto l’uso delle lettere cartacee come mezzo di comunicazione, per cui la muta di cani alla quale appartiene Buck viene venduta a uno spregiudicato cercatore d’oro. Costui tratta gli animali in modo orribile, arrivando quasi a uccidere Buck. Questi viene salvato in extremis da un vecchio solitario, John Thornton (impersonato da un ottimo Harrison Ford), che lo porterà con sé in un viaggio che per Buck sarà una riscoperta delle sue radici e della sua anima.
Il Richiamo della Foresta: l’ennesimo adattamento del romanzo di Jack London
Il film è liberamente tratto dall’omonimo capolavoro di Jack London, pubblicato nel lontano 1904, che ha conosciuto innumerevoli adattamenti per il grande e per il piccolo schermo. Il protagonista della storia è indubbiamente il cane Buck, mentre gli esseri umani sono in definitiva dei comprimari, anche quando vengono interpretati da un mito del cinema come Harrison Ford.
La storia ruota intorno all’eterno dualismo tra natura e cultura, declinata in questo caso come opposizione tra la vita nelle selvagge foreste del Klondike, dura ma coerente con le aspirazioni interiori di Buck, e l’esistenza tranquilla e agiata, ma inconsistente e vacua, che il giudice Miller potrebbe garantirgli nella sua tranquilla magione.
Il viaggio dall’assolata California alle tempeste di neve dello Jukon è una metafora di quello interiore del personaggio, che da goffo cane di compagnia diventa un rispettato e temuto capo di un branco di lupi, nel quale troverà anche la sua compagna.
Le prove da superare sono molto dure: Buck non deve solo sopravvivere ai trattamenti spesso inumani a lui riservati dagli uomini, ma deve anche scoprire e affrontare le difficoltà della natura selvaggia, meravigliosa ma ostile, alla quale in realtà appartiene. A cominciare dal capo della muta, Spitz, che dovrà affrontare in uno scontro mortale. Nel libro Buck deve ucciderlo, mentre in questa versione è Spitz ad allontanarsi dal gruppo, dopo essere stato battuto.
L’essere umano in questa storia ha una funzione ambivalente. Ci sono figure bonarie, come il giudice Miller, ci sono personaggi del tutto negativi, ma c’è anche John Thornton, la cui figura è per Buck una guida verso la scoperta di sé stesso. Difficile non immedesimarsi nel protagonista di questo racconto, che in definitiva è nato come romanzo di formazione.
Il Richiamo della Foresta: un uso intelligente ed equilibrato della computer grafica
La CGI (Computer Generated Imagery) ha permesso di umanizzare i personaggi canini, a cominciare da Buck, quel tanto che basta per rendere molto più facile immedesimarsi nel protagonista della storia. Senza eccessi, però.
Certo, viene spontaneo chiedersi se sia necessario usare animali creati al computer. In fondo in molte pellicole del passato erano stati utilizzati animali addestrati, con risultati non disprezzabili. Ma bisogna ammettere che in questo film i cani, specie nei primi piani, hanno espressioni quasi umane, che nessun animale potrebbe mai riprodurre, rendendoli molto più credibili come personaggi, specie per quanto riguarda Buck.
Inoltre c’è un altro aspetto apprezzabile: utilizzare animali virtuali permette di realizzare scene molto impegnative senza ferire o metter a rischio creature viventi, aspetto di non poco conto quando si tratta di girare scene dove queste ultime soffrono, vengono ferite o maltrattate.
Indubbiamente la computer grafica ha inoltre contribuito non poco a rendere quasi magiche le scene dove la natura è la vera protagonista, contribuendo a facilitare l’immersione dello spettatore nella storia narrata.
Il Richiamo della Foresta: un buon film per famiglie
Ci sono diversi motivi per pensare che questo film rapisca il pubblico per il quale è stato concepito, che sono i bambini e i loro genitori. Innanzitutto questa pellicola è sorretta da una storia che funziona, che è stata scritta più di cent’anni fa e che non per niente è diventata un classico della letteratura mondiale.
Questo racconto di formazione veicola anche un forte messaggio di rispetto della natura e degli animali, che questa versione digitalizzata ha reso molto più umani, cosa che probabilmente sarà molto gradita dai più piccoli. Il film è inoltre sorretto da un buon ritmo, è molto equilibrato e scorre piacevolmente sullo schermo. Non per niente è stato girato da un regista, Chris Sanders, che finora ha realizzato solo film di animazione.
Apprezzabile anche l’interpretazione di Harrison Ford, che finalmente sembra avere accettato l’idea che il tempo passa per tutti, e non è possibile impersonare solo personaggi giovanili, dinamici e vincenti. Dopo avere fatto una comparsata nel mediocre Star Wars: l’Ascesa di Skywalker, nel quale interpretava per l’ennesima volta un improbabile e sempiterno Han Solo, in questa pellicola finalmente è un vecchio con la barba bianca incolta, con il volto attraversato da rughe profonde, che lasciano trasparire i suoi tormenti interiori. E lo fa in maniera convincente. Era ora.
Insomma il Richiamo della Foresta è un buon film per famiglie, fatto con mestiere, che magari verrà apprezzato anche da qualche adulto che, ancora per una volta, vorrà rivivere una storia che già lo aveva fatto sognare tanti anni fa, quando era un bambino. Magie del cinema.
Alessandro Marotta